“Le città sono il nostro futuro”, scrive Norman Foster nell’editoriale di Domus 1088. Le città stanno però diventando incrementalmente più complesse e pongono sfide inedite non solo in termini urbanistici, ma anche per il modo in cui i progettisti e i leader civici vengono formati. Le relazioni fra le istituzioni pubbliche e private si sono fatte sempre più fitte, tanto da generare porzioni considerevoli degli insediamenti urbani che abitiamo. Questo contesto richiede quindi una riflessione sulle risposte che il mondo del progetto sta offrendo.
Domus 1088 è in edicola
Il terzo numero di Domus curato da Norman Foster è incentrato sul futuro della formazione e della storia.
Testo Norman Foster
Testo Luis Fernández-Galiano
Testo Matthew Foreman
Testo Norman Foster
Testo Erandi de Silva
Testo Guanghui Ding
Testo Alessandro Benetti
Testo Iga Perzyna
Testo Franklin Kasumba
Testo Ola Uduku
Testo Silvana Annicchiarico
Testo Richard Maddock
Testo Norman Foster
Testo Luca Garofalo
Testo Norman Foster
Intervista Norman Foster
Testo Edward Burtynsky
Testo Walter Mariotti
Testo Javier Arpa Fernández
Testo Paul Smith
Testo Manuel Orazi
Testo Paola Carimati
Testo Elena Sommariva
Testo Cristina Moro
Testo Giulia Ricci
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- La redazione di Domus
- 06 marzo 2024
Incentrato sul futuro della formazione e della storia, il numero apre con i saggi di Luis Fernández-Galiano e Matthew Foreman, rispettivamente architetto e professore emerito presso la Scuola di Architettura dell’Università Politecnica di Madrid, e scrittore e ricercatore presso Foster + Partners. Mentre il primo riflette sullo stato della formazione architettonica, il secondo si concentra sulla storia della relazione pubblico-privato nella realizzazione di grandi opere, dal parco Güell a Barcellona fino al Rockefeller Center di New York.
Nella sezione Archivio, Norman Foster racconta del senso e del ruolo che gli archivi di design e architettura svolgono nella formazione dei professionisti della progettazione, indagando le loro peculiarità e le necessità di conservazione.
I progetti di architettura toccano il tema del numero in diversi modi, raccogliendo esperienze significative a diverse latitudini del globo. Della Busogo School in Rwanda, e dell’innovativo approccio di Asa Studio che, procedendo per fasi, mette al centro la comunità, l’ambiente e la funzionalità, scrive Erandi de Silva, mentre Guanghui Ding racconta come la Huizhen High School di Approach Design Studio rappresenti la punta di diamante della sperimentazione che la Cina contemporanea sta facendo sull’architettura scolastica. Alessandro Benetti analizza la struttura universitaria Boola Katitjin della Murdoch University, nell’area di Perth, di Lyons Architecture, che sperimenta con il legno in un territorio che è patrimonio delle popolazioni indigine dell’Australia occidentale. L’Ellen DeGeneres Campus di MASS Design Group, sempre in Rwanda, è un centro didattico di ricerca sui gorilla. È raccontato da Iga Perzyna come esito dell’incontro di comunità locali e globali in un inedito processo realizzativo definito dallo studio. In Tanzania, Architectural Pioneering Consultants realizza Simba Vision Montessori Campus. Ne scrive Franklin Kasumba, esplicitando come lo studio abbia fatto tesoro delle risorse di quest’area remota della savana.
Nella sezione Arte, Ola Uduku racconta dell’installazione di Michael Collins Architects alla Sharjah Architecture Triennial, un archivio nomade e indossabile dedicato all’opera dell’architetto britannico-nigeriano Alan Vaughan-Richards. Silvana Annicchiarico ha visitato la Chapelle Saint-Michel de Brasparts in Bretagna, dove il designer francese Ronan Bouroullec ha ideato una serie di arredi sacri in continuità con l’architettura. Il ricercatore e architetto Richard Maddock si dedica al legno e alla storia dei giunti giapponesi, indagando gli aspetti che fanno di questa tradizione una risorsa per il futuro.
Per Foster sull’arte, l’architetto britannico sceglie l’installazione Forgotten Streams (2017) della spagnola Cristina Iglesias, scultura tripartita situata all’esterno della sede londinese di Bloomberg. In Book reviews, Luca Galofaro recensisce tre libri – di Thomas Ramge e Rafael Laguna de la Vera; uno curato da Beatriz Colomina, Ignacio G. Galán, Evangelos Kotsioris e Anna-Maria Meister; e di Amy Edmondson – che guardano all’innovazione, alla pedagogia e all’importanza del fallimento. In Postscript, Foster esorta a rimanere studenti, un pensiero scaturito da un incontro con i giovani partecipanti alla presentazione della Norman Foster Foundation, al Teatro Real di Madrid.
A chiudere il numero è un’intervista a Deborah Berke, preside e J.M. Hoppin Professor alla Yale School of Architecture, oltre che fondatrice dello studio TenBerke.
Nella Cover story, il fotografo canadese Edward Burtynsky racconta la genesi della fotografia presentata sulla copertina. Si tratta di un dettaglio di una formazione rocciosa, una foto scattata sulla spiaggia di Itzurun, lungo la costa basca.
Nella sezione Diario, il direttore editoriale Walter Mariotti ci porta alla scoperta della Sicilia, fra Palermo, Agrigento e Gibellina, con Viaggio in Italia. Javier Arpa racconta in Emerging territories Charlanta, la megaregione statunitense che si estende fra Charlotte e Atlanta. Paul Smith guarda invece al ruolo delle gallerie e dei tunnel a Londra; Manuel Orazi intervista Christian Gantenbein in Terzo Stato e Paola Carimati lo studio Lemonot in Human Design; Elena Sommariva scrive della collaborazione fra Issey Miyake e Ronan Bouroullec; e Cristina Moro del tavolo Serenissimo (1985) di Lella e Massimo Vignelli, oggi reinterpretato nella collezione Remasters di Acerbis.
In Punti di vista, Giulia Ricci incontra il teorico della città dei 15 minuti Carlos Moreno e Michelle Provoost, storica dell’architettura, cofondatrice di Crimson Historians and Urbanists e della Independent School for the City, oltre che direttrice dell’International New Towns Institute. Il dialogo si concentra sul paradigma policentrico che Moreno ha definito per ripensare le città in ottica di sostenibilità ambientale e sociale.
Nell’editoriale di Domus 1088 il guest editor racconta la sua visione su città e sostenibilità introducendo il programma del primo master promosso dal Norman Foster Institute di Madrid.
Le buone regole di una formazione architettonica volta al bene della società non sono cambiate. Le ritroviamo in alcune massime latine, attraverso le quali tracciare il futuro della professione.
Il passato ci insegna che il desiderio di profitto non preclude la qualità del progetto e il bene pubblico. Se applicato con sensibilità, può migliorarli entrambi.
Le specificità degli archivi di progetto, non ultima la varietà materica degli oggetti che custodiscono, sono state riconosciute solo di recente. Questi luoghi offrono una prospettiva su un’epoca, un patrimonio inestimabile su cui costruire il futuro.
Procedendo per fasi secondo una prassi consolidata dello studio di base a Kigali, anche questo progetto mette al centro la comunità, l’attenzione all’ambiente e la funzionalità.
Nella convinzione che per gli studenti sia proritario imparare in un’atmosfera distensiva, lo studio progetta un’esperienza didattica e spaziale inedita nella città di Ningbo, che si concretizza con una “foresta fluttuante” .
Concepito come piattaforma per l’apprendimento, l’edificio articola una molteplicità di spazi per l’università di Perth in una struttura di legno.
Il centro di ricerca, prima sede permanente del Dian Fossey Gorilla Fund, è il risultato di uno sforzo collettivo da parte di una comunità molteplice, assieme locale e globale.
Il progetto fa tesoro delle risorse di una zona remota della savana tanzanese: con semplici blocchi di detriti di pietra vulcanica e sabbia, la scuola diventa un edificio passivo.
L’installazione di Michael Collins Architects trasforma i disegni d’archivio del progettista britannico-nigeriano in un’architettura nomade indossabile.
Il designer francese ha progettato gli arredi sacri cercando di conservare e valorizzare quell’impressione di coerenza e di straordinaria continuità fra l’architettura e il suo sito.
La ricerca di soluzioni costruttive innovative e sostenibili può partire dalla tecnica tradizionale giapponese dei giunti complessi, oggi resa più efficiente dalla tecnologia.
L’opera dell’artista spagnola davanti alla sede londinese di Bloomberg orienta luogo e persone tramite caratteristiche concrete, come la memoria, la storia, la comunità e l’identità.
Integrare ciò che si costruisce nel contesto urbano, impegnarsi nella vasta sfera pubblica condivisa e sviluppare consapevolezza ambientale. Questi gli aspetti di un corretto percorso dell’architettura.
La città dei 15 minuti propone un paradigma policentrico per ripensare le città in ottica di sostenibilità ambientale e sociale. Ne discutiamo con il suo creatore, Carlos Moreno, e con la storica dell’architettura e dell’urbanistica Michelle Provoost.