La nostra selezione comincia con tre fotografi: Matt Stuart in una ex base militare al confine tra USA e Messico; Awoiska van der Molen che con le sue immagini ha ispirato il compositore austriaco Thomas Larcher; e Alberto di Lenardo che in 70 anni di viaggi in treno o in auto, in Italia e all’estero, ha messo insieme 8.000 fotografie, selezionate ora dalla nipote Carlotta.
La Guida tascabile delle librerie italiane viventi è rivolta ai lettori che viaggiano o ai viaggiatori che leggono, quella di Roberto Calasso è dedicata invece al mondo dei bibliofili e dei collezionisti.
E se la penna di Frederic Pajak trasforma le vite dei grandi personaggi della cultura del XIX e del XX secolo in autobiografie e saggi grafici, la scrittrice Fang Fang racconta il lockdown di Wuhan, in fondo molto simile a quello italiano.
Nel visionario romanzo-mondo di Jeff VanderMeer c'è una casa capace di ribaltare qualsiasi aspettativa, ma è la storia di una casa reale, Casa Farnsworth, narrata come un avvincente romanzo, a ribaltare le nostre certezze di un'icona del Modernismo. Nel libro di Massimo Mantellini, uno dei maggiori esperti della rete Internet italiana, ci sono invece i dieci oggetti che ci siamo persi via dallo scorso millennio a oggi.
Tra i libri illustrati, Angela Leon disegna le avventure dell'architetta Lina Bo Bardi mentre due maestri assoluti della grafica, Peter Mendelsund e Seymour Chwast, svelano il loro modo ironico e trasversale di guardare la realtà. Infine, il graphic novel Rusty Brown, una raccolta di 18 anni di lavoro del più architettonico dei fumettisti, Chris Ware.
Buone vacanze e buona lettura!
Quindici libri da leggere questa estate
Il Manifesto incerto di Frederic Pajak e il lockdown di Wuhan raccontato da Fang Fang. Lo sguardo grafico e ironico di Peter Mendelsund e Seymour Chwast, gli splendidi oggetti morti di Massimo Mantellini e la biblioteca di Roberto Calasso, tra i libri scelti da Domus.
Consigliato da Cristina Moro, archivio Domus
Consigliato da Raffaele Vertaldi, visual consultant Domus
Consigliato da Simona Bordone, Progetti speciali
Consigliato da Alessandro Scarano, Domusweb
Consigliato da Elena Sommariva, senior editor Domus
Consigliato da Cristina Moro, Archivio Domus
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Consigliato da Elena Sommariva, senior editor Domus
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- La redazione di Domus
- 03 agosto 2020
Lina nasce nel 1914, quando vanno di moda i cappelli e le corse dei cavalli. Lina vuole diventare architetto, e vuole diventare grande per avere avventure da raccontare. Fugge dalla guerra, studia, viaggia, fonda riviste, conosce grandi architetti e impara. Ángela Léon racconta e illustra, con uno stile poetico e immediato, la storia di Lina Bo Bardi, la giovane architetta che ha scelto di vivere in Brasile, dove si è costruita una casa di vetro e ha progettato mobili, palazzi e musei e ha imparato che un buon progetto può cambiare la vita delle persone.
Un viaggio nel tempo che è anche un viaggio nello spazio. Uno spazio che è poi un doppio spazio, perché oltre alla grande stanza segreta dove Alberto di Lenardo teneva il suo modello di ferrovia, c’era in casa un altro luogo tenuto celato: quello in cui conservava le 8.000 fotografie scattate in 70 anni di viaggi, e che oggi la nipote Carlotta ha selezionato – con affetto ma anche con professionalità – per il libro che dalla soffitta dei treni prende il nome. Viaggi, dunque, in treno o in auto, in Italia e all’estero, raccontati da fotoamatore ma con la stessa curiosità (e la cura) che hanno poi informato i lavori di tanti fotografi italiani, e che danno a queste immagini vernacolari un sapore perfettamente contemporaneo.
Questo libro è uscito in Italia il 3 giugno, appena tre settimane dopo la versione inglese pubblicata negli USA. Ho esitato prima di comprarlo, incerta se rituffarmi, ma dall’altra parte del mondo, in quella che è stata un’esperienza, il lockdown, straordinaria, sconvolgente, e tutti gli aggettivi del vissuto di ciascuno di noi. Fang, una delle più note scrittrici cinesi, mi ha sorpresa. Abbiamo vissuto la stessa cosa, avuto gli stessi sentimenti, nella stessa identica sequenza. Persino i pregiudizi sono gli stessi, quello sui giovani per esempio, su cui si ricrede, gli hater sui social media, la rabbia nei confronti dei politici. C’è un’unica differenza: la censura. Da qui la decisione di pubblicare il libro, nato come un blog, all’estero, grazie al suo traduttore Michael Berry. Ma i motivi della censura del Governo cinese somigliano tragicamente a quelli della autoimposta censura che abbiamo vissuto noi, almeno nella prima fase: va tutto bene, Milano non si ferma.
Una casa al cui interno c’è quello che ti aspetteresti all’esterno. E viceversa. Era dai tempi di Philip Dick che uno scrittore di fantascienza non guadagnava così tanta attenzione come recentemente Jeff VanderMeer, etichettato dai critici come un Borges per il nuovo millennio o una versione “stramba” di Thoreau. Se Dick metteva l’ansia all’Io cartesiano, le mutazioni biologiche di Vandermeer riconfigurano l’ingenuità con cui accettiamo il razionale e le sue architetture. Maestro di un racconto visionario in cui il mondo organico prende il sopravvento sulla tecnologia, alfiere del New Weird, in cima alle classifiche con la Trilogia dell’Area X – Alex Garland, quello di Devs e The Beach ne ha tirato fuori un film per Netflix – e del premiatissimo Borne, autore con la moglie Ann di svariate antologie e bestiari, Vandermeer è forse l’incarnazione dello scrittore dell’oggi. Un artista al suo apice. E lui cosa fa? Scrive un libro per ragazzi, o come si dice oggi, uno “young adults”. Protagonisti sono il giovane Jonathan Lambshied, i suoi due sgangheratissimi amici, più un Alisteir Crowley – sì, proprio lui – proveniente da un mondo parallelo, con la spassosissima testa di Napoleone a fare da ottimo comprimario. E soprattutto una casa capace di ribaltare qualsiasi aspettativa.
La storia e i retroscena della costruzione di Casa Farnsworth, icona del XX secolo, non sono cosa nuova a chi conosce l’opera di Mies van der Rohe: lo sforamento del budget (da 10.000 a 70.000 dollari), le perdite d’acqua, il fatto che la proprietaria non vi abiterà mai per la totale mancanza di privacy. E, ancora, le liti, la campagna denigratoria contro Mies e il processo con le accuse di incompetenza, crudeltà psicologica e trauma emotivo, in particolare dopo la rottura del loro rapporto. Con un accurato lavoro di indagine e documentazione (solo gli atti del processo sono 3.000 pagine), Alex Beam scrive un’appassionante tripla biografia: della casa, della sua committente e del suo progettista e ricostruisce l’affascinante vicenda umana dietro uno dei progetti architettonici più significativi del Moderno.
Dalla storica Feltrinelli di Bologna alla libreria indipendente Todo Modo di Firenze, che è anche enoteca e bistrot. Una guida per i lettori che viaggiano, o per i viaggiatori che leggono. Una mappa delle librerie italiane, “viventi”, che restano un punto di riferimento per i cittadini e un posto da scoprire per gli esploratori. Il viaggio inizia ad Alghero e finisce ad Aosta. Per ogni libreria è presentato anche lo staff, che risponde a una serie di domande, uguali per tutti: “Qual è la tua storia?” “A chi vorresti vendere un libro?” “Qual è il personaggio letterario che rappresenta la tua clientela?”. Le pagine finali sono riservate alla “libreria ideale”, un elenco di titoli che non possono mancare nelle librerie, suggeriti dai loro frequentatori più assidui.
Il compositore austriaco Thomas Larcher avrebbe dovuto eseguire la prima performance del suo The Living Mountain quest’anno al Concertgebouw di Amsterdam, ma a causa delle restrizioni anti Covid-19, il concerto è stato spostato al 2021. La musica è ispirata direttamente alle immagini dell’omonimo lavoro che la fotografa olandese Awoiska van der Molen ha realizzato per lui nel nativo Tirolo e, per il momento vive, in forma di spartito, nelle pagine del libro che raccoglie anche le potenti, solide, a volte inquietanti e sempre suggestive fotografie della serie. Il dialogo potenzialmente muto tra carta da musica e immagini stampate, si ascolta invece molto bene per chi usa gli occhi non solo per guardare ma anche per sentire.
Quattro storie al confine tra filosofia, storia contemporanea e architettura. Quattro luoghi geografici e altrettanti uomini diversi tra loro: due filosofi (Henry David Thoreau e Ludwig Wittgenstein), un architetto (Le Corbusier) e un terrorista (Unabomber). Ad accomunarli è la scelta (radicale) del luogo in cui vivere: una capanna. Una scelta che porta con sé un preciso progetto di vita. Parte con queste premesse il “memoir filosofico” di Leonardo Caffo per trasformarsi presto in un viaggio verso la semplicità. Il suo è un invito a scollegarsi dalla rete, fisica e metaforica. A cercare un’uscita d’emergenza dalla vita di tutti i giorni. Il libro si chiude a sorpresa con un esercizio pratico: la realizzazione di una vera capanna nei boschi della Brianza, costruita da Ebony Carpentry, gruppo di falegnami ghanesi richiedenti asilo in Italia.
Dopo il successo di All That Life Can Afford, dove l’allineamento occhio-mente-cuore scendeva con ironia tra le bizzarrie delle strade di Londra, Matt Stuart torna a fare quel che sa fare meglio: restituire con garbo e humour una realtà che, dietro a una colorata facciata, parla direttamente alla nostra sensibilità. Set quasi cinematografico di Into The Fire è Slab City, ex base militare al confine tra USA e Messico che dà ora asilo a chi ha scelto di (o è costretto a) vivere al di fuori della società. La filosofia della comunità dei true slabber (chi supera almeno due delle infernali estati del deserto del Sonora) è di essere se stessi, e ai protagonisti delle sue storie Stuart non chiede altro. Foto Matt Stuart/MAPS
Non un romanzo, non un graphic novel, forse poesia illustrata. Manifesto incerto è il primo episodio dell’impresa letteraria di Frederic Pajak, scrittore francese contemporaneo che l’Orma editore traduce per il pubblico italiano. Il libro, tra l’autobiografia e il “saggio grafico”, è per Pajak un mezzo per fuggire dalla solitudine raccontando esistenze, parole e immagini di grandi personaggi della cultura del XIX e del XX secolo, come quella di Walter Benjamin, scrittore, filosofo e critico tedesco ancora senza fama, che nel 1932 fugge dalla Germania su una nave mercantile diretta a Ibiza. Un libro dove parole e immagini sono complementari, fatto di “scene d’avventura, ricordi sparsi, aforismi, fantasmi, eroi dimenticati, alberi, la furia del mare”.
Un anno dopo la versione inglese, arriva anche in Italia il “grande romanzo americano” di Chris Ware, che raccoglie le storie della serie Rusty Brown pubblicate dal 2001 sulla testata Acme Novelty Library. Con tratto rigoroso e imprevedibile, geometrico e architettonico, maniacale cura nei dettagli e ricerca del perfetto accostamento di colore, il maestro assoluto della narrazione a fumetti mette insieme una “commedia umana” che ha per protagonisti sei personaggi le cui vite si intrecciano, in continui flashback tra gli anni Settanta e oggi, partendo da un’unica giornata di neve che silenziosa copre gli edifici di un’ordinaria cittadina del Midwest degli Stati Uniti.
Imparare l’ironia da un genio della grafica e dell’illustrazione come l’americano Seymour Chwast, classe 1931, autore di oltre 30 libri per bambini, quattro graphic novel, diversi caratteri tipografici e fondatore (nel 1954, con Milton Glaser) dei Push Pin Studios. Succede sfogliando le 144 pagine di piccolo formato del quaderno Moleskine che condensano il suo approccio alla materia (con una bella intervista a cura di un altro mostro sacro della grafica, l’amico Steven Heller) accompagnato dagli schizzi (per lo più rifiutati e mai pubblicati) di libri per bambini e fumetti. Da non perder le “1001 Beards”, i disegni in bianco e nero, divertenti e spiazzanti, di mille barbe più una.
Mendelsund è un grafico, anzi come lui stesso si definisce un “grafico editoriale, [parte di] quella comunità più o meno organizzata di artisti, subalterni dell’editoria e perenni proletari.” Ed è un lettore, non tutti i grafici lo sono. Parlo per esperienza, i miei studenti di grafica non leggono. Il libro, composto da testi e da centinaia di immagini, è corposo, 420 pagine, rigorosamente in bianco e nero, anche le immagini sono ridotte al grado della pagina stampata, quella di romanzi e saggi. Parole in nero su fondo bianco. Si può leggere e guardare, sì perché è l’immaginario dell’autore quello che vediamo, anche se il libro è denso di osservazioni scientifiche sulla visione, sulla lettura, sull’immaginazione. Una sorta di manuale che si può leggere anche saltando di qua e di là.
Parte dal fazzoletto di Herta Mueller, protagonista del discorso della scrittrice tedesca nel discorso di accettazione del premio Nobel, e poi vola altissimo, fino al cielo, il nuovo libro di Massimo Mantellini, “uno dei maggiori esperti della rete internet italiana”, come recita la quarta di copertina di questa sorta di Via Crucis in dieci tappe, che corrispondono ad altrettanti oggetti che ci siamo persi via dallo scorso millennio a oggi. Ci sono la penna e la lettera, il telefono con i fili e i fili stessi. La narrazione viene condotta tra inquadramenti teorici, spunti dall’attualità e tanto racconto in prima persona, nel quale emerge il punto di vista di chi adotta la novità senza l’urgenza delle generazioni che l’hanno imposta, con vagiti di boomerismo e qualche nostalgia che ai nati dagli Ottanta in poi avrà un retrogusto quasi reazionario. La precarietà, l’overdose di informazioni, il confine sempre più sfumato tra reale e virtuale, la parabola dalla socializzazione totale all’isolamento in stile hikikomori non sono parte del DNA di Mantellini. Ed è per questo che il capitolo più bello dei dieci sarà quello sul silenzio, un non-oggetto, in cui Massimo cerca di capire perché mai le cuffiette siano così importanti per Francesca, sua figlia. Per capire cosa sia oggi un oggetto potrebbe comunque essere una lettura fondamentale. Tra gli oggetti morti, è uno “splendido oggetto vivo”, per Mantellini, il libro. E questo lo mostra benissimo Roberto Calasso nella sottile raccolta di quattro saggi con copertina color carta da zucchero recentemente edito dalla sua Adelphi, nella collana Piccola Biblioteca. Il primo scritto, che dà il titolo alla raccolta, procede per frammenti e illuminazioni, e porta il lettore nel mondo dei bibliofili e dei collezionisti, delle incredibili scoperte dell’autore in questo negozietto o in quell’altro, in una storia globale del libro: oggetto astrattissimo che si concretizza in edizioni diverse e in volumi singoli ciascuno a sua volta differente, con la sua storia, le sue note – e quanti modi di segnarle, quelle note! Calasso sembra schizzare fuori da un mondo che potrebbe essere un libro a sua volta, ma è fulminante per la sua attualità la trascrizione di un suo discorso ai librai che risale a una decina di anni fa, in cui il proprietario e direttore editoriale di Adelphi esordisce parlando di Amazon e degli ebook, suggerisce poi come costruire una buona libreria per il presente, un luogo innanzitutto dove ci si possa sedere – “bastano due o tre sedie o sgabelli e un tavolino dove appoggiare i libri” – con uno squarcio di presente che farebbe invidia a Mantellini.