Ci sono architetti conosciuti in tutto il mondo. A definire questa Hall of fame dell’architettura sono i riconoscimenti assegnati ai progettisti da istituzioni, fondazioni, associazioni culturali, che si sono moltiplicati nel tempo assieme alla crescente complessità delle città e all’emergere di personalità interessanti.
Che si tratti di un trampolino di lancio o di ulteriori conferme di una carriera brillante, i premi mettono in risalto il lavoro e la ricerca degli architetti contemporanei. Costruendo così il mito delle “archistar”, le divinità dell’architettura di oggi. Moltissimi di loro sono passati dalla redazione di Domus, alcuni ne sono stati guest editor, dai Pritzker Jean Nouvel, David Chipperfield e Tadao Ando, all’AIA 2021 di Toshiko Mori, ai Compassi d’oro di Michele De Lucchi e Alessandro Mendini, storico direttore della rivista fondata da Gio Ponti, un nome talmente importante da non avere bisogno di vincere premi.
Oltre al riconoscimento del lavoro di figure apicali del settore, dietro a cui spesso ci sono studi con tanti talenti il cui nome fa fatica a emergere, in una struttura piramidale con cui prima o poi il mondo del progetto dovrà fare i conti, i premi sono importanti perché ci danno anche una panoramica sulla progettazione contemporanea, rispetto a nuove tendenze estetiche, ricerca su materiali più ecosostenibili e performanti, e la proposta di soluzioni progettuali che siano in linea con le esigenze del nostro tempo.