Non è necessario appartenere a una specifica generazione per avere in mente le disavventure di Giandomenico Fracchia, il vessato impiegato che nell'Italia delle lotte sindacali viene obbligato dal sadico capo a trovare e tenere una posizione su una poltrona sacco, dalla quale pietosamente e irrecuperabilmente si ribalta. Chiaro, c’è tutta la ferocia della satira contro gli abusi di potere classisti, che spesso trovano validissimi supporti nella sfera del design, ma non è difficile leggere anche una diffidenza nei confronti di un game changer, di un oggetto solo apparentemente indecifrabile che intanto stava cambiando le regole del gioco nel suo settore, nella sua tipologia.
La storia del design contemporaneo è costellata di oggetti che hanno trasformato la grammatica dello spazio domestico praticando un’operazione tanto apparentemente semplice quanto radicale: l’estrapolazione di forme e componenti dal loro contesto abituale di funzione o senso, e la loro applicazione in contesti totalmente nuovi, spesso estranei. Un design piuttosto outrageous: guanti che diventano poltrone, fari d’automobile che diventano lampade da interni, fino a sostituire altri oggetti nell’antonomasia tipologica, nel ruolo cioè di rappresentanti di intere categorie di oggetti.
Un’operazione che associamo spesso al postmoderno, la paperella che diviene casa, tanto cara a Robert Venturi, ma che in realtà è, ed è stata, punto di partenza di tantissime cesure, ridefinizioni spesso di intere epoche: dello stesso Moderno in architettura (Le Corbusier e i miti di automobili e silos), della stagione radicale, del pensiero sistemico sul design, del surrealismo prima di tutti questi.
Esploriamo allora una piccola galleria di questi oltraggi riformatori che hanno discusso e a volte cambiato le regole del loro gioco. Nota a parte: chi scrive, nonostante gli oltre due metri di altezza, sulla poltrona sacco siede sempre comodissimo.