Eversivo, provocatorio, sfuggente, tragico, grottesco, malinconico e al tempo stesso visionario. La figura del matto attraversa la storia dell'arte e della cultura occidentale, dal Medioevo al Romanticismo, eppure è stata finora troppo poco indagata. Lo sostiene la mostra "Figures du Fou: du Moyen-Âge aux Romantiques", curata da Élisabeth Antoine-König, responsabile del Dipartimento di Arti Decorative, e Pierre-Yves Le Pogam, responsabile del Dipartimento di Sculture del Musée du Louvre.
La mostra, visitabile fino al 3 febbraio 2025 negli spazi dell’Hall Napoléon del Louvre, riaperta per l'occasione al pubblico, presenta 300 opere tra dipinti, incisioni, arazzi, manoscritti miniati, sculture e oggetti di uso quotidiano con una particolare attenzione al contesto francese, fiammingo, germanico e inglese.
Al centro del percorso Pierrot, dit Le Gilles (1719), quadro emblematico e recentemente restaurato, parte della straordinaria collezione permanente del museo.
Hai ancora un mese per vedere la mostra più folle in circolazione
300 opere dal Medioevo al Rinascimento, provenienti da tutto il mondo, raccolte fino al 3 febbraio 2025 a Parigi per rispondere a una sola domanda: “i pazzi di ieri sono come i pazzi di oggi?”
© The Phoebus Foundation.
© Biblioteca nazionale di Francia.
© Museum Koekkoek Haus Kleve, Foto A. Gossens.
© Yale University Art Gallery.
© Münchner Stadtmuseum, Sammlung Angewandte Kunst_photo G. Adler, E. Jank
© Bibliothèque nationale de France
© RMN-Grand Palais (Palais des Beaux-Arts, Lille) Stéphane Maréchalle
© Museo Nacional del Prado, Dist. GrandPalaisRmn, immagine courtesy Prado
© Meadows Museum, SMU foto Robert LaPrelle
© Varsovia, Muzeum Narodowe w Warszawie / Piotr Ligier
© CC BY 4.0 NasjonalmuseetJarre, Anne Hansteen
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- Giorgia Aprosio
- 02 gennaio 2025
Il matto medievale: trasgressione ai margini
Nel Medioevo, la figura del folle era strettamente legata a questioni religiose e morali. Simbolo del "senza Dio," il matto viveva ai margini della società, sfidando l’ordine divino e sociale. La sua condizione era considerata contagiosa, soprattutto se ad entrare in gioco erano amore e passione, due forze travolgenti e incontrollabili. Perché, se è vero che il folle respinge, allo stesso tempo affascina. Con i suoi campanelli, il mantello rigato e il cappuccio, assume presto non solo un ruolo simbolico dal punto di vista morale, ma anche una precisa funzione sociale. Quando il buffone entra a corte diventa la controparte indispensabile del potere: un personaggio satirico e sovversivo, l'unico a cui è concesso mettere in discussione l’autorità.
I fiamminghi: tra satira e surrealtà
Un capitolo fondamentale della mostra è dedicato alla tradizione fiamminga, che ha interpretato la figura del folle come specchio delle contraddizioni umane, con un approccio spesso ironico e visionario. Tra i capolavori esposti, i famosi Proverbi fiamminghi (1607) di Pieter Bruegel, enciclopedia visiva delle follie quotidiane di straordinaria complessità che traduce modi di dire e proverbi popolari in immagini surreali e satiriche.
Allo stesso modo, anche Concerto nell’uovo (1561) di Hieronymus Bosch immerge lo spettatore in un’atmosfera assurda: un gruppo di personaggi a dir poco eccentrici è impegnato in un concerto con le mebra a bagno all'interno di un gigantesco uovo.
Poco più in là, The Conjurer (1525), attribuito a un allievo di Bosch, mette in scena una truffa orchestrata da un illusionista suggerendo il sottile confine tra inganno e verità.
Dal buffone al Romanticismo: il folle moderno
La figura del folle non scompare neanche con l’Illuminismo, al contrario, piuttosto evolve diventando una maschera, come quelle della Commedia dell’Arte – in particolare Pulcinella – o il Don Chisciotte di Cervantes. È con il Romanticismo che il matto viene definitivamente riletto alla luce delle nuove scoperte sulla psiche e dell’interesse per l’inconscio. La follia diventa una lente per esplorare le psicosi della vita moderna, con particolare interesse sulle figure socialmente oppresse. Emblematica, in mostra, è l’opera "Lo psichiatra francese Philippe Pinel libera i pazzi dalle catene nel manicomio Salpêtrière a Parigi nel 1795" (1876) di Tony Robert-Fleury, ambientata in un istituto femminile, posizionata accanto al ritratto di Lady Macbeth di Charles Louis Müller (1849) dove la donna stringe le spalle e strofin le mani guardando languidamente lo spettatore, tra senso di colpa e disperazione.
Il matto e l’artista: una connessione profonda
A colui che infrange i codici sociali, incarnando gli eccessi e le contraddizioni della società tutto è concesso, e così anche alla rappresentazione. Il matto non è solo un simbolo antropologicamente e iconograficamente interessante per l'artista, ma anche un escamotage per aggirare la censura e ottenere libertà espressiva rappresentando ciò che sarebbe altrimenti l’irrappresentabile. Il legame tra matto e artista riflette una solidarietà simbolica: entrambe figure di rottura, capaci di stimolare nuove visioni e interpretazioni del mondo, i due si servono reciprocamente per secoli l'uno dell'altro, che sia per esistere sulla tela, o per comunicare il proprio messaggio. "Figures du Fou" non offre solo uno sguardo sulla rappresentazione della follia nell’arte, ma invita a riscoprirla come specchio delle tensioni e delle contraddizioni della società presente. Un tema universale che, con questa mostra, conferma tutta la sua attualità.
Mostra: Figures du Fou: du Moyen-Âge aux Romantiques Dove: Musée du Louvre, Paris Date: dal 16 ottobre 2024 al 3 febbraio 2025
Maestro del 1537, Ritratto di un folle che guarda attraverso le sue dita. Antichi Paesi Bassi, circa 1548. Olio su tavola, H. 48,4 cm; l. 39,6 cm. Anversa, The Phoebus Foundation.
Maestro E.S., Il folle e la donna nuda con lo specchio. Alto Reno, circa 1465. Incisione su rame a bulino, H. 148 mm; l. 108 mm (foglio). Parigi, Biblioteca nazionale di Francia, Dipartimento delle Stampe e della Fotografia, RISERVA EA-40-SCATOLA ECU
Arnt van Tricht, Porta-salviette: Folle che abbraccia una donna. Medio Reno, circa 1535. Quercia policroma, H. 44,3 cm; L. 46,8 cm; P. 30 cm. Kleve, Museum Kurhaus Kleve – Collezione Ewald Mataré, inv. 1980-04-02
Marx Reichlich, Ritratto di un folle. Tirolo, circa 1519-1520. Tempera su legno, H. 44,5 cm; L. 33,7 cm. New Haven, Yale University Art Gallery, Lascito di Dr. Herbert e Monika Schaefer, inv. 2020.37.6
Danzatori di moresca (qui: Il Mago). Copie di Joseph Baumgartner, 1957-1958, basate sugli originali di Erasmus Grasser (qui riprodotti), circa 1480 (policromia del 1928). Tiglio, H. da 61,5 a 81,5 cm (a seconda dei danzatori). Monaco, Münchner Stadtmuseum, inv. K-lc 225
D’après Jean de Gourmont, O caput elleboro dignum, circa 1590. Stampa acquerellata; H. 360 mm; l. 490 mm (disegno); H. 425 mm; l. 555 mm (foglio). Parigi, Bibliothèque nationale de France, Dipartimento di Carte e Piani, GE DD-2987 (64 RES)
D’après Hyeronimus Bosch, Concerto in un uovo. Paesi Bassi antichi, metà del XVI secolo. Olio su tela, H. 108,5 cm; L. 126,5 cm. Lille, Palais des Beaux-Arts, inv. P.8.
Hyeronimus Bosch, Esclusione della pietra di follia. Bois-le-Duc, circa 1501-1505. Olio su tavola (rovere), H. 48,5 cm; L. 34,5 cm. Madrid, Museo Nacional del Prado, inv. P002056.
Francisco José de Goya y Lucientes, L'Enclos des fous, 1794. Olio su stagno, H. 43 cm; L. 32 cm. Dallas (Texas), Meadows Museum, Southern Methodist University, Algur H. Meadows Collection, inv. MM. 67.01.
Jan Matejko, Stanczyk durante un ballo dopo la perdita di Smolensk, Cracovia, 1862. Olio su tela, H. 88 cm; L. 120 cm. Varsavia, Museo Nazionale di Varsavia, inv. MP 433 MNW.
Gustave Courbet, Ritratto dell'artista detto Il Pazzo di paura, circa 1844-1848. Olio su tela incollata su pannello, H. 60,5 cm; L. 50 cm. Oslo, The National Museum, inv. NG.M.02169.