Tra il 1815 e il 1823 Francisco Goya realizza i Proverbios, un corpo di 80 acqueforti le cui immagini allegoriche danno forma a vizi, fantasie, credenze, superstizioni, paure e follie del suo tempo.
The Disparates
È un’impresa eroica di allestimento e disallestimento quotidiano quella di Andrea Mastrovito, che disegna col vento nella piccola project room della Ryan Lee Gallery di New York.
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- Alessandro Facente
- 30 settembre 2015
- New York
La produzione, vendita e distribuzione di queste visionarie acqueforti furono annunciate nel Diario di Madrid, raggiungendo un gran numero di persone. Una vera e propria azione pubblicitaria che per Goya rappresentò una grande vetrina. A distanza di 200 anni da quella produzione, Andrea Mastrovito produce un’operazione simile coi suoi, Disparates, una serie di 20 collage in movimento, 20 teatrini del bizzarro, realizzati con la stessa intenzione critica, ma sempre divertita e scanzonata, nei confronti della società moderna, usando semplicemente delle fotocopie a grandezza naturale animate grazie a dei ventilatori.
Quattro settimane, fino al 28 settembre. Uno per giorno. Qualche ora per montarli e le restanti per lasciarli allestiti. Ecco che oggi due pugili senza teste se le danno di santa ragione e domani un’aquila appollaiata trattiene un tappeto volante per un filo. E così si ricomincia il giorno seguente. Un’impresa eroica di allestimento e disallestimento quotidiano che viene regalata al pubblico da quelle che a distanza di due secoli possono realmente essere definite due vetrine privilegiate e una gran manovra di impatto visivo: la RLWindow di Chelsea, la piccola project room della galleria Ryan Lee, e l’affollato parco sospeso di New York, la High Line, sul quale la vetrina si affaccia. Trait d’union, quindi, tra la poetica goyesca e quella dell’artista bergamasco, il mantra giornaliero di questi Disparates radicalizza, stravolgendole, le pratiche del disegno, della pittura e del collage. Le stravolge al punto che ogni forma, espressività e degenerazione visiva sembra infatti data dalla brezza prodotta da quei ventilatori, piuttosto che dalle fotocopie stesse.
Seguendo giornalmente la costruzione di questi collage ho potuto vedere da vicino in che modo ogni scena viene costruita. La conclusione è che ognuna di esse è il prodotto di una matita ideale, che ne distorce le forme non con la grafite, bensì spostando l’aria sulla loro piatta silhouette. Andrea Mastrovito sta a tutti gli effetti disegnando usando il vento. Lo fa spostando e rispostando i ventilatori da una parte all’altra di quello stanzino, fino a dare all’aria prodotta l’equilibro giusto che imprime su quei personaggi stampati un movimento che ne suggerisca la disperazione fisica. Disperazione che appare evidente ad esempio nell’undicesimo collage, dove Mastrovito riprende la celebre statua del soldato di Creuilly che qui sembra perdere la sua oggettualità, sventolando frenetica nell’aria, trascinata via dalle bandiere dei tre paesi alleati: Francia, Inghilterra e USA.
In Mastrovito, la pratica del disegno sfonda dunque in continuazione le divisioni tra foglio e realtà, stravolgendo ogni logica formale, con l’obiettivo di darle una fisicità sempre più estrema che solo un anno fa aveva portato l’artista realizzare Kickstarting, ovvero la straordinaria performance con oltre 100 bambini di Brooklyn coinvolti dall’artista stesso a costruire collettivamente un gigantesco fregio in un vecchio cortile inutilizzato, usando semplicemente polvere di tempera e palloni da calcio. Come in quello yard abbandonato della chiesa di Saint Joseph nel quartiere di Bushwick, così anche oggi sulla High Line, l’artista s’impone di riportare quell’umanità persa nelle maglie intricate della cinica frenesia che caratterizza le nostre metropoli, consegnandone generosamente 20 letture, che ne svelano, con sapore scanzonato e divertito, tranelli e sottili ambiguità.
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