New York. L’Akari di Isamu Noguchi: spazio e luce come materia di progetto

Due mostre indagano storia, presente e futuro della lampada Akari, poetica icona di carta, bambù e metallo disegnata nel 1951 e oggi reinterpretata da 5 designer contemporanei.

L’intera opera di Noguchi, dai progetti di paesaggio agli interni, dal design alle scenografie è un’estensione della sua ricerca sulla scultura. Allo stesso modo, le lampade Akari, per la prima volta oggetto di due mostre al Noguchi Museum di New York – “Akari. Sculpture by Other Means” e “Akari Unfolded: A Collection by Ymer&Malta” – non sono oggetti di design, ma il risultato della ricerca dell’artista su un più ampio concetto di spazio e di luce come materia di progetto. Quello delle Akari è uno spazio quasi immateriale, costruito con pochi elementi – washi, bambù, metallo – assemblati da sempre con la stessa tecnica artigianale, ma con infinite e impercettibili variazioni; estremamente semplificato in modo da poter entrare nel quotidiano, ma sofisticato al punto da sintetizzare “la tradizione estetica ereditata dal Giappone, che non crea distinzione tra oggetti pratici e opera d’arte”. “Per me, la funzione è solo una prima considerazione; il mio scopo principale è sempre stato l'arte in relazione alla vita. Io lavoro con la gamma di possibilità. La leggerezza e la fragilità sono intrinseche nell’Akari. Sembrano rivelare un mondo magico lontano da quello materiale”.

Gli “ambienti” ricostruiti nel museo-giardino voluto da Noguchi prima della sua morte rappresentano l’essenza del mondo Akari (che in giapponese significa “luce”): nelle parole del curatore Dakin Hart “ognuna è essenzialmente una stella al centro del proprio cosmo domestico. Non importa dove le metti, in una “macchina per abitare” o in una grotta – come il nostro sole, (le Akari) organizzano lo spazio, producono luce, calore e incoraggiano la vita; e, in generale, rappresentano la gloriosa e inesplicabile capacità di esistere. Tutto ciò che serve, come amava sottolineare Noguchi, è un’Akari in una stanza vuota per generare l’ineffabile concetto di luogo che chiamiamo casa”.

A scandire il trascorrere delle ore nelle sale del museo (il lavoro dello staff per tutta la mostra sarà quello di far dialogare la luce naturale con le Akari nel passaggio dal giorno alla notte) è l’intero universo Akari. Dalla sorprendente “nuvola”, un paesaggio di 94 Akari sferiche da soffitto di diverse dimensioni ispirate all’opera Obstruction di Man Ray (1921), imitazione e insieme omaggio alla natura nella sua sovrapposizione di forme e strutture in movimento, si passa a un secondo ambiente dove coesistono giustapposte su un piano libero forme diverse per scala, dimensione e struttura; una terza area è dedicata a materiali d’archivio e mostra le matrici in legno usate per modellare la carta (washi è un termine che indica la carta tradizionale giapponese, tra i cui impieghi c’è la fabbricazioni di shōji, le pareti divisorie nelle tradizionali stanze tatami). Infine, si possono ammirare le due “stanze” in cui Noguchi traghetta l’oggetto di design in una nuova dimensione progettuale. Emblematiche del pensiero dualistico di Noguchi, le “stanze” PL2 e 200D sono installate una di fronte all’altra: in questo dialogo tra pieno e vuoto, sospeso tra leggerezza e materialità, si percepisce il processo con cui luce si trasforma in spazio.

In cerca di un modo per allontanare l’Akari dalla definizione semplificata di oggetto, Noguchi crea negli anni Settanta un sistema basato su un modulo di due piedi per due retroilluminato utilizzabile in qualsiasi direzione: orizzontale diviene soffitto, verticale, parete. La stanza creata appositamente per la mostra, un cubo di otto piedi sorretto da una struttura in legno rivestita da 13 moduli Akari PL2, dimostra come l’idea di Noguchi possa essere utilizzata in modo radicale: la sua modularità imita la “variazione e ripetizione di strutture basiche” della natura e in questa sua ripetizione razionale si trasforma da oggetto ad ambiente costruito (o “modulatore di spazio-luce”, usando un termine coniato da László Moholy-Nagy).

L’Akari 200D viene costruita per il Padiglione Americano in occasione della Biennale di Venezia del 1986, all’interno della mostra chiamata provocatoriamente da Noguchi “What is Sculpture?”. È installata insieme ad altre 34 lampade Akari, di cui 13 progettate appositamente per la Biennale e siglate VB (Venice Biennale), e sculture di marmo e roccia grezza. Con i suoi due metri di diametro ingabbiati in una struttura in legno (riprodotta su modello dell’originale) e in soli due esemplari esistenti rappresenta una delle cellule più grandi dell’ecosistema scultoreo di Noguchi e, ancora una volta, non occupa uno spazio reale, ma ne definisce uno emozionale.

“Akari Unfolded: A Collection by Ymer&Malta” è una mostra parallela che esplora l’universo Akari ispirandosi ai principi che ne hanno guidato il design. Attraverso la produzione di prototipi sviluppati da sei designer e numerosi artigiani in meno di due anni, lo studio fondato da Valérie Maltaverne nel 2009 ha indagato il rapporto tra luce e materia, ma anche tra produzione e artigianato propri di Noguchi, a cui la designer ha dedicato anni di studio.

L’innovazione tecnologica di Noguchi è stata quella di aggiungere un elemento universale come l’elettricità a un prodotto artigianale ispirato alle lanterne per la pesca notturna (sul fiume Nagara: la produzione delle Akari inizia nel 1951 in un Giappone post-bellico nella città di Gifu dove ancora oggi viene prodotta per essere commercializzata in tutto il mondo): così facendo ha mantenuto una continuità con la tradizione ed estremizzato l’idea di diversificazione, aggiornando questa piccola produzione locale al modo di vivere moderno.

Ymer&Malta parte dallo stesso presupposto, la preservazione di una dimensione artigianale e il rifiuto della ripetizione identica della scala industriale, e lo declina in chiave contemporanea nella sperimentazione di materiali e tecnologie: resina, lino e LED nelle Belle de Jour e Belle de Nuit di Océanie Delain e nelle Galet di Sylvain Rieu Piquet; carta e LED nelle Poise di Sebastian Bergne; carta metallo cemento e LED nelle edaLight di Benjamin Graindorge.

Il design forse più emblematico in questo senso è quello dello studio – non a caso giapponese – Nendo con i suoi Light Fragments. Fossilizzati in due lastre di plexiglass, frammenti di tessuto sono illuminati da una sottilissima luce LED nascosta in un profilo di metallo. Il risultato è una teca che sembra racchiudere schegge di luce di provenienza incerta, perfetta coniugazione tra razionalità e sfera emozionale del progetto.

Titolo mostra:
Akari. Sculpture by Other Means
Titolo mostra:
Akari Unfolded: A Collection by Ymer&Malta
Date di apertura:
28 febbraio 2018 – 27 gennaio 2019
Sede:
The Noguchi Museum
Indirizzo:
9-01 33rd Road (at Vernon Boulevard), Long Island City, New York

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