Questo articolo è stato pubblicato precedentemente su Domus 1091.
Dentro il “cubo” per le arti performative a New York
Ulltimo fra gli edifici pubblici previsti nel master plan per l’area del World Trade Center di New York, l’intervento è una scatola preziosa che nasconde un’esuberanza macchinista.
Foto Iwan Baan
Foto Iwan Baan
Foto Iwan Baan
Foto Iwan Baan
Foto Iwan Baan
Foto Iwan Baan
View Article details
- Alessandro Benetti
- 11 giugno 2024
- New York, Stati Uniti
- Rex
- 12.000 m²
- 2023
Il Perelman Performing Arts Center (Pac Nyc) di Rex, lo studio newyorkese di Joshua Ramus, ha aperto al pubblico a fine 2023, ultimo degli edifici pubblici previsti dal master plan del 2004 per l’area del World Trade Center. È un volume cubico compatto e astratto, che dialoga per assonanza o per differenza con le tante presenze notevoli del suo contesto. La sua radicale solidità ne fa idealmente un contraltare, un doppio positivo dei vuoti assoluti del 9/11 Memorial di Michael Arad.
Al contempo, la sua semplicità introversa contrasta nettamente – e forse volutamente – con la formosità dell’Oculus di Santiago Calatrava, tentacolare e atmosferico, a ennesima conferma dell’interpretazione koolhaasiana della griglia newyorkese come dispositivo d’inclusione ed enfatizzazione delle differenze. La stessa architettura del Pac Nyc, peraltro, è per molti versi debitrice della lezione di Rem Koolhaas e di Oma, di cui Ramus è stato a lungo partner.
È un’eredità che si legge in filigrana nella centralità data al programma e nella chiarezza della sua traduzione spaziale, nel rifiuto del paradigma tradizionale dell’edificio come domino e sequenza di stanze e, più in generale, nella muscolarità di molte soluzioni e dispositivi. Il Pac Nyc è organizzato su tre livelli, riservati a pubblici e attività differenti. Dal basso verso l’alto s’incontrano un public level con la lobby, un palco dedicato a performance libere, un ristorante, un bar e una terrazza; poi l’intermedio artists level, che contiene i camerini e tutti gli spazi di supporto alle attività degli artisti; e, infine, il theatre level, che nella sua configurazione base è suddiviso in tre auditorium da 450, 250 e 99 posti.
Un volume cubico compatto e astratto, che dialoga per assonanza o per differenza con le tante presenze notevoli del suo contesto.
Il sottosuolo del lotto è particolarmente complesso perché comprende quattro piani destinati alla circolazione su rotaia e su gomma, oltre allo scheletro strutturale di un precedente progetto incompiuto, di scarsa portata. Per questo il Pac è sospeso al di sopra di sette “super-coloumns”, come le definisce Ramus, che si aggrappano ai punti più solidi di questa ragnatela preesistente e supportano un suolo artificiale reticolare (belt truss).
Quest’ultimo è un vero e proprio volume, che contiene al suo interno gli ambienti del public level e dell’artists level, mentre isola da rumori e vibrazioni il sovrastante theatre level. Qui, i tre auditorium sono scatole indipendenti e massimamente flessibili. Tutti i loro elementi – scene, platee e tribune, spazi di servizio e persino la distribuzione verticale – possono traslare, ruotare, aprirsi e chiudersi interamente o parzialmente, combinandosi in 62 configurazioni di sala, diverse per disponibilità di posti a sedere, da 90 a 950, e per il rapporto che si stabilisce tra palco e spettatori.
Così, il Pac Nyc si vuole virtualmente aperto a tutte le forme di produzione e di rappresentazione delle tante arti a cui è dedicato: la musica, il teatro, la danza, l’opera e il cinema. Nulla di questa esuberanza macchinista, però, traspare all’esterno. Il Pac Nyc è una presenza solenne nel paesaggio newyorkese, monumentale non per le sue dimensioni, ma per le sue qualità. La solennità è anche quella della grande e ripida scalinata dell’ingresso principale che fessura il cubo e conduce dal piano strada al public level.
L’aura monumentale deriva soprattutto dai rivestimenti, in granito nero per il basamento e, più in alto, in marmo portoghese translucido. Le 4.896 lastre di questo materiale sono posate a macchia aperta, una tecnica che ne moltiplica le venature in una decorazione a losanga in scala gigante.
Così, il Pac Nyc si vuole virtualmente aperto a tutte le forme di produzione e di rappresentazione delle tante arti a cui è dedicato: la musica, il teatro, la danza, l’opera e il cinema.
Attraverso la sua pelle di marmo, il Pac Nyc brilla di notte di una luminosità più vibrante e meno scontata di una semplice parete vetrata, mentre all’interno lo stesso marmo inonda di una luce satura e diffusa gli spazi di distribuzione perimetrali. È una soluzione di notevole eleganza, che sembra ispirarsi direttamente alla sublime Beinecke Library di Yale (1963), capolavoro tardo-modernista disegnato da Gordon Bunshaft per Skidmore, Owings & Merrill.