Alla Lumon Industries, i dipendenti possono volontariamente sottoporsi a una procedura chirurgica chiamata severance per dividersi definitivamente tra il lavoro e la vita personale al di fuori dell’azienda. I ricordi sono separati per sempre grazie a uno speciale chip cerebrale, creando due personalità separate. L’“innie” vive solo all’interno dell’azienda, mentre l’“outie” è il responsabile del loro corpo condiviso: vive la sua vita al di fuori del lavoro e ignora beatamente ciò che accade alla Lumon durante il giorno. Questa è l’idea principale di Severance, la serie creata da Dan Erickson e prodotta e diretta da Ben Stiller per Apple TV+. Il punto di partenza della trama è un colpo di genio tanto elegante e minimale quanto assolutamente originale. La maestria degli sceneggiatori sta poi nell’espandere il concetto principale esaminando ogni possibile conseguenza narrativa. Il risultato è una serie che da sola vale l’abbonamento al servizio di streaming di Apple.
Con i suoi interni, Severance rivela il lato oscuro del lavoro d’ufficio
La scenografia della serie gioca un ruolo centrale nella definizione del tema principale, con un’azzeccata critica dei cliché del lavoro da ufficio, dell’etica del lavoro del secolo scorso e del fanatismo aziendale.
Foto courtesy of Apple TV+
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- Andrea Nepori
- 08 aprile 2022
Ciò che distingue Severance da molti altre serie televisive ben scritte è l’importanza del design nel definire e impostare il tono e nel promuovere la narrazione attraverso dispositivi estetici. Il Production Designer Jeremy Hindle si è ispirato all’architettura distopica del film di Jaques Tati Playtime (1967), mescolandola con elementi di Eero Saarinen e Kevin Roche. L’esterno dell'edificio aziendale della Lumon nella serie, è del resto il complesso dei Bell Labs progettato proprio da Saarinen e recentemente restaurato in New Jersey.
Gli elementi architettonici, spesso utilizzati nello spettacolo per contrastare la dimensione vasta e disumana della corporation e la piccola vita dei dipendenti Lumon, si fondono perfettamente con l’estetica degli interni. Hindle ha preso ispirazione per i set e i materiali dall’estetica delle aziende farmaceutiche. Il suo team ha progettato una Corporate Identity completa, compreso un logo, manuali per la formazione dei dipendenti, mobili da ufficio, articoli di cancelleria, dipinti appesi ai muri, computer con improbabili monitor CRT touch screen, e un’infinità di altri dettagli.
Il modo in cui gli autori dello show hanno concepito la Lumon ricorda a grandi linee la Aperture Science, l’azienda di ricerca scientifica fittizia della serie di videogiochi Portal. I ritratti del venerato fondatore, Kier Egan, ricordano da vicino quelli di Cave Johnson, CEO di Aperture Science, che giocano un ruolo narrativo importante nel videogame. Elementi come il computer e l’interfaccia usati dai personaggi mescolano un look sinuoso con tratti mid-century con tecnologie di epoche completamente diverse. In questo modo, l’intera serie è difficile da collocare nel presente, nel passato o nel futuro.
Il design dei set e della produzione si fondono inoltre con una fotografia e una cinematografia magistrale, creando una sensazione ininterrotta di disagio che contribuisce all’alone di mistero della storia. L’effetto è spesso ottenuto disturbando la simmetria artificiale dei set e il posizionamento dei personaggi in quasi tutte le inquadrature. È un lavoro minuzioso di “framing” delle scene che raramente si riscontra a questi livelli in una serie in streaming. “Abbiamo cercato di fare cose che fossero simmetriche, ma leggermente sbagliate”, ha detto il production designer Jeremy Hindle. “Tutto è fuori posto ma solo di poco”.
Il risultato di questa miscela tra production design e cinematografia è uno spettacolo che ritrae perfettamente la deprimente realtà del lavoro aziendale attraverso l’iperbole e, naturalmente, la satira. Il “severed floor” sotterraneo, dove gli “innies” dei dipendenti della Lumon sottoposti a severance sono tenuti di fatto prigionieri (sia dall’azienda che dai loro inconsapevoli “outies”), è un luogo innaturale progettato per aumentare la produttività e favorire il loro “meaningful work”. I lavoratori sono invitati, se non costretti, ad accettare ciecamente il loro dovere senza metterlo in discussione o cercare di capire cos’è che stanno realmente facendo.
La serie muove poi esattamente dalla tensione che nasce quando gli “innie” iniziano a ribellarsi e a capire che qualcosa non va, o a volere più risposte di quelle che i manager dal sorriso falso continuano a propinargli.
Se questa descrizione vi suona stranamente simile a un generico lavoro impiegatizio, è perché è un’esagerazione di elementi che conosciamo tutti molto bene. Ed è proprio da questa critica che nasce la domanda centrale della serie: non sarebbe bello poter separare il tempo passato al lavoro e la vita personale al di fuori, dividendo del tutto la sfera professionale e il resto della nostra esistenza?