La nuova penisola artificiale di Montecarlo, con Renzo Piano, Tadao Ando e tanti altri

Mareterra aggiunge il 3% di territorio al piccolo ma ricchissimo principato, puntando su biodiversità, innovazione costruttiva e sull’architettura di grandi nomi internazionali.

Per l’ottava volta nel corso della sua storia, il territorio del Principato di Monaco cambia forma ed estensione grazie al più recente dei suoi quartieri emersi dalle acque, Mareterra. Sviluppato nell’arco di dieci anni, il distretto si divide equamente in tre ettari di spazi privati e tre di spazi pubblici pedonali. Grandi studi di architettura, come Renzo Piano Building Workshop, Valode & Pistre Architectes, Foster + PartnersStefano Boeri Architetti e Tadao Ando, sono stati coinvolti per la progettazione dei nuovi edifici costruiti sui terreni ricavati dal mare attraverso un processo innovativo di land reclamation. Il piano paesaggistico di Mareterra, particolarmente attento alle questioni della biodiversità, è stato curato dallo studio Michel Desvigne.

Lembo di terra di due chilometri per uno, stretto tra la montagna ed uno dei più bei golfi del Mediterraneo, Montecarlo incarna la complessità e i paradossi di chi deve mediare tra la preservazione di un territorio di pregio e la risicata disponibilità di lotti da attribuire al proprio sviluppo immobiliare. L’esiguità della sua estensione, che conta 18.600 abitanti per chilometro quadrato, fa del Principato di Monaco lo Stato più densamente popolato al mondo. Negli anni, l’aumento del numero di residenti, dovuta in gran parte all’attrattività della politica fiscale oltre che all’aura di esclusività di cui Montecarlo è sinonimo, ha reso necessario individuare soluzioni particolarmente audaci per rendere concretizzabili, grazie all’ingegneria, le dinamiche di crescita auspicate. 

Mareterra, Monaco. Foto © Hufton+Crow

“La grandezza di un paese non si misura dalla sua taglia ma dalla sua ambizione”, ha dichiarato il Principe Alberto II di Monaco nel suo discorso di inaugurazione di Mareterra: una visione di lungo corso, la sua, in continuità con quanto già messo in atto sotto i regni precedenti. Il Principato è stato infatti tra i primi a scommettere sulla costruzione di terre artificiali strappate al mare. Tra il 1907 e il 1920, tre nuovi porti – Fontvieille 1, Hercules Port 1 e Hercules Port 2 – sono stati costruiti lungo il suo perimetro costiero. Tra il 1966 e il 1973, invece, ha preso forma il più ambizioso quartiere di Fontvieille 2, un’espansione di 23 ettari che ha dotato la città di ulteriori edifici residenziali e commerciali, a cui fa seguito il progetto di Larvotto 2 per altri 15 ettari. Mareterra arriva a conclusione di questo processo di rimodellamento del fronte della costa. Con i suoi sei ettari di terra emersa, è probabilmente l’ultimo ampliamento a cui il Principato potrà ricorrere, come raccontano le autorità nel corso dell’inaugurazione del progetto: troppi, oramai, i vincoli urbanistici e ambientali che mettono un freno di fatto insormontabile al proprio sviluppo sull’acqua.

Mareterra, Monaco. Foto © Loïc Thébaud

La sostenibilità è infatti un presupposto continuamente chiamato in causa nel racconto delle tappe del cantiere di Mareterra, in particolare per quanto riguarda la biodiversità marina. L’organismo monegasco deputato al monitoraggio dello sviluppo di Mareterra, URBAMER, ne ha fatto un principio vincolante: al netto degli interventi costruttivi sul fondale, certamente imponenti, il tessuto naturalistico della costa avrebbe dovuto essere il più possibile preservato. Nelle primissime fasi progettuali, sono i dati emersi dagli studi preliminari di impatto ambientale, in particolare quelli relativi alle dinamiche delle correnti marine e la profondità del fondo, ad aver determinato il disegno del profilo del nuovo fronte costiero. Ed è per rispettare la presenza e le caratteristiche della flora autoctona che la posidonia sul fondo marino, insieme ad alte specie, sono state trapiantate altrove. Solo successivamente, diciotto cassoni costruiti a Marsiglia sono stati impiantati sul fondo del mare, venendo a determinare un argine in cui immettere e poi ricompattare le 27.000 tonnellate di blocchi di roccia e le 750.000 tonnellate di sabbia, provenienti dalla Francia e dalla Sicilia, che avrebbero costituito il nuovo territorio artificiale. Prima del drenaggio dell’ansa, i pesci sono stati allontanati per impedirne la moria; a fianco, le riserve marine di Larvotto e Spélugues sono state protette attraverso l'installazione di schermi anti-torbidità e l'adeguamento dei programmi di dragaggio per ridurre il rischio di diffusione dei sedimenti. I cassoni sono stati successivamente raschiati a mano per facilitare l’insediamento di alghe, un primo passo per ricreare un ecosistema favorevole alla vita.

Mareterra, Monaco. Foto © Hufton+Crow

In questo nuovo lembo di terra artificiale, un edificio, il Le Renzo, svetta sulla passeggiata pubblica del molo, richiamando morfologia e materiali dell’architettura navale. Il nome, come è facile intuire, è un omaggio esplicito a chi l’ha costruito, lo studio di Renzo Piano. Eretto su pilotis e rivestito di alluminio marino bianco, è concepito come un filtro capace di permettere un’osmosi tra l’orizzonte del mare e la montagna retrostante. La facciata, distinta dalla presenza di balconi che si affacciano sull’orizzonte, crea un disegno particolarmente armonioso grazie all’inserimento di barre verticali in bilanciamento. Joost Moolhuijzen e Erik Volz di Renzo Piano Building Workshop raccontano a Domus: “Con Le Renzo abbiamo parzialmente condannato la vista dal vecchio lungomare: il nostro obiettivo era dunque quello di restituirla. Questo è il motivo per cui abbiamo rialzato l'edificio, così da far vedere l'orizzonte. Ricondurre il concetto dell’edificio ad un semplice riferimento a una nave sarebbe però troppo banale: l’idea va oltre. Si tratta piuttosto di come la luce viene catturata e portata nello spazio in modo morbido e naturale, creando un ambiente generoso e accogliente, oltre che accessibile al pubblico”.

La sostenibilità è un presupposto continuamente chiamato in causa nel racconto delle tappe del cantiere di Mareterra, in particolare per quanto riguarda la biodiversità marina.
Mareterra, Monaco. Courtesy Rpbw

Dal Le Renzo inizia infatti una passeggiata pubblica che delimita tutto il nuovo terrapieno, contenendo ed integrando altri edifici tra una ricca vegetazione mediterranea. Eretti su un terrapieno artificiale e circondati da 1500 alberi ad alto fusto provenienti dai vivai della provincia di Pistoia, gli edifici di Valode & Pistre e le ville di Foster, Boeri e Ando, affacciate sul mare come le prime ville novecentesche della leggendaria French Riviera – la Côte d’Azur – beneficiano di una calma e di un contatto ravvicinato con la natura che appare impensabile per tutta l’edilizia retrostante, fatta di palazzi e torri privi di qualità architettonica di pregio, costruiti l’uno sull’altro nel corso degli ultimi decenni.

Foto © Hufton+Crow

Se il masterplan generale è stato progettato Valode & Pistre, l’intervento paesaggistico è invece a firma di Michel Desvigne. La continuità con la vegetazione della costa è l’elemento distintivo che ha caratterizzato il suo intervento. Il suo linguaggio, non manierista, prende le distanze e dal gusto provenzale e dai giardini esotici della Costa Azzurra: l’obiettivo, racconta Desvigne, è quello di “garantire l’inserimento efficace di un sistema naturale in un contesto artificiale. Affinché questo sia possibile, la creazione di un suolo fertile è essenziale, nonché importante per l’adattamento climatico. I trentamila metri cubi di terra utilizzati per Mareterra sono la premessa che permette di ricreare biodiversità e umidità tipici di un ecosistema mediterraneo”. A beneficiare del nuovo parco dovrebbe essere, nelle intenzioni della committenza – la società l'Anse du Portier – tutta la cittadinanza del Principato: in un territorio dove gli spazi verdi sono realmente esigui, questo nuovo ettaro permette un percorso pedonale tra alberi e arbusti accessibile a tutti, sfuggendo alla logica dei giardini delle gated community dove a primeggiare è la tutela della privacy di comunità privilegiate.

Ricondurre il concetto dell’edificio ad un semplice riferimento a una nave sarebbe però troppo banale: l’idea va oltre. Si tratta piuttosto di come la luce viene catturata e portata nello spazio in modo morbido e naturale, creando un ambiente generoso e accogliente, oltre che accessibile al pubblico.

 Joost Moolhuijzen e Erik Volz di Renzo Piano Building Workshop

Valode & Pistre Architectes, Masterplan Mareterra. Courtesy Valode & Pistre Architectes

L’operazione Mareterra è una leva promozionale significativa per il Principato: un modo di testimoniare, come ha affermato la Ministra ai Lavori Pubblici, all’Ambiente e allo Sviluppo Urbano Céline Caron-Dagion, che “possiamo costruire sull’acqua in modo fattibile, economicamente sostenibile e virtuoso”, lasciando in eredità un caso studio di riferimento per le espansioni costiere a venire. Dietro le implicazioni tecniche e di sostenibilità, arriva poi l’aspetto economico. La costruzione di 110 appartamenti, di dieci ville e 4 townhouse, per un totale di tre ettari di spazi privati, insieme all’espansione del Grimaldi Forum, il palazzo dei congressi di Monaco, porteranno nuovo dinamismo oltre che un gettito consistente nelle casse del Principato attraverso l’IVA sull’acquisto delle proprietà, che corrisponde al 20% sul prezzo di vendita. Un importo non trascurabile stando ai prezzi che, nel corso degli anni, numerose fonti stampa hanno fatto filtrare: per accedere alle più agognate residenze di Mareterra è necessario corrispondere tra i 100.000 e i 120.000 euro per metro quadrato, circa il doppio del prezzo medio di riferimento di Montecarlo, già in testa alle classifiche per la proprietà privata più costosa al mondo.

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