Dalla Caverna di Platone, al viaggio al centro della terra di Jules Verne, ad Eusapia, la “città invisibile” di Calvino che duplica nel sottosuolo quella in superficie, il mondo sotterraneo ha da sempre suscitato emozioni contrastanti. Da un lato, se si esula dalle atmosfere fiabesche delle case degli Hobbit, ad esso si associano spesso il disagio claustrofobico e l’inquietudine per qualcosa di ignoto e misterioso. Dall’altro, le viscere della terra rievocano l’immagine archetipica di un ventre materno che ha sempre offerto protezione all’umanità, dalle grotte rupestri fino ai vasti complessi sotterranei, dalle abitazioni tradizionali berbere del Nord Africa, ai villaggi di Yaodong in Cina, ai sassi di Matera. Anche in tempi recenti l’architettura ipogea (realizzata totalmente o per la maggior parte sottoterra) ha consentito di ovviare a condizioni climatiche estreme: è il caso della città mineraria di Coober Pedy, nel deserto meridionale dell’Australia, e di Réso, la città sotterranea che pulsa sotto il centro di Montréal e che è stata progettata per difendere dal rigido inverno canadese.
Costruire in negativo: 15 architetture ipogee
Sprofondiamo nei meandri della terra per esplorare quindici opere ipogee, tra volumi invisibili, atmosfere amniotiche e sostenibilità ambientale.
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- Chiara Testoni
- 08 marzo 2024
Dagli anni ’70, la bioarchitettura ha diffusamente indagato il tema delle costruzioni sotterranee in considerazione dei benefici connessi alla riduzione dell’impronta ecologica e al benessere microclimatico: si uniscono infatti capacità di integrazione nel paesaggio (essenziale in contesti tutelati o topograficamente complessi), risparmio energetico e ottime prestazioni di stabilizzazione delle temperature interne (grazie all’inerzia termica del terreno) così come di isolamento termoacustico. Gli esiti sono alterni: dagli interventi di semplice camouflage, alle opere progettate per sfruttare al meglio i concreti vantaggi ambientali dell’edificare “in negativo”.
Senza presunzione di addolcire l’impatto (spesso irreversibile) indotto dall’opera artificiale nel territorio, sia sopra sia sotto terra, abbiamo selezionato quindici opere ipogee che propongono una concezione alternativa di vivere lo spazio e uno scostamento da quella corsa all’ostentazione che talvolta caratterizza l’architettura en plein air: da città storiche tutt’ora abitate (in Tunisia, Australia, Cina e Italia) alle recenti opere d’architettura in Finlandia (Timo e Tuomo Suomalainen), Italia (Fagnola + PAT Architetti associati, Zaha Hadid Architects), Regno Unito (Future Systems), Svizzera (SeARCHstudio), Danimarca (Big), Grecia (Mold Architects), Messico (Francisco Pardo Arquitecto), Corea del Sud (Bcho Architects), India (Wallmakers) e Giappone (Hiroshi Nakamura & Nap).
Perché, se la densificazione del costruito e il congestionamento antropico della crosta terrestre aprono interrogativi sul futuro dell’ecosistema, “l’unico modo di uscire dalla conigliera umana è semplicemente scendere nella tana del coniglio” (Bernard Rudofsky, “The Prodigious Builders”, 1977).
La cittadina mineraria di circa 1.600 abitanti situata in un'area desertica nel sud dell’Australia è anche nota come capitale dell’opale perché, con i suoi giacimenti, fornisce la maggiore produzione al mondo di questo minerale. Particolarità del luogo è che la vita cittadina (non solo l’attività estrattiva) si svolge prevalentemente sottoterra, tra abitazioni, musei, gallerie d’arte, chiese e negozi, viste le condizioni climatiche proibitive della superficie.
Le costruzioni yaodong, abitazioni tradizionali scavate nelle pareti rocciose dell’altopiano del Loess, nella provincia settentrionale dello Shanxi in Cina, sono abitate da millenni per via del terreno sabbioso e resistente che garantisce un ottimo isolamento termico e protezione dagli agenti atmosferici estremi della zona. In alcune zone della regione queste case, incastonate nella roccia o distribuite attorno a cortili a cielo aperto sprofondati nel suolo, da cui filtra la luce, sono ancora abitate.
Sassi di Matera sono un insediamento antropico sviluppato a partire dal paleolitico che oggi comprende i due quartieri di "Civita" e "Piano" nel centro storico di Matera. Facciate rinascimentali e barocche affacciate su cisterne dell’VIII secolo convertite in case, abitazioni ipogee (scavate fino agli anni ’50 del secolo scorso), chiese rupestri, orti e giardini pensili descrivono il composito paesaggio di questa città di pietra, dichiarata patrimonio Unesco nel 1993.
La chiesa dal carattere cavernoso, situata nel quartiere di Töölö, è letteralmente sprofondata nella roccia, che avvolge l’ambiente circolare con ruvide pareti di pietra a vista e da cui talvolta l’acqua sgorga creando piccole cascate. Unico elemento di emersione in superficie è la cupola in rame, disposta su una fascia vetrata che ne accentua l’aspetto “sospeso”. L’edificio è noto per la sua eccellente acustica.
Volumi scarnificati in cemento a vista parzialmente ipogei e incastonati nel paesaggio come tracce geologiche aggredite dal verde: così erano state pensate le cinque ville che dovevano letteralmente sparire nel paesaggio della Costa Smeralda. Delle cinque, solo una fu terminata secondo il progetto e le altre pesantemente manomesse. La recente ristrutturazione, a cura di Ferdinando Fagnola (l’architetto che inizialmente aveva concepito l’opera) e di PAT. Architetti associati, ha consentito di recuperare tre delle cinque ville secondo lo spirito originario, introducendo una nuova organizzazione spaziale, volumi ex novo e riadattando tecnologicamente il complesso.
L'abitazione, precedentemente una caserma dell'esercito, è anche nota come "The Teletubbies House" per il carattere giocoso e la collocazione sotterranea che ricordano le case della omonima serie BBC. L’edificio è parzialmente inglobato nella collina per impattare il meno possibile nel paesaggio tutelato del Parco Nazionale della costa del Pembrokeshire, e si rivela all’esterno solo attraverso l’ampia vetrata del soggiorno rivolta verso Druidston Haven e St Brides Bay. L’interno semplice e funzionale è vivacizzato da un giallo squillante che conferisce allo spazio un aspetto vivace e informale.
Rompendo gli schemi tipici dell’architettura vernacolare alpina, la casa di vacanze nei pressi delle terme di Vals progettate da Peter Zumthor è incastonata dentro il fianco della montagna, dal quale si affaccia verso la valle attraverso un’ampia apertura vetrata costruita in pianta su un arco di ellisse. Materiali e tecniche costruttive locali, tra cui la facciata realizzata in quarzite, radicano profondamente l’edificio nella terra e nello spirito del luogo. La villa è isolata termicamente e dispone di pompa di calore geotermica, pavimenti radianti, scambiatore di calore e utilizza solo energia idroelettrica generata da un vicino bacino idrico.
La casa, progettata in onore del poeta coreano Yoon Dong-joo, si ispira al rapporto primordiale tra la natura e l’uomo e alla dialettica biunivoca tra terra e cielo. L’edificio è costituito da una scatola di cemento di 14 x 17 metri totalmente interrato. Gli spazi interni (cucina, uno studio, due camere, servizi), collocati nel centro dello scavo, si affacciano su due spazi aperti: una sottile feritoia da cui filtra la luce, da un lato, e un cortile su cui si dilata la vita domestica e da cui lo sguardo si proietta verso il cielo, dall’altro.
Il complesso fa parte del Messner Mountain Museum, un circuito di 6 musei (Firmiano, Juval, Ortles, Dolomites, Ripa e Corones) diffusi nel territorio alpino e dedicati al rapporto tra l’uomo e la montagna: la costruzione, incastonata nella vetta montuosa a 2.275 m s.l.m. e quasi totalmente ipogea, emerge all’esterno con volumi fluidi e scultorei in cemento e vetro che sembrano una prosecuzione delle rocce granitiche e offrono spettacolari punti di osservazione sulle Dolomiti.
L’intervento di Big amplia un impenetrabile bunker in cemento armato della Seconda guerra mondiale, trasformandolo in un complesso culturale perfettamente integrato con il paesaggio tutelato di Blåvand, nella Danimarca occidentale. L’edificio, totalmente nascosto nel paesaggio, è composto da una singola struttura di 2.800 mq con quattro spazi espositivi, scavata nella terra e segnalata in superficie da una serie di tagli nella collina che conducono nel cuore del museo.
La casa, scavata nella terra rocciosa per proteggere dai forti venti dell’isola e quasi invisibile se non dal mare, si sviluppa su tre livelli in un lotto trapezoidale, secondo una griglia ortogonale che genera una drammatica alternanza tra pieni e vuoti. Le finiture al grezzo in roccia e cemento, legno e metallo, enfatizzano l’atmosfera cavernosa degli ambienti, stemperata dalle grandi vetrati verso il mare. Ventilazione e illuminazione naturale, vetrate performanti, tetto verde e muri di pietra ad elevata inerzia termica consentono un ottimo livello di efficienza energetica e benessere microclimatico.
La casa parzialmente ipogea si addossa alla collina, da cui è sovrastata in una copertura a verde con alberi di avocado: soluzione paesaggisticamente e tecnologicamente efficace che offre condizioni interne ottimali in una zona interessata da notevoli escursioni termiche. All'interno, il volume si dispiega come un grande contenitore in cemento a vista con un layout funzionale e flessibile. La zona giorno dà accesso ad una terrazza panoramica e collega i vari ambienti adiacenti; sul fronte opposto, un patio scavato nel terreno fornisce un ulteriore accesso e garantisce una seconda fonte di luce e ventilazione naturale.
Vortici multipli in composito prefabbricato di terra locale di scarto e 4.000 bottiglie di plastica riciclata formano gli involucri di questa casa nel Tamil Nadu e avviluppano lo spazio, la roccia e la vegetazione in un amalgama compatto. All’interno l’ambiente con finiture in legno di recupero stempera il suo carattere cavernoso con la luce zenitale dalla copertura vetrata, da cui filtrano le chiome degli alberi. All’esterno, le volute spiraliformi delle strutture emergenti dal suolo fungono da sedute creando una connessione con il luogo.
La biblioteca, situata in un’area precedentemente occupata da detriti edili e riqualificata, è distribuita attorno ad una fenditura scavata nel terreno su cui si affacciano, con quote di intradosso differenti a seconda della pendenza del terreno, le diverse sale di lettura: quelle di altezza minore sono accessibili solo ai bambini; in prossimità della quota più alta, invece, la sala di lettura col suo impianto circolare, perimetrata da scaffalature che proseguono radialmente fino al vertice della copertura, invita al raccoglimento e a lanciare lo sguardo verso il cielo che filtra dall'invaso centrale.