Nei primi giorni di dicembre, il New Museum of
Contemporary Art apre al pubblico, in downtown
Manhattan, la sua nuova sede. È una struttura di
circa seimila metri quadrati, una sequenza verticale
di scatole impilate irregolarmente su otto piani,
una piattaforma perfetta per proporre nuove idee
in un luogo, e in un momento, in cui se ne sente
decisamente la necessità.
Il New Museum è figlio di uno spirito temerario, quello
di Marcia Tucker: curatrice dalle idee chiare,
lo ha aperto nel 1977. Nei suoi ventidue anni di lavoro,
Tucker lo ha gestito secondo un principio
fondamentale: "Prima agisci, poi pensa – in questo
modo avrai qualcosa a cui pensare". Così, il museo
è diventato un rifugio per l'arte snobbata altrove,
perché controversa o fuori moda; oppure, prodotta
da artisti non bianchi, non maschi, non eterosessuali.
Molte le mostre dal forte contenuto politico, pervase
dalle sue convinzioni femministe e liberali. Basti
ricordare quando, in seguito all'apertura di "Have You
Attacked America Today?" (Hai attaccato l'America
oggi?), le vetrate del punto vendita del museo furono
infrante dai bidoni dei rifiuti lanciati contro l'edificio.
Nel 2001, col passaggio a una nuova direzione,
il New Museum ha cominciato ad aspirare a un
domicilio indipendente. Furono così invitati cinque
studi, relativamente sconosciuti negli Stati Uniti
(SANAA, Reiser + Umemoto, Gigon Guyer, Abalos &
Herreros, David Adjaye), a studiare un progetto
all'interno di un posteggio dismesso, su un'arteria
centrale degradata: la Bowery, a pochi isolati a est
della Broadway, una strada con una fama poco
lusinghiera (bande giovanili, punk e barboni).
La decisione di spostarsi proprio là, anziché nel più
ovvio "quartiere dell'arte" di Chelsea, si è rivelata
un catalizzatore nel processo di trasformazione della
zona, iniziato peraltro già da tempo.
Il cambiamento che ha investito la Bowery è
sintomatico del mutamento che negli ultimi dieci
anni ha investito tutta Manhattan.
L'11 settembre e il regime Bush hanno trasformato
l'America in una società apprensiva e chiusa, nella
quale le idee sono sfruttate unicamente su un piano
economico, a detrimento del dibattito intellettuale.
Inoltre, grazie al buon andamento di Wall Street,
enormi somme di denaro sono state riversate sulla
città e l'insoddisfazione ideologica è stata lenita
da residence esclusivi e ristoranti di design, mentre
i grossi nomi dell'architettura hanno venduto
a questa tendenza, con fin troppo entusiasmo,
una credibilità costruita con cura.
Come collocare, allora, in un quadro così delirante,
il nuovo New Museum? Innanzitutto, SANAA ha tratto
ispirazione da diversi fattori: la missione
dell'istituzione e il carattere del sito. La disponibilità
del museo nell'ingaggiare voci alternative
e la volontà di esplorare condizioni incerte sono
diventati i fili che intessono la formulazione
concettuale del progetto. La sinergia tra spazio
urbano e istituzione museale è profonda. L'edificio
consiste in una serie di scatole sovrapposte: fuori
asse l'una rispetto all'altra, contribuiscono così ad
aprire il museo alla città. La sua apparente instabilità
pare fare eco all'instabilità della società odierna.
In altezza, la torre è in asse visivo, a nord,
in Chinatown, con un progetto residenziale e, a sud,
con l'Empire State Building. La decisione di non
sfruttare al massimo la cubatura edificabile, inaudita
in una città dove anche il centimetro quadrato conta,
ha permesso di spezzettare la massa in volumi più
piccoli; si relazionano così con i blocchi circostanti,
contribuendo, allo stesso tempo, a radicare il museo
nel contesto urbano.
Con una facciata interamente in vetro, una pelle che
sembra sparire all'interno del pavimento in cemento,
l'ingresso regala la sensazione che il marciapiede si
estenda, via, via, fino al retro dell'edificio.
L'articolazione del piano terra testimonia la risoluta
posizione assunta dal museo quale luogo pubblico
e la sua apertura nei confronti della città: offre, infatti,
libero accesso a un caffè, una libreria e a uno spazio
espositivo (completamente vetrato, si affaccia sul
retro), tutti visibili dalla strada. Dietro al nucleo per il
trasporto verticale, si trova un'area di carico e scarico
completamente percettibile. Le porte in vetro,
alte quattro metri e mezzo, consentono ai passanti
di assistere al viavai delle opere d'arte e alle
operazioni di imballo e disimballo: di guardare,
insomma, al museo come fosse un organismo.
Progettare spazi per un'arte che ancora non esiste
si traduce spesso in ambienti grandi e flessibili,
predisposti per future suddivisioni. Il progetto
di SANAA esplora, invece, un diverso tipo di
flessibilità, dotando il museo di una serie di gallerie,
specifiche e ben proporzionate; molte con
un lucernario orientato, ognuno, in modo diverso.
Ogni spazio possiede una sua speciale atmosfera:
la luce naturale è incrementata da una fitta griglia
di tubi fluorescenti. Di notte, invece, le aperture
lasciano trapelare la luce interna, illuminando
delicatamente l'esterno. La parte superiore del
complesso ospita gli spazi educativi e gli uffici,
le cui lunghe finestre a nastro aprono ulteriormente
il museo alla città. Il piano più alto tra quelli aperti
al pubblico, invece, è occupato da un ambiente
per eventi speciali: qui, il disassamento tra i diversi
volumi crea delle terrazze accessibili, con viste
a est, sul tessuto residenziale e a sud,
sull'affollamento dei grattacieli di Wall Street.
Come scelte materiche, la costruzione è molto
semplice. Pavimenti di cemento, lastre di roccia
a prova di vandali, travi esposte e terrazze metalliche
fanno sì che la torre si trovi tranquillamente a suo agio
in un contesto così ruvido. La strategia era realizzare
una struttura 'ruvida', ma 'bella', adeguandosi alle
condizioni, notoriamente impegnative, di costruire
a New York. L'esterno delle scatole è rivestito con
una lucente rete di alluminio espanso anodizzato: una
griglia che cambia continuamente aspetto a seconda
delle condizioni ambientali. L'astrattezza degli esterni
funziona come lo sfondo naturale delle immagini
di Walker Evans. Costringe, infatti, a guardare con più
attenzione quanto appare davanti ad essa: che sia
un alcolista in sedia a rotelle o un banchiere che
cammina verso casa.
Nello stesso modo in cui New York si è trasformata,
il mondo dell'arte, negli ultimi dieci anni, ha
conosciuto un totale mutamento. Riuscirà il Museo
a conservare le sue radici radicali anche in un
contesto nel quale il denaro è la forza trainante?
Ora che dovrà avere più personale, un comitato di
direzione più allargato e, infine, molti più visitatori?
Marcia Tucker è scomparsa il 17 ottobre 2006.
In sua memoria, il piano terra, interamente vetrato, è
stato battezzato "Marcia Tucker Hall". Nel bel mezzo
di una città in continuo movimento, se ne sta lì
tranquillo ad aspettare i bidoni dei rifiuti…
Meraviglioso e ruvido
Il New Museum è un altro passo di SANAA sulla via di un brutalismo gentile.
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- 05 dicembre 2007