A fine Sessanta il designer finlandese Matti Suuronen mette in commercio il suo prototipo di casa prefabbricata, la Futuro House o Futuro Pod. Un’abitazione avveniristica dalla forma di un disco volante di otto metri di diametro che racconta di come in quegli anni si guardasse allo spazio (o alle sue trasposizioni televisive e cinematografiche) per progettare il vivere del domani.
Nel gennaio 1971, Domus 494 pubblica il progetto di un appartamento figlio dello stesso concetto. “Milano: la casa vip di un designer vip”, ovvero l’abitazione progettata da Joe Colombo per sé stesso. “Una casa-prototipo. Una casa per ricevere e per dimostrare. E in cui Colombo sperimenta, e illustra, la sua capacità inventiva.”
L’ambiente, annota Domus, insegue una segretezza progettuale pur contando su una superficie tutt’altro che intima. Per esempio, “Il letto chiudibile è ermetico come una capsula, e il tavolo girevole è a scomparsa”.
Ad aumentare la sensazione di capsula, astratta dal più ampio contesto cittadino e, viceversa, inserita in un discorso iconografico extra-urbano, anzi extra-terrestre, è l’adozione di tende Luvar che “cancellano le finestre” e superfici rivestite in laminato bianco Print. Analogamente, librerie e mensole ricavate nelle pareti sono schermate da pannelli in laminato plastico paralleli, accessibili dal lato.
La dimensione effimera dell’ambiente è esaltata da una parete divisoria scorrevole in plastica cromata che separa, in funzione delle necessità abitative, l’ambiente letto da quello cucina. Questi due spazi vengono visti da Domus come “macchine” che trasformano le “due zone dell’alloggio in due oggetti”.
La marcata modularità del progetto è anche un esercizio di innovazione progettuale dinanzi a una superficie di 90 metri quadrati. Esso trova riscontro nella seconda delle “macchine”, un "contenitore pranzo-bar-portapipe (rotoliving)”, più stazione di comando e “posto per mangiare” che vero e proprio spazio cucina a sottolineare l’idea figlia di quegli anni del cibo come processo veloce, utilitario e sistemico figlio della cultura del consumismo e dei primi supermercati.
Lo sottolinea la “piccola piastra scaldavivande” incastrata sulla superficie semicircolare del tavolo, poggiante su un basamento rotante che funge da bar.
A ribadire la versatilità domestica inseguita da Colombo, carrelli con ruote (una cifra del designer, assieme alle lampade OLuce della casa) e sedute “multichair” che, come illustra Domus, possono essere arrangiate in sei differenti maniere, e utilizzate tanto come sedie per cibarsi che come poltrone reclinabili su cui riposare.
L’appartamento di Joe Colombo trova riscontro nella cultura popolare del tempo, specialmente nel cinema in cui appartamenti dalla spiccata progettualità modulare e dalle superfici bianche raccontano un nuovo registro nella narrazione iconografica dello status quo domestico italiano – tra ricercatezza (La Pacifista), status symbol del grandeur borghese (Sissignore), op-art fantascientifica (La Decima Vittima) e iperboli che partono dalla casa di Monica Vitti e Giorgio Albertazzi in Ti Ho Sposato per Allegria e culminano nel tragicomico monolocale di Renato Pozzetto ne Il Ragazzo di Campagna.
Questo ci ricorda come l’effimero, tra Sessanta e Settanta, passasse anche attraverso una leggerezza del vivere, che si ritrova nella dimensione ludica della casa. Ne conseguono dunque stimoli progettuali figli del sodalizio che in quel periodo si instaura tra ricerca tecnologica e design. Ecco che la cifra “ermetica” del letto lascia simultaneamente spazio a quella del “divertimento, che prevale”.
“Il letto cabriolet con capote che si alza e si abbassa a comando elettronico, ha una testiera-cruscotto con luci programmabili (rosse, gialle, verdi) e accendisigari, telefono, ventilatore, reostati; il tutto è collegato da cavi elettrici che scendono dal soffitto, raccolti in un grosso tubo da aspirapolvere".
La volontà di esplorare l’ambito del design domestico con giocosità caratterizza anche un altro classico firmato Colombo, il CANDYzionatore premiato con il Compasso d’Oro nel 1970.
Non può mancare poi lo stimolo mediatico, in un periodo storico in cui il televisore diventa il totem laico della vita domestica. “È giusto che anche qua, dato che siamo in una civiltà condizionata dalla televisione, si possa mangiare guardando il video, ascoltare la radio, oppure cambiare il colore e la intensità delle luci”.
Colombo sembra così anticipare “La Casa Telematica”, installazione di Ugo la Pietra con Gianfranco Bettetini e Aldo Grasso alla Fiera di Milano 1983, “esperimento di verifica e contaminazione tra la crescente memoria elettronica e lo spazio domestico.”
Immagine di copertina: dettaglio da "Milano: la casa VIP di un designer VIP". Domus 494, gennaio 1971