L’artista indiana Reena Kallat ha realizzato ritratti dipinti su carta – sulla texture i nomi di persone a cui è stato negato un visto per motivi di classe, nazionalità o religione. Altri in cui la sagoma del viso è composta dai timbri dei nomi delle persone ufficialmente registrate come scomparse. Altri ancora rappresentano invece località monumentali di Delhi e, anche in questo caso, le immagini appaiono segmentate, come se fossero pixelate: si compongono di nomi di siti dichiarati protetti dall’Intendenza Indiana per l’Archeologia, ma in effetti scomparsi sotto la pressione della crescita urbana o della speculazione edilizia. Il suo lavoro è basato sull’idea del tessuto urbano e sociale come composito mosaico di nomi e di esistenze talvolta rimossi nella storia, nei documenti e nell’immagine ufficiale dell'India, persino nella consapevolezza collettiva, ma potentemente presenti come magmatica energia che sottende la realtà di ogni luogo, in ogni momento. Nelle proprie opere, Kallat dà forma all’intreccio di storie innumerevoli che compongono la città e lo fa utilizzando un elemento simbolico: il timbro, strumento principe della burocrazia.
Ragnatela urbana
Con la sua ultima opera, sostenuta dal gruppo Zegna, l'artista indiana Reena Kallat ha creato un’installazione urbana di proporzioni monumentali: un'enorme ragnatela che invade la facciata del più antico museo di Mumbai, il Dr. Bhau Daji Lad City Museum.
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- Gabi Scardi
- 30 aprile 2013
- Mumbai
Kallat è originaria di Nuova Dehli, ma vive a Mumbai, che con 20 milioni di abitanti è la città più popolosa dell'India e una delle prime al mondo per densità di popolazione, una megalopoli in cui sviluppo e arretratezza, ricchezza e povertà si concentrano e convivono senza soluzione di continuità, dove ogni metro del suolo non è solo asfalto da calpestare, ma anche un posto dove vivere: giacigli, rifugi, miserrime unità abitative spontanee, piccole o immense baraccopoli occupano ogni spazio libero. Ma Mumbai non è solo questo; è anche una città ricca, che vive di una vitalità strenua e si trasforma ininterrottamente. La caotica megalopoli si è innestata sulla città storica nata dalla colonizzazione portoghese prima, inglese poi, di un’area paludosa rivelatasi essere un prezioso porto e trasformatasi in dinamica zona manifatturiera. Questo ha comportato un’immigrazione massiccia e l’afflusso di etnie, religioni e culture diverse provenienti da tutta l’India e dai Paesi limitrofi. Su questa città ambiziosa e drammatica, già così paradossale, s’innesta la burocrazia indiana che dovrebbe regolarizzare, ordinare, ricomporre, ma che risulta invece essere tra le più difficoltose dell’Asia.
L'opera più recente di Reena Kallat, Untitled (Cobweb / Crossings), un’installazione a destinazione“urbana” e di proporzioni monumentali, si presenta come una mappa o come un'enorme ragnatela e occupa tutta la facciata del più antico museo della città, il Dr. Bhau Daji Lad City Museum di Mumbai, nato nel 1855 come “sede distaccata” del Victoria & Albert Museum di Londra. L’opera consiste in una struttura composta di 550 grandi timbri, copie ingigantite in resina degli stampi che si usavano in passato per imprimere i nomi delle strade sugli edifici della città. I timbri riportano i nomi che le vie avevano in epoca coloniale, quando Mumbai stessa si chiamava Bombay; nomi oggi sostituiti con altri, di origine indiana, nuovi o recuperati dal passato precoloniale. L’installazione racconta così la stratificazione nel tempo, la storia e la memoria, la trama di relazioni che innervano la città. Ma l’utilizzo dei timbri esprime anche i concetti di cittadinanza e d’identità, e l’ipertrofico apparato burocratico del Paese. L’artista aggiunge che il museo si trova accanto all’ex giardino zoologico: un luogo che, con le sue gabbie e le sue voliere, mantiene intatto il proprio fascino; è stata questa contiguità a ispirarle una forma organica; come un animale, ma anche come la pulsante e perennemente cangiante città di Mumbai.
Il progetto ha preso forma nell’ambito di “Public”, nata dall’iniziativa “ZegnArt”, ideata e sostenuta dal gruppo Zegna e curata da Cecilia Canziani e Simone Menegoi insieme ad Andrea Zegna, coordinatore di “ZegnArt”. “Public” si compone di tre progetti pubblici realizzati da un artista indiano, uno turco e uno brasiliano nei rispettivi Paesi. Le tre opere originate nell’ambito di “Public” vengono realizzate in collaborazione con un’istituzione locale del Paese ospite e sono destinate a essere donate all’istituzione stessa. L’opera di Kallat resterà al Dr. Bhau Daji Lad City Museum di Mumbai sulla cui facciata è attualmente collocata. L’iniziativa comprende anche l’invito a un giovane artista del Paese, di volta in volta coinvolto a partecipare a una residenza presso il MACRO di Roma. “Public” si presenta dunque come un ottimo modo d’intrecciare relazioni e come un esempio di pratica virtuosa.
Ma a chi s’interessi di dinamiche urbane e di progetti “pubblici” l’opera di Reena Kallat offre una serie di stimoli di riflessione. Qual è il senso dell’arte in un luogo mobile, contraddittorio come Mumbai? Quale spazio può trovare un progetto artistico all’interno di un tessuto urbano denso fino alla saturazione? E soprattutto, se è comune considerare il tessuto urbano fondamentalmente pubblico, se si tende a pensare che come tale questo possa essere vissuto, usato e regolato, qui la tensione tra pubblico e privato, tra interno ed esterno, tra ordine e disordine, tra organizzazione ed entropia rimette in dubbio ogni forma di categorizzazione. Dove sta il limite? Qual è il senso dello spazio pubblico, ammesso che sia possibile definirlo in un modo che possa comprendere realtà molto diverse tra loro? e fino a che punto è possibile disegnarne l’aspetto fisico e l’uso? Chi e come lo dovrebbe, o potrebbe fare? Questioni aperte che l’opera di Reena Kallat invita a sondare ulterioriormente.