È notizia di questi giorni che Dyson ha messo a punto un nuovo ventilatore, dopo aver ricevuto un ordine dal governo britannico per la produzione di 15.000 pezzi. Nel frattempo, anche Gtech, un altro produttore di elettrodomestici del Regno Unito, sta lavorando a un prototipo di macchina per ventilazione assistita per rispondere alla medesima richiesta del governo. Negli Stati Uniti, Ford si unisce ad altre case automobilistiche, come Tesla e General Motors, che hanno già riconvertito i propri impianti messi al minimo a causa degli effetti che la pandemia sta avendo sulla domanda dei consumatori. Il governo spagnolo ha fatto sapere che Navantia e Airbus stanno lavorando per produrre apparecchiature per la respirazione artificiale. In Germania, dove la disponibilità di ventilatori per la terapia respiratoria intensiva era già buona all’inizio dell’epidemia, la società tedesca Draegerwerk che sviluppa e produce apparati e sistemi tecnologici in ambito medicale produrrà, su ordine del governo, 10.000 ventilatori, l’equivalente alla normale produzione di un anno. Intanto in Italia, accanto agli sforzi di riconversione soprattuto dei brand di moda, i laboratori di makers stanno salvando centinaia di vite rispondendo con la stampa 3d, in tempi incredibilmente brevi, alla crescente domanda di macchinari per la respirazione assistita di pazienti affetti da Covid-19 che non riusciva a essere assolta dalla catena di produzione e distribuzione globale, messa in ginocchio dall’espandersi del contagio. Perché questo piccolo miracolo di autoproduzione è stato possibile proprio in Italia? L'abbiamo chiesto a Massimo Temporelli, fondatore di The FabLab e tra le figure chiave di questo processo. Secondo Temporelli, “in Italia, più che in altri Paesi, la micro impresa è nel DNA delle famiglie e il sapere artigianale è più presente che altrove”. Questa elevata capacità sartoriale sembra essere l’elemento che distingue la fisionomia della risposta che la filiera produttiva italiana ha saputo dare alla mancanza sul territorio di dispositivi sanitari per la terapia intensiva nell’emergenza Covid-19.
Charlotte: com'è nata la valvola anti-Covid19 italiana, “sartoriale” e stampata in 3D
Continua in Italia la fabbricazione di valvole d’emergenza per respiratori realizzate con stampanti 3D, mentre altri governi attrezzano la produzione industriale per rispondere alla domanda. Massimo Temporelli di The FabLab ci racconta come è stato possibile questo piccolo miracolo di autoproduzione italiano.
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- Giulia Guzzini
- 31 marzo 2020
Ma vediamo come è andata. Nella fase iniziale della diffusione del contagio da Covid-19 in Lombardia, Brescia è stata una delle province più colpite. È qui che il 13 marzo scorso è partita la richiesta di approvvigionamento di valvole (tubo di Venturi) per i respiratori di rianimazione. All’ospedale di Chiari, in provincia di Brescia, le valvole stavano finendo e il fornitore non poteva procurarne altre in tempi brevi. È stato così che Nunzia Vallini, direttrice del Giornale di Brescia, ha contattato Massimo Temporelli che a sua volta, non potendosi muovere agilmente da Milano, ha coinvolto un’azienda del territorio bresciano che ha preso la valvola dall’ospedale e in poche ore l’ha ridisegnata e poi prodotta con una stampante 3d. Questo era il primo pezzo che è stato realizzato da Isinnova, una startup bresciana fino a quel momento poco conosciuta.
L'elevata capacità sartoriale sembra essere l’elemento che distingue la fisionomia della risposta che la filiera produttiva italiana ha saputo dare alla mancanza sul territorio di dispositivi sanitari per la terapia intensiva nell’emergenza Covid-19.
Il proprietario del file originale della valvola Venturi è un’azienda americana che non poteva condividere i disegni per politiche aziendali, il reverse engineering della valvola l’ha fatto Cristian Fracassi, ingegnere e fondatore di Isinnova. Il file non è stato condiviso in open source perché è un disegno complesso che non può essere replicato con stampanti 3d comuni ma con macchinari sofisticati e poco diffusi, tanto che Isinnova e The FabLab realizzano i pezzi attraverso due aziende della filiera semi industriale che li stanno stampando gratuitamente – Lonati per l’area di Brescia e Idea factory per quella di Milano – e stanno continuando a evadere le richieste nelle loro zone (Bergamo, Brescia e Milano).
Qualche giorno dopo il successo del venturimetro, Cristian Fracassi è stato contattato da un ex primario dell’Ospedale di Gardone Valtrompia, Renato Favero, che ha condiviso un’idea per far fronte alla possibile penuria di maschere C-PAP ospedaliere per terapia sub-intensiva, che sta emergendo come concreta problematica legata alla diffusione del Covid-19: la costruzione di una maschera respiratoria d’emergenza riadattando una maschera da snorkeling già in commercio. Il resto è già storia: la multinazionale francese che aveva a catalogo la maschera da snorkeling Easybreath si è resa disponibile a collaborare, su richiesta della Regione Lombardia, fornendo il disegno CAD della maschera che è stata smontata, studiata e sono state valutate le modifiche da fare. Quindi è stato disegnato il nuovo componente per il raccordo del respiratore, che è stato chiamato da Isinnova valvola Charlotte, e che è stato stampato in poco tempo tramite stampa 3d. Il prototipo è stato testato su una persona sana all’Ospedale di Chiari, agganciandolo al corpo del respiratore e si è dimostrato funzionante. Il disegno della valvola Charlotte è relativamente semplice e può essere stampato con macchine 3d ordinarie. Tutti i laboratori di stampa 3d su territorio nazionale sono in grado di stamparla. “L'adesione dei makers per l'urgenza su Brescia è stata incredibile,” – si legge sul sito di Isinnova – “privati e aziende si sono resi subito disponibili a stampare i pezzi che servivano. Sono arrivati i primi pezzi e nei prossimi giorni arriveranno anche gli altri fino a quota 500 kit, che consegneremo alla Protezione Civile.” La call su Brescia è stata chiusa.
Oltre a una piccola fornitura iniziale, è notizia di questi giorni che Decathlon Italia ha donato allo Stato italiano 10.000 maschere che saranno distribuite attraverso le Regioni e gli assessorati interessati. “Ora si sente la necessità di un coordinamento nazionale”, ci dice Massimo Temporelli, “vorremmo che la Protezione Civile entrasse in campo per mettere in relazione il grande sforzo dei laboratori di stampa 3d su territorio nazionale con le concrete esigenze sanitarie che emergono localmente nelle singole regioni italiane”. In mancanza di un canale diretto con la Regione, i tecnici, i fablab e i makers con competenze di fabbricazione digitale sono chiamati a iscriversi sul sito dell’associazione Make in Italy per creare una rete nazionale. “Vi chiedo”, continua Temporelli in un post su Facebook di venerdì scorso, “di coordinare l’azione di stampa e montaggio tra i vari laboratori locali, facendo un cluster regionale. Parallelamente, è fondamentale creare un canale di comunicazione con la vostra Regione per ritirare, modificare e poi distribuire le maschere.” Il localismo rischia di compromettere la scalabilità di questo progetto. “Dove sono gli Hub tecnologici? Abbiamo delegato la manifattura al resto del mondo. Non sarebbe bene avere dei centri funzionali nei territori per la produzione di oggetti che possano servire?” Questo si chiede oggi Temporelli e con lui gli attori principali di questo piccolo miracolo italiano. Se possiamo imparare una lezione da questa storia è che oltre alle buone idee e alla capacità di realizzarle, serve una maggiore centralizzazione e la condivisione delle esperienze per capitalizzarne il valore.
- valvola Charlotte
- valvola per respiratore
- Isinnova
- 2020