Ci sono pochi prodotti che possono fregiarsi meritatamente del titolo di spartiacque. Uno di questi è la Canon T90, una fotocamera nata oltre trent'anni fa, nel 1986, che però sembra uscita solo da qualche mese. Il merito è della matita che l'ha disegnata, quel Luigi Colani scomparso nel settembre 2019 che con il suo stile biodinamico è riuscito a trasformare per sempre il mondo fotografico. Prima della T90 le macchine più diffuse erano squadrate e seguivano nelle forme l'andamento della pellicola che usciva dal rullino per venire impressa. Basta vedere la Canon A-1 o anche la precedente T70 per rendersene conto: sembravano scatoline con un obiettivo.
Canon T90, il biodesign di Luigi Colani al servizio della fotografia
Una fotocamera che negli anni ’80 fa ha fatto da spartiacque. Prima le macchine più diffuse erano squadrate e seguivano nelle forme l'andamento della pellicola.
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- Alessio Lana
- 20 gennaio 2020
L'introduzione di controlli digitali, la progettazione al computer e l'adozione di macchine a controllo numerico hanno consentito al designer di osare oltre l'ordinario.«Mi ci sono voluti due anni per dire loro [Canon] che una macchina fotografica è un cosa che sta tra la mano umana e l'occhio umano, quindi doveva avere un'ergonomia su entrambi i lati!», raccontò Colani nel 2009 al magazine Interview. Il primo passo erano stati i materiali: il policarbonato utilizzato al posto di metallo e plastica permetteva di plasmare forme nuove, sinuose ed ergonomiche. Ecco quindi che l'impugnatura destra non è più piatta ma esce prepotente dal corpo macchina per permettere al fotografo di avere la presa salda in ogni situazione. La plasticità di questo materiale e nuove tecnologie di scatto avevano permesso a Colani di inserire anche sopra l'impugnatura un piccolo display Lcd con le informazioni più importanti. La T90 era una macchina che serviva l'umano e non viceversa, poteva essere usata a occhi chiusi e con una mano sola e non a caso già al lancio conquistò il cuore dei professionisti, in particolare dei fotogiornalisti e di chi scattava in situazioni poco tranquille. La chiamavano The Tank, proprio per sottolinearne l'anima dura e pura.
Sono ovviamente le curve a rivelare la personalità di Colani all'interno di questa reflex 35 millimetri. Se nella versione definitiva la T90 è sinuosa ed ergonomica, nel concept la firma del designer esplode letteralmente, lanciando forme che fanno pensare a una manta nel mezzo di una repentina virata. Le rotondità erano troppo esasperate ma sono state attenuate nel prototipo. Chiamato T99, è il capostipite di un form factor che troviamo ancora diffuso a trent'anni di distanza: non solo su tutta la linea Eos di Canon ma in tanti prodotti della concorrenza. Le somiglianze estetiche tra il vecchio e il nuovo sono evidenti e c'è anche il design modulare, con la scocca a cui aggiungere degli accessori come l'impugnatura porta batteria.
Nella sua energia creativa, Colani aveva ritoccato anche l'obiettivo. Considerato come una componente intoccabile, dalla forma sempre uguale fin dalla nascita della fotografia, nella visione di Colani perdeva la classica forma a barilotto e guadagnava un'appendice che dalla lente arrivava in diagonale fino alla base. Permetteva quindi alla mano sinistra di impugnare meglio la macchina, di afferrarla proprio come un fucile. Quell'idea verrà accantonata sulla T90 e sulle successive macchine a obiettivo intercambiabile ma non andrà del tutto perduta. La ritroveremo infatti nelle bridge, quegli ibridi che hanno contraddistinto la fotografia tra gli anni '80 e il primo decennio del Duemila.