Take Me (I’m Yours), all’HangarBicocca l’arte si tocca e si scambia

All’Osservatorio Fondazione Prada di Milano, con l’allestimento tutto blu e rosso di OFFICE Kersten Geers David Van Severen, 36 nuovi scatti di Stefano Graziani indagano il ruolo della fotografia, tra percezione e rappresentazione.

Nel 1947 Marcel Duchamp esponeva nella galleria Maeght di Parigi la sua opera Prière de toucher; una versione speciale del catalogo della mostra del Surrealismo con in copertina un seno in caucciù. Il titolo, ribaltando la consuetudine degli avvisi a non toccare le opere e i reperti esposti nei musei, invitava invece i visitatori a eliminare la distanza tra opera e spettatore, rendendolo elemento attivo dell’opera stessa. L’idea di Duchamp, a metà tra provocazione e reale intenzione d’imprimere nell’esperienza del visitatore l’esperienza tattile, ha certamente aperto a un lungo filone di opere e operazioni artistiche che chiedono al visitatore una diversa interazione e attitudine all’interno degli spazi dell’arte.

Fig.1 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio

Parecchi anni dopo, Hans Ulrich Obrist, il più grande inventore di mostre vivente, e l’artista francese Christian Boltanski, iniziarono a riflettere insieme sull’idea di una mostra espressamente concepita partendo da questo presupposto. In particolare, l’idea per il progetto fu suggerita dal lavoro di Boltanski del 1993 intitolato Quai de la Gare: un mucchio di vestiti usati che i visitatori potevano raccogliere e portare con sé, raccogliendoli in una borsa di carta con la scritta “Dispersion”, suggerendone da una parte la natura effimera, ma soprattutto conferendo allo spettatore il ruolo di agente attivo per il completamento dell’opera. Nacque così nel 1995 alla Serpentine di Londra il primo “esperimento” di “Take Me (I’m Yours)”, riattivato nel 2015, a 20 anni di distanza, in varie istituzioni museali tra Parigi, Copenhagen e New York. Per arrivare al 2017 con il progetto in due nuove versioni al Museo Nacional de Arte Decorativo di Buenos Aires (conclusa il 5 novembre) e alla Fondazione Pirelli HangarBicocca inaugurata lo scorso 31 ottobre.

Fig.1 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio
Fig.2 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio
Fig.3 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio
Fig.4 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio
Fig.5 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio
Fig.6 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio
Fig.7 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio
Fig.8 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio
Fig.9 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio
Fig.10 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio

La lista degli artisti coinvolti in questa versione milanese di “Take Me (I’m Yours)”, curata oltre che dai due ideatori originali Boltanski e Obrist, da Chiara Parisi e Roberta Tenconi, è lunghissima. I progetti e i lavori scelti si concentrano, ancora una volta, sull’espressione di opera d’arte aperta e partecipata, mutuando quel concetto dell’arte e dell’estetica relazionale che proprio a metà degli anni Novanta andò definendosi negli spazi museali tramite il lavoro di artisti e di critici come Nicolas Bourriaud e Robert Stam che ne enunciarono i principi in saggi, articoli e importanti mostre.

Come nelle precedenti rincarnazioni di “Take Me (I’m Yours)”, ecco anche all’HangarBicocca opere che si possono toccare senza temere richiami da parte del personale del museo, oggetti che si possono raccogliere e infilare nella nuova versione del sacchetto di Boltanski e altri lavori la cui fisionomia dipende dal grado d’interazione e di risposta dello spettatore. Félix González-Torres, Franco Vaccari, Rirkrit Tiravanija, Cesare Pietroiusti e Tino Sehgal sono solo alcuni dei nomi che più facilmente possiamo associare a queste dinamiche e alla ridefinizione del rapporto tra artista e pubblico. Oltre alle loro opere, sono è stata scelta circa una quarantina di lavori e altri interventi che scandirà fuori e dentro lo spazio, con progetti anche pensati per il sito Internet, per il catalogo della mostra e un programma di performance per completarne il racconto.

Fig.11 “Take Me (I’m Yours)”, vista della mostra, Pirelli HangarBicocca. Courtesy of Pirelli HangarBicocca. Photo Agostino Osio

Questa forma apparentemente diretta e coinvolgente di vivere l’esperienza di una mostra s’innesca per lo più attraverso il meccanismo dell’offerta, del regalo e dello scambio, con tutte le implicazioni simboliche e sociali sull’economia del dono così come già perfettamente descritte Marcel Mauss nel suo famoso saggio del 1924. La domanda che però accompagna l’esperienza di “Take Me (I’m Yours)” è la natura di queste appropriazioni e scambi all’interno della mostra: l’idea d’immaterialità suggerita dalle opere è però, salvo in rari casi, smentita dal continuo rifornimento di oggetti e di cose che vengono rimpiazzate di giorno in giorno. L’estetica dell’impermanenza lascia il posto a quella del sold out. Ma sono soprattutto lo spazio complessivo della mostra, l’allestimento e gli spazi interstiziali tra un’opera e l’altra a mettere a dura prova il visitatore: opere come quella di Félix González-Torres, con il loro significato eucaristico e di progressiva evanescenza di corpi, finiscono calpestate e vissute dalla maggior parte dei visitatori senza una reale consapevolezza di quella presenza. Altre, concepite invece con spirito più ironico e ludico attraggono grazie all’immediatezza del loro linguaggio Pop: davvero possono convivere così vicine l’un l’altra opere dal significato così distante?

In fondo, “Take Me (I’m Yours)” è da sempre stata concepita come una mostra che riscrive e ridisegna le regole del gioco e perciò è aperta a dinamiche difficili da controllare, registrando i cambiamenti di attitudini e comportamenti dei visitatori negli spazi deputati all’arte, palesandoli non solo come luoghi di cultura e approfondimento ma anche come spazi dominati sempre più da logiche predatorie da outlet, o al racconto di opere come props per sofisticati selfie da esporre nei più frequentati collettori d’immagini digitali. Anche per questo, il dispositivo di “Take Me (I’m Yours)” continua a rappresentare un interessante strumento d’osservazione dei mutamenti delle attitudini del pubblico dell’arte.

  • Take Me (I’m Yours)
  • 1 novembre 2017 – 14 gennaio 2018
  • Christian Boltanski, Hans Ulrich Obrist, Chiara Parisi, Roberta Tenconi
  • HangarBicocca
  • via Chiese 2, Milano