Hai ancora un mese per vedere la mostra più folle in circolazione

300 opere dal Medioevo al Rinascimento, provenienti da tutto il mondo, raccolte fino al 3 febbraio 2025 a Parigi per rispondere a una sola domanda: “i pazzi di ieri sono come i pazzi di oggi?”

Eversivo, provocatorio, sfuggente, tragico, grottesco, malinconico e al tempo stesso visionario. La figura del matto attraversa la storia dell'arte e della cultura occidentale, dal Medioevo al Romanticismo, eppure è stata finora troppo poco indagata. Lo sostiene la mostra "Figures du Fou: du Moyen-Âge aux Romantiques", curata da Élisabeth Antoine-König, responsabile del Dipartimento di Arti Decorative, e Pierre-Yves Le Pogam, responsabile del Dipartimento di Sculture del Musée du Louvre.

La mostra, visitabile fino al 3 febbraio 2025 negli spazi dell’Hall Napoléon del Louvre, riaperta per l'occasione al pubblico, presenta 300 opere tra dipinti, incisioni, arazzi, manoscritti miniati, sculture e oggetti di uso quotidiano con una particolare attenzione al contesto francese, fiammingo, germanico e inglese.

Al centro del percorso Pierrot, dit Le Gilles (1719), quadro emblematico e recentemente restaurato, parte della straordinaria collezione permanente del museo.

Maître de 1537, Portrait de fou regardant à travers ses doigts. Anciens Pays-Bas, vers 1548. Huile sur bois, H. 48,4 cm ; l. 39,6 cm. Anvers, The Phoebus Foundation © The Phoebus Foundation

Il matto medievale: trasgressione ai margini

Nel Medioevo, la figura del folle era strettamente legata a questioni religiose e morali. Simbolo del "senza Dio," il matto viveva ai margini della società, sfidando l’ordine divino e sociale. La sua condizione era considerata contagiosa, soprattutto se ad entrare in gioco erano amore e passione, due forze travolgenti e incontrollabili.  Perché, se è vero che il folle respinge, allo stesso tempo affascina. Con i suoi campanelli, il mantello rigato e il cappuccio, assume presto non solo un ruolo simbolico dal punto di vista morale, ma anche una precisa funzione sociale. Quando il buffone entra a corte diventa la controparte indispensabile del potere: un personaggio satirico e sovversivo, l'unico a cui è concesso mettere in discussione l’autorità.

I fiamminghi: tra satira e surrealtà

Un capitolo fondamentale della mostra è dedicato alla tradizione fiamminga, che ha interpretato la figura del folle come specchio delle contraddizioni umane, con un approccio spesso ironico e visionario. Tra i capolavori esposti, i famosi Proverbi fiamminghi (1607) di Pieter Bruegel, enciclopedia visiva delle follie quotidiane di straordinaria complessità che traduce modi di dire e proverbi popolari in immagini surreali e satiriche. 

Allo stesso modo, anche Concerto nell’uovo (1561) di Hieronymus Bosch immerge lo spettatore in un’atmosfera assurda: un gruppo di personaggi  a dir poco eccentrici è impegnato in un concerto con le mebra a bagno all'interno di un gigantesco uovo.

Poco più in là, The Conjurer (1525), attribuito a un allievo di Bosch, mette in scena una truffa orchestrata da un illusionista suggerendo il sottile confine tra inganno e verità.

D’après Hyeronimus Bosch, Concert dans un œuf. Anciens Pays-Bas, milieu du XVIe siècle. Huile sur toile, H. 108,5 cm ; l. 126,5 cm. Lille, Palais des Beaux- Arts, inv. P.8 © RMN-Grand Palais (Palais des Beaux-Arts, Lille) Stéphane Maréchalle

Dal buffone al Romanticismo: il folle moderno

La figura del folle non scompare neanche con l’Illuminismo, al contrario, piuttosto evolve diventando una maschera, come quelle della Commedia dell’Arte – in particolare Pulcinella – o il Don Chisciotte di Cervantes. È con il Romanticismo che il matto viene definitivamente riletto alla luce delle nuove scoperte sulla psiche e dell’interesse per l’inconscio. La follia diventa una lente per esplorare le psicosi della vita moderna, con particolare interesse sulle figure socialmente oppresse. Emblematica, in mostra, è l’opera "Lo psichiatra francese Philippe Pinel libera i pazzi dalle catene nel manicomio Salpêtrière a Parigi nel 1795" (1876) di Tony Robert-Fleury, ambientata in un istituto femminile, posizionata accanto al ritratto di Lady Macbeth di Charles Louis Müller (1849) dove la donna stringe le spalle e strofin le mani guardando languidamente lo spettatore, tra senso di colpa e disperazione.

Il matto e l’artista: una connessione profonda

A colui che infrange i codici sociali, incarnando gli eccessi e le contraddizioni della società tutto è concesso, e così anche alla rappresentazione. Il matto non è solo un simbolo antropologicamente e iconograficamente interessante per l'artista, ma anche un escamotage per aggirare la censura e ottenere libertà espressiva rappresentando ciò che sarebbe altrimenti l’irrappresentabile.

Il legame tra matto e artista riflette una solidarietà simbolica: entrambe figure di rottura, capaci di stimolare nuove visioni e interpretazioni del mondo, i due si servono reciprocamente per secoli l'uno dell'altro, che sia per esistere sulla tela, o per comunicare il proprio messaggio.

"Figures du Fou" non offre solo uno sguardo sulla rappresentazione della follia nell’arte, ma invita a riscoprirla come specchio delle tensioni e delle contraddizioni della società presente. Un tema universale che, con questa mostra, conferma tutta la sua attualità.

Mostra: Figures du Fou: du Moyen-Âge aux Romantiques Dove: Musée du Louvre, Paris Date: dal 16 ottobre 2024 al 3 febbraio 2025

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