Che ne sarà della Biennale di Architettura 2020?

Fra il ritiro del Padiglione Australia e le alternative online del Padiglione Russia, abbiamo cercato di capire come la Biennale sta reagendo di fronte al Covid-19.  

Con la posticipazione della data di apertura dal 23 maggio al 29 agosto, lo scorso 4 marzo la Biennale Architettura 2020 ha dato una prima risposta all’emergenza sanitaria determinata dal Coronavirus.

Oggi, a distanza di poco più di un mese dall’inizio del lockdown, La Biennale racconta a Domus che sono confermate le date precedentemente annunciate. Questo perché l’istituzione è convinta che “l’architettura, in particolare, sia chiamata a rispondere alla domanda How will we live together?”, tema scelto da Hashim Sarkis, e che “proprio in questo momento, la Biennale, debba rappresentare il contenitore di questo dialogo”.
Naturalmente, in un contesto così complesso, l’istituzione veneziana guarda attentamente all’evoluzione delle condizioni create dal Covid-19 e si dichiara pronta a calibrare le sue azioni secondo le indicazioni governative.

Atelier RITA, Emergency Shelter for Refugees and Roma Community, 2017. Courtesy David Boureau @urbamutability // All rights reserved 2020

Ironia della sorte, il titolo “How will we live together?” torna quindi oggi, in luce della pandemia, a farci riflettere su come quel vivere assieme possa essere affrontato. Come i contratti spaziali possono essere ridefiniti e rinegoziati dopo questa crisi sanitaria? Come si declina la responsabilità sociale dell’architetto in un mondo colpito dal Covid19?

La notizia più allarmante è quella arrivata dall’Australia lo scorso 14 aprile attraverso l’Australian Institute of Architects: si tratta del ritiro dalla manifestazione del padiglione nazionale. Dal suo sito, l’istituzione ha annunciato che “la situazione in rapido mutamento e accelerazione del Covid-19 ci ha reso impossibile pianificare la mostra”. Fra le ragioni vi sono la preoccupazione per la salute di chi lavora alla mostra e le sfide economiche già poste dalla crisi sanitaria ai professionisti australiani. A Tristan Wong e Jefa Greenaway – direttori creativi della mostra “In | Between” dedicata alle connessioni fra le culture indigene del Paese – l’istituto promette la continuazione della collaborazione per valorizzare “una risposta davvero suggestiva” al tema posto da Hashim Sarkis.

Più ottimistica la risposta del Padiglione Russia che sta trovando delle strategie alternative per raccontare il loro lavoro e la loro ricerca attraverso progetti online. Il padiglione Russia, guidato da Teresa Iarocci Mavica (V-A-C Foundation) e curato da Ippolito Pestellini Laparelli, sta portando online gran parte dei contenuti di “Open! Program”. A inaugurare l’iniziativa sono stati i podcast, e seguiranno playlist, proiezione di film e piattaforme di gioco, che saranno tutti raccolti e liberamente fruibili nel sito del Padiglione.

Immagine di apertura: Alison Brooks, ”Axonometric,” Home Ground, 2020. Courtesy Alison Brooks Architects
Immagine di anteprima: il Padiglione Italia, esterno. Foto Roberto Galasso

Studio Ossidiana, Variation on a Bird Cage, 2019-20. Courtesy Studio Ossidiana