Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 960, luglio/agosto 2012
In una lettera datata 2 aprile 1906, il barone Pierre de Coubertin si chiedeva "in quale misura e in quale modo si potrebbero includere l'arte e la letteratura nella celebrazione delle moderne Olimpiadi"?. Descrivendo in maniera più dettagliata le proprie intenzioni, aggiungeva che "negli antichi giorni di Olimpia, le arti accompagnavano armoniosamente i Giochi olimpici per creare la loro gloria. Ed è a questo che si deve tornare".
Il barone de Coubertin aveva riportato in vita da solo i Giochi olimpici pochi anni prima, quando, nel giugno del 1894, si aprì formalmente il Congresso olimpico e venne ufficialmente—e unanimemente—approvata l'istituzione dei primi Giochi dei tempi moderni.
Per ridestare pienamente lo spirito delle Olimpiadi che si erano tenute molti secoli prima—una celebrazione di corpo e spirito—, il barone immaginò un evento globale, che attribuisse uguale valore alle competizioni sportive e alle arti, come la pittura, la letteratura e, persino, l'architettura. A questo scopo, invitò il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) a esaminare un certo numero di temi di alto valore educativo. Dopo aver felicemente discusso l'integrazione di istruzione e scienza in due incontri precedenti, de Coubertin volse la propria attenzione alle arti. L'argomento ufficiale del Congresso del 1906, ospitato dalla Comédie Française a Parigi, era la "incorporazione delle Arti nei Giochi olimpici e nella vita quotidiana". Col procedere degli anni, per realizzare il progetto decoubertiano di promuovere l'unità di sport e arte, i Giochi avrebbero previsto non soltanto gare sportive,
ma anche concorsi artistici, offrendo premi in cinque categorie: architettura, scultura, pittura, musica e letteratura.
Una giuria internazionale ammetteva solamente opere che non fossero state ancora pubblicate, esposte o realizzate (per quanto riguardava l'architettura), assegnando le medaglie d'oro, argento e bronzo ad artisti, i cui lavori mostrassero un collegamento diretto e profondo con lo sport.
Le Olimpiadi dell'architettura
Tra il 1912 e il 1948, architettura, pittura, scultura, musica e letteratura erano chiamate a concorrere nei Giochi olimpici, a pari dignità delle specialità sportive.
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- Julia van den Hout
- 23 luglio 2012
- New York
Per questa ragione, il bando del primo concorso architettonico del CIO, annunciato nel 1910, chiedeva di presentare il plastico di una moderna Olimpia. I risultati del concorso furono decisi dalla Scuola di architettura di Parigi, la quale, dopo un attento esame nel maggio 1912, assegnò per la prima volta nella storia una medaglia d'oro agli architetti svizzeri Eugène-Édouard Monod e Alphonse Laverrière per il loro progetto di uno stadio moderno. Le proposte vincitrici andavano da scuole sportive a parchi e, persino, a trampolini sciistici di salto, e vennero esposte, accanto agli altri lavori presentati al concorso, in un museo della città ospitante per tutta la durata dei Giochi. Mentre lo schema generale dei concorsi rimase sostanzialmente lo stesso nei suoi spostamenti di città in città, il suo svolgimento conobbe un mutamento durante le Olimpiadi del 1928 ad Amsterdam, quando il concorso di architettura fu suddiviso nelle due sottocategorie: progettazione architettonica e pianificazione urbanistica. Inoltre, mentre nelle tre edizioni precedenti le medaglie erano state assegnate solamente a progetti, il 1928 fu la prima, e unica, volta in cui una medaglia fu attribuita a un edificio già realizzato: il primo premio fu vinto da Jan Wils, progettista dello stadio olimpico di Amsterdam, cioè proprio della struttura che ospitava la parte più significativa delle gare.
Sfortunatamente, si trattò anche della prima volta in cui fu permesso agli artisti di vendere i lavori che presentavano in concorso — una decisione che metteva fondamentalmente in discussione il carattere obbligatoriamente amatoriale delle Olimpiadi immaginato dal barone de Coubertin. La conseguenza fu la fine del concorso di architettura dopo l'edizione londinese del 1948. Oggi, mentre a Londra vediamo prendere rapidamente forma l'ennesimo campus olimpico, è chiaro che l'architettura continua a essere un elemento fondamentale di questo evento. Da una parte, le città continuano a sfidarsi per ospitare questa manifestazione; dall'altra, la stessa architettura delle Olimpiadi non è più soltanto un concorso amatoriale, in cui vengono semplicemente esposti plastici e disegni. In un'epoca in cui la competitività degli architetti per assicurarsi nuovi incarichi è sempre più accentuata, non ci si deve stupire del fatto che si gareggi per conquistare la possibilità di costruire una delle strutture olimpiche. Presentando un'attenta e studiata selezione di alcune delle più ambiziose opere contemporanee, le Olimpiadi sono diventate una vetrina, attraverso la quale l'architettura si fa conoscere dal pubblico internazionale. Forse, dobbiamo agli sforzi appassionati del barone de Coubertin di celebrare tanto il corpo quanto la mente, se le Olimpiadi continuano a stimolare un'accesissima competizione tra alcuni degli architetti più famosi del mondo. Il premio, tuttavia, non è più costituito da semplici medaglie.
Il barone de Coubertin immaginò un evento globale, che attribuisse uguale valore alle gare sportive e alle arti