Dare un nome alle cose, è a tutti gli effetti una fase del progetto, è una questione di design. Dei prodotti che nella storia sono diventati iconici, spesso è diventato iconico anche il nome: la funzione del naming è centrale per la comprensione, la memorizzazione e la diffusione di un oggetto, un’azienda o addirittura un concetto.
Thermos, Tupperware, GoPro e altri brand che hanno dato il nome alle cose
Dal design al cibo e agli apparecchi tecnologici, ecco i casi in cui un prodotto ha inventato il nome per tutti gli altri.
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- La redazione di Domus
- 31 ottobre 2024
L’ambito del disegno industriale, anche coi nomi, ha sperimentato moltissimo e moltissime volte ha potuto, attraverso il nome, anticipare la funzione dell’oggetto oppure la sua forma (la Lampada Arco di Achille e Pier Giacomo Castiglioni), dichiararne la missione, omaggiarne l’ispirazione (Il cavatappi Anna G. di Mendini) o ironizzare sul motivo della sua esistenza - Stefano Giovannoni ha disegnato uno scopino da bagno e l’ha chiamato Merdolino.
Alcuni nomi commerciali, ovvero i marchionimi, hanno avuto nel tempo un’eco tale da trasformarsi in termini comuni per indicare l'intera categoria. È il processo linguistico della metonimia, per cui si usa il nome della causa per indicare l’effetto.
Il fenomeno è conosciuto come “volgarizzazione del marchio” e non riguarda esclusivamente il nome, ma in generale qualsiasi segno distintivo passi da essere identificativo del prodotto di un’azienda specifica ad esteso nell’uso e, in alcuni casi, addirittura di dominio pubblico. Per questo motivo usiamo i termini polaroid, rimmel e termos (si anche questo lo abbiamo rubato a un oggetto specifico, commercializzato nel 1904 dall’azienda tedesca Thermos GmbH) riferendoci al prodotto generico, prescindendo dal brand.
Quella che a prima vista può sembrare una dinamica vantaggiosa per l’affermazione sul mercato, porta con sé il rischio che il prodotto perda la sua unicità e venga confuso con quelli dei competitor, offuscando così il valore distintivo del brand.
Con la sempre crescente sperimentazione tecnologica e la registrazione di nuovi brevetti, questo fenomeno continua a crescere, soprattutto nell’ambito dei materiali e dei prodotti tecnologici.
Paese che vai, nomi che trovi: questa lista è tipicamente italiana. Il termine “brugola”, ad esempio, è un caso di volgarizzazione del marchio anche nei paesi anglofoni e in Germania; il brand che l’ha prodotta in quei paesi però è diverso: negli Stati Uniti è la Allen Manufacturing Company, mentre in Germania è la Bauer und Schaurte. Così, la chiave esagonale diventa la Allen key o la Innensechskantschraube Bauer und Schaurte.
il nome origina dalla città dello Yemen, Mokha, da cui partivano grandi carichi di caffè alla volta dell’Europa. L’omaggio di Alfonso Bialetti alla località asiatica si è diffuso tanto da farci chiamare così anche le varie evoluzioni e copie del suo celebre brevetto.
Molti prodotti di uso quotidiano hanno preso il nome del primo brand che li ha introdotti sul mercato: è anche il caso dello scotch e del cellophane.
Molti legano erroneamente l’etimologia del termine al latino vericulum (spiedino), ma questo caso è tutt’altro che un esempio di design anonimo: Egidio Brugola diede il proprio nome alla sua invenzione e a tutte le altre...brugole.
Con questo nome, tornato ad essere pronunciatissimo negli ultimi anni, tutti pensiamo al prodotto di Mattel, ma chiameremmo allo stesso modo qualsiasi bambola in miniatura. Ed è il caso di altri giochi come il frisbee o gli amatissimi lego.
Lanciate sul mercato con questo nome nel 1961, in Italia da subito se ne sente molto parlare anche grazie ad efficacissime campagne, come quella “Facciamolo più spesso” che mette il termine sulla bocca di tutti. Chiamarle “fette di formaggio fuso” è quasi cringe (vale lo stesso per la crema spalmabile alla nocciola e cacao).
Il nome di uno dei più amati prodotti di design è presto diventato comune per indicare tutte le sedute senza scheletro.
In ambito high-tech, esiste un pioniere che finisce per dare il nome ai suoi concorrenti e ai prodotti simili. Basti pensare alla Polaroid, al Walkman e al Kindle.
Alla fine dell'Ottocento, un chimico scozzese inventò un contenitore a doppia parete di vetro capace di mantenere la temperatura del contenuto. Circa vent'anni dopo, in Germania, due vetrai presero quell'idea e fondarono una compagnia per commercializzare un prodotto che chiamarono "Thermos". Il nome divenne sinonimo di contenitore isotermico, perdendo la protezione del marchio in alcuni Paesi.
È un prodotto inventato dal sarto francese Louis Réard e il suo nome richiama l’atollo di Bikini in cui gli Usa conducevano esperimenti nucleari, per indicare l’impatto “esplosivo” che avrebbe provocato.
In alcuni casi la volgarizzazione del marchio investe addirittura un luogo: chiamiamo con lo stesso nome qualsiasi punto di ristoro situato lungo un’autostrada.