Conosciuto come “l’artigiano del lusso”, Raphael Navot è un nome interessante del design contemporaneo. Israeliano, classe 1977, si è diplomato alla Design Accademy di Eindhoven nei Paesi Bassi. Sempre impegnato su diversi fronti in cui esprimere la sua creatività, Navot ama definirsi un designer versatile, con un approccio multidisciplinare al settore e alla progettazione. Si muove con disinvoltura nell’architettura d’interni, associando metodi artigianali e savoir-faire contemporaneo, realizzando mobili su misura per ciascuno dei suoi progetti. Non solo. Per la prima volta, con il marchio francese Roche Bobois, il designer ha disegnato una collezione completa di arredi caratterizzata da forme organiche che fanno eco al linguaggio del corpo. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare più da vicino il suo universo creativo e progettuale.
Intervista a Raphael Navot, l’artigiano del lusso
Il designer israeliano racconta il suo metodo artigianale che punta all’eccellenza, la sua predilezione per i materiali naturali e l’importanza degli spazi in relazione con il corpo.
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- Paolo Briscese
- 06 giugno 2019
Foto Vincent Leroux
Foto Vincent Leroux
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Foto Vincent Leroux
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Foto Jérome Galland
Foto Jérome Galland
Foto Jérome Galland
Foto Jérome Galland
Foto Jérome Galland
Come ti sei avvicinato al mondo del design?
È il corso degli eventi ad avermi portato a diventare un designer. In realtà stavo cercando una scuola di architettura in Europa e ho scoperto la Design Academy di Eindhoven per caso. Mi sono innamorato della scuola all’istante. Enormi spazi bianchi, studenti da tutto il mondo, insegnanti con una solida carriera alle spalle. Insomma, questo posto non avrebbe potuto essere più allettante per me. Mi sono reso conto che il design è un campo abbastanza ampio e sufficientemente diversificato da permettermi di poter crescere.
Qual è stato il primo oggetto che hai disegnato?
Penso fosse una scatola. Ero un adolescente, tecnicamente era ben fatta ma esteticamente orribile perché cercavo di inserire il maggior numero di dettagli da tutti i punti di vista: angoli curvi, cerniere complesse, rivestimento metallico, ogni sorta di ornamento. Non sapevo dove finisse la creatività per lasciare il posto al kitsch. Una parte del mio esercizio mentale era capire quando fermarmi. Ancora oggi una sfida per me.
Che cosa ti affascina di questo mestiere?
Uno degli aspetti più potenti di questa professione è che gli oggetti, i mobili, gli spazi, sono tutti usati e vissuti. Tradurre un’idea in un elemento fisico è un vero piacere, il fatto che quell’elemento sia usato in modo positivo è un piacere doppio. Un altro aspetto interessante è la possibilità di raccontare una storia. Ogni volta diversa. Quindi, in realtà, quello che hanno in comune questi racconti sono i valori che impariamo a proteggere ogni volta sempre meglio. Sono ancora sorpreso dalla quantità di storie a cui è possibile dare vita concreta.
Dal punto di vista creativo, come nasce un tuo progetto? Da dove provengono le ispirazioni?
Tendo a immaginare che gli spazi siano già lì, che i progetti esistano già, quindi tocca a me svelarli. Soprattutto per l’architettura d’interni. Credo che lo spazio abbia una volontà propria, che l’ambiente abbia un desiderio da realizzare, che la storia ci porti degli indizi, e gli artigiani abbiano un altro pezzo di questo puzzle. Il mio ruolo è quello di accompagnare i proprietari a scoprire quale espressione si adatti meglio al loro spazio. Ricercando e definendo i valori da esaltare, ci avviciniamo al DNA generale e una volta che diventa chiaro, lo spazio mostra sé stesso in un processo di progettazione fluido.
Come definiresti la tua estetica?
Mi riservo il diritto di cambiare e di evolvere. Questo è il motivo per cui non sono sicuro che la mia estetica sia facilmente identificabile con una materia o una forma. Metto “la persona” al centro del mio lavoro, quindi i pezzi o gli spazi devono essere in relazione con il corpo e ispirare un’atmosfera accogliente. Sono affascinato da vari mestieri, anche se sono molto attratto dai materiali naturali come il legno e il bronzo: invecchiano così bene (sorride). Sono un grande miscredente delle “tendenze”, trovo che sia un’energia passeggera che bolle in superficie, quindi evito idee veloci o slanci allettanti che potrebbero portarmi fuori strada. Penso che optando per oggetti e spazi senza tempo, ci prendiamo più cura di un futuro autenticamente sostenibile.
Qual è il tuo rapporto con le materie prime? E come si sviluppa la relazione tra materiale e design?
È una relazione molto dinamica perché la caratteristica di ciascun materiale, una volta valorizzata con il know-how disponibile, offre tantissime opzioni. Cerco di inserire materiali grezzi e poco elaborati nei progetti e spingo il limite dell’artigianalità fino al punto in cui diventa eccellenza, senza perdere di vista ciò che conta di più. Sono consapevole dei nuovi metodi di produzione e li rispetto quando diventano essenziali, non ho bisogno di andare alla ricerca del “nuovo” a tutti i costi. Ci sono molte tradizioni e modi di produzione che soddisfano tutti i requisiti e con i quali riusciamo a realizzare il meglio.
Metto “la persona” al centro del mio lavoro, quindi i pezzi o gli spazi devono essere in relazione con il corpo e ispirare un’atmosfera accogliente. Sono affascinato da vari mestieri, anche se sono molto attratto dai materiali naturali come il legno e il bronzo
Non è un caso, infatti, che sei stato definito l’artigiano del lusso. Che rapporto hai invece con il mondo digitale?
Oggi è diventato un lusso poter lavorare con materiali naturali come legno massiccio, bronzo fuso o pietre naturali. Siamo nel mezzo di un’epoca democratica in cui mobili e oggetti sono ugualmente disponibili per molti, mentre gli oggetti preziosi richiedono spesso l’artigianalità e la personalizzazione. In questo modo, il design di lusso oggi può essere definito in base al tempo che viene dedicato all’oggetto. Allo stesso tempo, uso la piattaforma digitale come base concettuale per ogni progetto. In questo modo, la tecnologia ci risparmia un’enorme quantità di tempo per calcolare o simulare l’idea che abbiamo in testa. Una volta che l’elemento è stato creato, c’è spesso una grande quantità di lavoro sia manuale che artistico che non richiede necessariamente l’utilizzo di macchinari.
Al Salone del Mobile, hai presentato Nativ, una collezione che hai immaginato per il marchio francese Roche Bobois. Com’è nata questa collaborazione?
Sono stato invitato da Nicolas Roche (direttore delle collezioni di Roche Bobois) a disegnare complementi d’arredo per l’azienda, dopo che ha visto alcuni miei lavori. E’ stata una vera sfida per me passare dalla progettazione su misura a quella in serie. Ho iniziato a disegnare e scambiare idee con il team di Roche Bobois e quelli che dovevano essere pochi pezzi sono diventati un micro-universo di mobili accomunati dal tema “Nativ”.
Quali sono le peculiarità?
Volevo creare una collezione sorprendente. Qualcosa che fosse necessario e desiderato a casa propria. Il comfort era una delle principali intenzioni. Un’altra sfida consisteva nel realizzare il maggior numero possibile di pezzi con materiali naturali e questo ha sollevato molte discussioni sulle tempistiche di realizzazione e sul budget. Alla fine siamo riusciti a utilizzare la quercia massiccia e il noce, pellami non lavorati e a combinare polvere di cemento e ceramica.
C’è qualche designer che stimi particolarmente?
Sono affascinato da artisti come Byung Hoon Choi, designer come Faye Toogood e architetti come Peter Zumthor.
Secondo te, a quali esigenze deve rispondere il design, estetiche o funzionali?
Tutte e due! Si stringono la mano (sorride). Scegliere solo uno dei due darebbe vita a un design sterile. Credo che abbinare entrambi questi aspetti sia di fatto l’essenza stessa del design. Non è questa la sua vera natura?
Infine, cosa cambieresti nella scena attuale del design contemporaneo?
Anche se la scena del design contemporaneo è dinamica, eccitante e molto diversificata, mi manca la semplicità. Il buon design vecchio stile, senza tempo. In generale, sembra che la ricerca di forme belle sia meno importante della necessità di seguire le tendenze del momento. Forse a causa di richieste industriali o di marketing, i progettisti non impiegano tempo (o non hanno tempo) per approfondire le loro ricerche sulla forma. È una questione soggettiva, naturalmente, ma credo che ci manchi l’essenziale, il silenzio. Mobili e interni semplici, accoglienti e che non richiedono comfort decorativo.
Immagine di apertura: Ritratto di Raphael Navot. Foto Vincent Leroux
- Raphael Navot