Da Pigmalione che infonde la vita nella sua statua di marmo a Rabbi Loew che plasma il Golem dall'argilla per proteggere il suo popolo, passando per gli esperimenti del dottor Frankenstein: l'umanità ha a lungo sognato di dotare una creatura artificiale di coscienza, intelligenza e - perché no - di un’anima. È questa una fondamentale ambizione umana che si è manifestata nei secoli in varie forme, dagli ingegnosi automi di Erone di Alessandria alle meraviglie meccaniche dell'epoca illuminista, come l'anatra di Vaucanson, capace di ingerire cibo, digerirlo e defecarlo. Il famosissimo Mechanichal Turk, il Turco Meccanico capace di battere a scacchi pure Napoleone, si rivelò essere un’elaborata bufala ma solo dopo aver ammaliato mezzo mondo. Aveva catturato perfettamente lo zeitgeist di un'epoca in cui la possibilità di una macchina con un'intelligenza e una sensibilità simili a quelle umane appariva giusto come un altro traguardo possibile delle magnifiche sorti e progressive dell’umanità.
Le cose con l’intelligenza “dentro”, dagli antichi automi a ChatGPT
Dai miti alla cultura popolare di oggi, il tentativo di creare macchine intelligenti e pensanti riflette una delle nostre aspirazioni più profonde dell’umanità.
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- Andrea Nepori
- 23 ottobre 2024
La letteratura e il cinema hanno esplorato questo tema a più riprese. Frankenstein di Mary Shelley (1818), ispirato al mito di Prometeo che ruba il fuoco, può essere visto anche come un avvertimento sui rischi della creazione di vita artificiale. Un secolo dopo Rossumovi Univerzální Roboti o R.U.R. (Rossum's Universal Robots) di Karel Čapek, l'opera che ci ha dato la parola “robot”, ha applicato lo stesso concetto alla luce delle nuove inquietudini socio-politiche del 900.
Quando Stanley Kubrick introdusse HAL 9000 in “2001: Odissea nello spazio”, alla fine degli anni Sessanta, il tema si sposò alla perfezione con il simbolismo dell'era spaziale, ma gli archetipi fondamentali da cui muove la storia rimasero gli stessi. Il film di Kubrick è seminale nel modo in cui riuscì a definire nell’immaginario collettivo il “trope” dell'intelligenza artificiale che si ribella al suo creatore. L’occhio elettronico pulsante di HAL e il suo rifiuto di aprire i portelloni della navicella spaziale è ancora oggi il simbolo del pericolo insito nella creazione di macchine senzienti e dotate di intelligenza propria.
Nella realtà della scienza il percorso dello sviluppo tecnologico verso le intelligenze sintetiche ha seguito direzioni differenti. Le semplici ma convincenti capacità di conversazione di Eliza fecero inevitabilmente scalpore quando il chatbot fu lanciato negli anni Sessanta, così come Shakey, robot deambulante creato a Stanford tra gli anni 60 e 70 che era capace di “ragionare” sulle proprie azioni e prendere decisioni semi-autonome. Nonostante i migliori sforzi dei ricercatori, però, la promessa dell’intelligenza artificiale non fu mantenuta abbastanza rapidamente.
Frankenstein di Mary Shelley, ispirato al mito di Prometeo che ruba il fuoco, può essere visto anche come un avvertimento sui rischi della creazione di vita artificiale.
Le aspettative disattese (e una serie di promesse esagerate) risultarono in quello che è comunemente noto come l'inverno dell'intelligenza artificiale, l’AI Winter: tre decenni (fino all’inizio del nuovo secolo, più o meno) durante i quali i finanziamenti, l'interesse e la ricerca sull'intelligenza artificiale sono diminuiti drasticamente. Persino la maestria negli scacchi di Deep Blue alla fine degli anni Novanta non fu sufficiente a risvegliare la ricerca sull’AI dal suo torpore. Del resto il supercomputer di IBM funzionava grazie al calcolo “brute force” di combinazioni scacchistiche che sull’AI vera e propria.
Il primo segnale della fine dell’AI Winter si è avuto solo una quindicina di anni fa, con la confluenza di vari fattori: la disponibilità dei big data e la loro raccolta via Internet, l’aumento della potenza di calcolo e le conseguenti nuovi scoperte nel campo dell'apprendimento automatico e delle reti neurali. Questo nuovo approccio all'IA, che si concentra sull'apprendimento da grandi quantità di dati piuttosto che su regole pre-programmate, si è rivelato rivoluzionario, e ha riacceso la nostra ossessione millenaria con l’intelligenza sintetica.
Non è detto che l'intelligenza delle macchine debba necessariamente rispecchiare la cognizione umana, ma piuttosto potrebbe integrarla o superarla in modi fondamentalmente inaspettati.
Quando nel 2016 AlphaGo di DeepMind sconfisse Lee Sedol in una storica partita di Go grazie alla potenza del suo algoritmo di apprendimento profondo (deep learning), il campione coreano descrisse la sua esperienza come se avesse giocato contro “qualcuno proveniente da un pianeta completamente diverso”. Si trattava di un'intuizione cruciale: non è detto che l'intelligenza delle macchine debba necessariamente rispecchiare la cognizione umana, ma piuttosto potrebbe integrarla o superarla in modi fondamentalmente inaspettati.
Oggi, mentre i modelli linguistici e i sistemi AI diventano sempre più sofisticati, ci troviamo a un crocevia affascinante in cui la scienza sembra finalmente in grado di mettersi al passo con secoli di immaginazione e fantascienza.
La nostra gallery è così un’antologia cronologica che prova a raccontare i punti salienti dell’innata e troppo umana aspirazione a surrogare e automatizzare l’intelligenza al di fuori dell'evoluzione biologica, siano essi conquiste scientifiche, invenzioni oppure opere e personaggi di finzione.
Il matematico e inventore Erone progettò numerose macchine autonome, tra cui porte di templi che si aprivano da sole, uccelli meccanici e il suo famoso organo a canne alimentato dal vento. Il suo trattato “Sulla costruzione di automi” si può considerare come il primo manuale di “robotica” della storia.
Anche il filosofo francese Cartesio era appassionato di automi. Secondo un racconto apocrifo, dopo la morte della figlia Francine fece costruire un automa parlante e deambulante con le sue sembianze.
Durante un viaggio verso la Svezia su invito della regina Cristina, nel 1649, portò con sé il “robot” durante il viaggio in nave. Quando i marinai scoprirono l'automa nella sua bara e questo si alzò autonomamente come per salutarli, lo gettarono in mare in preda al terrore.
Nel 1738, l'inventore e artista francese Jaques de Vaucanson costruì un'anatra automatica in rame che sembrava mangiare, digerire e defecare proprio come un vero animale, incarnando perfettamente il fascino dell'epoca per la simulazione meccanica dei processi biologici.
Uno degli automi più famosi di tutti i tempi, il Turco meccanico (Mechanical Turk), era una macchina per giocare a scacchi che girò l'Europa, sconfiggendo addirittura Napoleone e Benjamin Franklin. In seguito si scoprì che era solo un elaborato imbroglio: all'interno era nascosto un giocatore umano che ne guidava le mosse.
Nel 1920, l'opera teatrale Rossum Universal Robot di Karel Čapek introdusse la parola “robot”, che in Ceco significa “lavoro forzato”. Nella piece teatrale i lavoratori artificiali di Rossum si ribellano ai loro padroni umani.
Nel 1968, “2001: Odissea nello spazio” di Kubrick catturò i timori dell'opinione pubblica dell'epoca riguardo alle macchine intelligenti che avrebbero preso il sopravvento sull'umanità in un futuro non troppo lontano. L’ “occhio” pulsante di HAL 9000 divenne rapidamente il simbolo della macchina intelligente che si ribella ai padroni umani.
Eliza di Joseph Weizenbaum fu il primo chatbot della storia. Il software permetteva di dialogare con un computer come si farebbe con una controparte umana. Funzionava grazie a un sistema di riconoscimento pre-programmato dei pattern linguistici e non era quindi una vera AI nel senso che diamo oggi al termine.
Dal 1966 al 1972, lo Stanford Research Institute sviluppò Shakey, il primo robot deambulante in grado di “ragionare” e prendere decisioni. Combinava visione computerizzata, navigazione e abilità di base per la risoluzione di problemi.
KITT, the intelligent car from the "Knight Rider" show, popularized the concept of personality applied to AI systems, influencing public perceptions of artificial intelligence as a counselor and positive aide always loyal and helpful towards its human companion.
Nel 1998, il supercomputer di IBM sconfisse il campione del mondo Garry Kasparov, segnando una pietra miliare nell'evoluzione dell’intelligenza delle macchine e cambiando per sempre la percezione del gioco degli scacchi.
Nel 2004, i rover della NASA su Marte dimostrarono una notevole autonomia e longevità, conducendo ricerche ben oltre i 90 giorni di missione previsti.
Nella seconda metà degli anni '90, gli animali domestici virtuali popolarizzarono l’idea di prendersi cura di una vita artificiale come si farebbe con un cane o un gatto. Fu un passo importante nello sviluppo di un’empatia umana verso entità artificiali.
Commercializzato per la prima volta nel 1998, il Furby era un giocattolo interattivo che sembrava imparare e sviluppare un proprio linguaggio, portando per la prima volta il comportamento adattivo delle macchine nell'elettronica di consumo.
Nel 2011, il sistema di intelligenza artificiale basato sul linguaggio naturale di IBM sconfisse i campioni di Jeopardy! Brad Rutter e Ken Jennings, dimostrando nuove capacità di elaborazione linguistica e sorprendenti abilità di recupero delle informazioni da grandi basi di dati.
Gli assistenti virtuali a comando vocale di Apple e Amazon hanno reso mainstream l’AI conversazionale e hanno contribuito a integrare l'intelligenza artificiale nella nostra vita quotidiana. Nonostante siano stati tra i primi assistenti AI di successo, oggi soffrono della concorrenza degli LLM, che li fanno sembrare molto meno intelligenti e capaci.
Il robot umanoide di Hanson Robotics è diventato un fenomeno mediatico e ha persino ottenuto la cittadinanza saudita nel 2017, un anno prima che il Paese rendesse legale la guida per le donne (umane).
Nel 2016, l'intelligenza artificiale ad apprendimento profondo AlphaGo di DeepMind sconfisse il campione di Go Lee Sedol, dominando un gioco considerato impossibile da battere per le macchine. Dopo la sconfitta, Lee Sedol disse che competere contro AlphaGo era come “giocare contro qualcuno proveniente da un pianeta diverso”.
Pur non essendo il primo sistema di intelligenza artificiale basato sulla tecnologia Transformer, il generatore di immagini di OpenAI ha segnato una svolta nell'applicazione della tecnologia alla creazione visiva, producendo immagini dettagliate da descrizioni testuali con risultati sempre coerenti.
L'introduzione di modelli linguistici di grandi dimensioni in grado di conversare, programmare e risolvere problemi complessi in modo simile a quello umano ha segnato una nuova era nelle capacità dell’AI, le cui potenzialità ora sembrano di nuovo allineate all’aspirazione di creare una macchina davvero intelligente, senziente e dotata di una propria coscienza.