L’iconica casa di moda festeggia quest’anno il suo primo secolo di attività. Per la presentazione della nuova collezione Alessandro Michele, l’attuale direttore creativo del brand, ha parlato dell’eredità e del “potere del marchio Gucci”. La storia della maison, però, ha avuto inizio da un giovane fiorentino, Guccio Gucci, classe 1881, figlio di artigiani con una bottega di cappelli di paglia. Appassionato di moda, dopo la Prima guerra mondiale, si trasferisce a Londra come uno dei tanti emigrati in cerca di fortuna, trovando impiego come ascensorista nel prestigioso Hotel Savoy. Ed è proprio dal Savoy, nel frattempo reinventatosi come club notturno, che Michele riprende il filo narrativo per raccontare Gucci Aria, registrato negli studi di Cinecittà a Roma e co-diretto da Floria Sigismondi.
Riproponendo la sfilata di moda nei suoi elementi più canonici – passerella, fotografi, modelli – i quindici minuti di cortometraggio ci lanciano in una dimensione asettica ma, dono un anno e più di confinamento nelle mura domestiche, quasi chimerica: un tunnel bianco con pareti punteggiate, come una seconda pelle, da fotocamere di ogni tipo e luci.
Genealogia Gucci: “Adorno dunque sono”
Con la presentazione della nuova collezione Gucci Aria e in occasione del centenario del brand, ripercorriamo il percorso del direttore creativo Alessandro Michele, con l'aiuto dell’archivio di Domus.
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- Romina Totaro
- 21 aprile 2021
Il traguardo difficile di questa collezione è stato quello di ripercorrere un passato denso ma senza cadere in nostalgie. La passerella ripercorre, dunque, le ispirazioni e i tagli che hanno reso celebre il brand nei diversi decenni: dai riferimenti equestri, alle dive di Hollywood, da completi distintivi Tom Ford – direttore creativo del brand dal 1994 al 2003 – , alla sapienza sartoriale fino ad arrivare alla citazione Balenciaga, compagna della scuderia Kering. Questi look hackerati appaiono accanto ad abiti che incarnano i codici Gucci: silhouette anni ’70, elementi bondage e accenni al mondo equestre appaiono ovunque. Lo stilista, riflettendo sui cento anni del marchio, ha voluto includere elementi di come immagina “la mitologia del marchio”.
Courtesy Gucci
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Ma di questa genealogia del brand portata avanti da Alessandro Michele ne avevamo già parlato nell’inserto Domus Moda 1014, un paio di anni dopo la sua nomina come direttore creativo. “Inesorabile facitore e disfacitore di inaudite congiunzioni e mirabolanti intrecci spazio-temporali, Michele è irrotto sulla scena, dalle retrovie, ai primi del 2015, innescando un’onda d’urto che ha colpito ovunque, in alto e in basse, imponendo una nuova ontologia: adorno dunque sono” scrive Angelo Flaccavento. “Nel suo immaginario fremente, dramma elisabettiano e Roberta di Camerino, Walter Albini, escapismo disco e B-movie, maschio e femmina vanno a braccetto, in una celebrazione post-moderna del collage che glorifica il reietto e lo strano. Per Michele, creare vuol dire nuotare in un immenso oceano di compresente antistoriche: il suo linguaggio contempla la ripetizione perché è una Weltanschauung o un modo, prima ancora che moda.” (Domus 1014, 2017)
Autentico e appassionato, concentra l’attenzione sull’abbellimento e sullo stilino, ovvero sull’assemblaggio o sul look, portando avanti una rivolta androgina, meticcia e spuria che mina alle fondamenta la rigidità totale del pensiero dicotomico
Intravediamo quindi da subito questa tendenza al disfare, all’assemblaggio di riferimenti e citazioni: un entitivo di reinterpretare un ricco héritage tanto impegnativo da rappresentare, quanto di fondamentale e continua ispirazione, come un infinito vocabolario di segni e motivi da reinterpretare e riassemblare per raccontare storie sempre nuove. Sempre il Domus 1014 Maria Luisa Frisa va alla ricerca di una definizione pertinente e attuale di cosa è moda, facendo emergere con chiarezza la centralità del progetto nel rapporto complesso tra abito e corpo. “Il corpo è materia viva, è disobbediente, è soggetto al passare del tempo e insieme alla inquieta percezione che abbiamo di noi stessi. La moda è lo strumento che l’uomo ha per controllarlo e per rendere cultura la natura” scrive la critica nonché curatrice del Gucci Garden a Firenze. “La pratica del direttore creativo – la figura attorno a cui si costruisce la definizione di progetto di moda dagli anni Novanta a oggi – è assimilabile a quella del curatore. È ricerca, comprensione, selezione e riproposizione. Progetto per il direttore creativo, significa mappare tutte le regioni che costituiscono il suo territorio d’azione: l’iteritage da un lato, l’innovazione dall’altro, da una parte la qualità materiale, dall’altra l’immediatezza dell’immagine. Penso a quello che stanno facendo Alessandro Michele per Gucci, Maria Grazia Chiuri per Dior, Raf Simons per Calvin Klein.”
Persino Italo Rota definisce l’intera azienda del brand come una filiera con un’identità precisa e costante. “Non so se Alessandro Michele sia un genio, ma di sicuro è una superintelligenza, e come tutti i super intelligenti conosce, capisce, seleziona e ricompone” afferma durante un’ntervista l’architetto. “E questo tipo di lavoro oggi è un’operazione fondamentale, molto più pertinente di quella di un creativo geniale che si sveglia alla mattina e fa uno schizzo. Chi ha dei pensieri molto organizzati può mettere insieme tutto un ciclo produttivo stando seduto a un tavolo, e quindi arrivare immediatamente a risultati strabilianti”. (Domus 1014, 2017)
Da Gucci sembra che tutte le persone e le risorse interne lavorino insieme per raggiungere un obiettivo comune.
Immagine di apertura: Gucci, Autunno/Inverno 2017. Courtesy Gucci. Pubblicato originariamente su Domus 1014