Questa intervista è stato pubblicata in origine su Domus 1084, novembre 2023.
Shigeru Ban: “Vi racconto i miei progetti per i rifugiati in Ucraina”
L’architetto racconta a Domus dei progetti umanitari che sta svolgendo nel paese in guerra, dove il suo studio e il Voluntary Architects’ Network si stanno dedicando a un’unità residenziale a basso costo e a un ospedale in Clt per Leopoli.
Photos Voluntary Architects’ Network
Photos Voluntary Architects’ Network
Photos Voluntary Architects’ Network
Photos Voluntary Architects’ Network
View Article details
- Toshiko Mori
- 06 novembre 2023
Parliamo dei progetti temporanei che hai realizzato di recente in Ucraina. Come architetto sei sensibile al significato del rapporto tra l’involucro e la privacy. Come hai lavorato sulle tue idee in relazione a questo aspetto e all’esperienza personale di chi fugge da un conflitto?
Quando il 24 febbraio del 2022 è iniziata la guerra, ho visto nei telegiornali i rifugiati ucraini che entravano in Polonia e le condizioni dei luoghi in cui si stabilivano. Dopo aver passato il confine, dovevano rimanere per qualche giorno in un grande spazio, di solito una palestra o un supermercato vuoto, per prepararsi alla loro successiva destinazione. Benché il Governo, le città e la popolazione della Polonia fossero molto accoglienti, ho notato che in questi grandi spazi i rifugiati non godevano di alcuna privacy. Attraverso l’esperienza maturata con le emergenze causate da catastrofi naturali in Giappone, sapevo che si trattava di una questione seria. Sono convinto che sia il diritto umano più fondamentale. Il Giappone, nella sua storia, non ha fornito spazi privati alle famiglie colpite da questi disastri. Con il terremoto di Kobe del 1995, ho cominciato a lavorare sul tema, usando pareti divisorie realizzate con tende di tessuto sostenute da tubi di cartone. Dopo il sisma di Chūetsu del 2004, per poter fare di più ho iniziato a coinvolgere anche i miei studenti. Le autorità che gestivano queste strutture non ci dettero l’autorizzazione per realizzare i nostri progetti perché sostenevano che non c’erano precedenti e che sia molto più facile controllare le persone in assenza di partizioni. Nel 2011, quando si verificò il grande terremoto nella regione di Tōhoku, ho fatto un altro tentativo.
Le prime 30 strutture che proponemmo furono rifiutate. Il primo luogo in cui fummo accettati fu la città di Ōtsuchi, nella provincia di Iwate, dove il sindaco e la maggior parte dei funzionari erano rimasti uccisi dallo tsunami. Il rifugio era organizzato da un professore di Fisica del liceo. Per la prima volta, costruimmo 500 unità per famiglie. A poco a poco iniziarono ad ascoltarci, perché le persone che venivano ospitate nelle nostre strutture apprezzavano davvero la privacy che offrivano. Tuttavia, anche dopo questo primo successo e in anni in cui subivamo tifoni e inondazioni, in tutto il Giappone ero costretto a realizzare queste partizioni in via ufficiosa. Alla fine, dopo 15 anni, una grave inondazione colpì la provincia di Kumamoto e andai a fare una dimostrazione del mio sistema. Ciò avvenne dopo la pandemia e il responsabile sanitario apprezzò davvero il fatto di poter disporre di spazi privati che contribuissero anche ad arrestare la diffusione del Covid. Fu la mia grande occasione: il Governo finalmente accettò il mio sistema di partizioni. Dopo 15 anni, è diventato il sistema ufficiale del Paese. In Ucraina ho visto la medesima situazione e gli stessi bisogni fra i rifugiati della guerra. Quando il conflitto ha avuto inizio, mi sono rivolto immediatamente al mio amico architetto polacco Hubert Trammer. La settimana successiva avevamo già iniziato a realizzare diverse strutture con il nostro sistema, sia in Polonia sia in Slovacchia. All’epoca non potevamo entrare in Ucraina, quindi decidemmo di produrre i componenti con il supporto degli studenti polacchi. Successivamente, abbiamo spedito tutto in Ucraina, dove un gruppo di architetti e di studenti costruirono le strutture. Alcune di queste sono state realizzate anche in due grandi palestre a Parigi, sempre per accogliere i profughi dell’Ucraina.
Quante di queste strutture hai costruito in totale? Si tratta dello stesso sistema replicato oppure si è evoluto nei diversi contesti?
Non saprei, alcune di queste realizzazioni sono state eseguite senza alcun intervento da parte mia. Il produttore locale di tubi di cartone ha addirittura iniziato a donarli gratuitamente. Alcuni coordinatori degli studenti, poi, hanno presentato il sistema in varie località per mostrare come montarlo. È lo stesso ovunque. Le travi e gli elementi strutturali sono tubi di cartone. I tessuti sono stati donati, infatti molti di essi hanno una trama diversa. Anche senza il mio coinvolgimento, il sistema si è diffuso ovunque. Per questo non saprei dire con certezza quante volte sia stato impiagato. Un sistema di partizioni deve poter essere realizzato facilmente da chiunque. Deve anche essere modulare perché, a seconda del numero dei membri di una famiglia, richiede dimensioni differenti. Le autorità poi devono controllare quotidianamente le condizioni delle persone ospitate, per cui non può essere uno spazio totalmente chiuso, deve essere molto flessibile. Non deve essere trasparente, ma neppure troppo opaco.
A quali altri progetti per l’Ucraina stai lavorando in questo momento?
Nel settembre 2022 mi trovavo a Leopoli perché stavo iniziando a preparare un sistema di abitazioni a basso costo. Dopo una guerra, come dopo qualsiasi disastro naturale, i costruttori hanno molto da fare e i materiali per l’edilizia diventano molto costosi. Per questo motivo è sempre opportuno progettare case a basso costo svincolandosi dalle imprese e dai materiali da costruzione convenzionali. Ho iniziato a elaborare questo sistema dopo il terremoto di Tōhoku del 2011. Si chiama Shs, acronimo di Styrofoam Housing System. La struttura principale è di polistirolo espanso ed è possibile regolarne lo spessore a seconda del clima. Verniciamo la plastica rinforzata con fibra di vetro per impermeabilizzarla e rinforzarla. Il polistirolo espanso lavora in compressione, mentre la plastica in tensione. Il sistema è modulare e si può realizzare senza alcun macchinario. Non è nulla di nuovo, è una tecnologia tradizionalmente sfruttata per le imbarcazioni. Nel giugno 2023 sono poi tornato a Leopoli per costruire, con studenti e architetti ucraini, la prima casa con questo sistema. Inoltre, dato che la Russia prendeva di mira e distruggeva le centrali elettriche, in previsione dell’inverno ho spedito lì 190 stufe a legna. Ho trovato in Giappone, a Hokkaidō, una stufa poco costosa e molto efficiente: è davvero leggera e la si può usare anche per cucinare. Ho portato personalmente, in aereo, i primi 20 pezzi: era il carico massimo che si poteva trasportare. La logistica risultava troppo lenta, così mi sono messo in contatto con un’organizzazione non governativa polacca e gliele abbiamo spedite a Varsavia. Loro ci hanno aiutati a consegnarle agli ucraini.
Come affrontano il conflitto i cittadini ucraini? Come fai a gestire questi progetti in condizioni di scarsa sicurezza?
Purtroppo le persone si abituano. Appena arrivi in albergo ti mostrano il rifugio in cantina, nel caso occorra usarlo. Nemmeno Leopoli è sicura: visto che si trova nella parte occidentale del Paese ci arrivano molti profughi e feriti. L’anno scorso ho conosciuto il sindaco della città che mi ha chiesto di progettare un ospedale di circa 25.000 m² con struttura di legno laminare incrociato (Clt). In Ucraina c’è la più grande fabbrica di Clt dell’Europa orientale. Lo esportavano in Canada e negli Stati Uniti, ma adesso sono in cerca di un’occasione di consumo interno. Stiamo lavorando con uno studio di architettura locale allo sviluppo del progetto. Il sindaco ci ha proposto un’impresa decisamente interessante. In Ucraina i regolamenti edilizi sono simili a quelli giapponesi: non accettano il metodo del sovradimensionamento del legno come protezione antincendio. Invece, secondo i regolamenti europei, è possibile tenere il legno a vista senza rivestirlo di cartongesso. Dato che l’Ucraina intende diventare parte dell’Unione Europea, il sindaco mi ha chiesto di osservare i regolamenti europei, perciò sarà il primo edificio di legno costruito in Ucraina seguendo le norme europee. Il mio lavoro non consiste solo nella progettazione della struttura, devo anche raccogliere i finanziamenti. Sono in contatto con il ministero degli Esteri giapponese per ottenere contributi, perché il Governo non può spedire armi, ma mi hanno promesso che investiranno nella ricostruzione. Tuttavia, l’ospedale serve prima della fine della guerra.
Il Governo è talmente rigoroso che non è disposto a pagare prima che la guerra sia finita. Insomma, è un periodo molto difficile. Sto cercando di portare più attenzione pubblica possibile verso questo progetto per convincere il mio Paese a sostenerlo. In Giappone esiste un piano chiamato Oda, ovvero Official Development Assistance, che il Governo potrebbe utilizzare per finanziare la realizzazione dell’ospedale. Per metterlo in atto serve una società giapponese, ma i costruttori nipponici non possono entrare in Ucraina. Ho trovato, però, un’impresa che si chiama Hazama Ando, che ha parecchie filiali estere, tra cui una in Turchia, da dove potrebbe gestire il progetto che sarebbe realizzato da locali in Ucraina. Questo potrebbe essere uno dei modi per usare i finanziamenti dell’Oda, ma sto cercando anche di usare fondi di società private. È importante che sia realizzato immediatamente.
Usato per la prima volta per ospitare i profughi del terremoto di Kobe del 1995, dal 2022 è stato impiegato a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Le strutture sono state costruite in Ucraina, Polonia, Slovacchia e Francia per garantire maggiore privacy ai profughi della guerra.
Usato per la prima volta per ospitare i profughi del terremoto di Kobe del 1995, dal 2022 è stato impiegato a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Le strutture sono state costruite in Ucraina, Polonia, Slovacchia e Francia per garantire maggiore privacy ai profughi della guerra.
Usato per la prima volta per ospitare i profughi del terremoto di Kobe del 1995, dal 2022 è stato impiegato a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Le strutture sono state costruite in Ucraina, Polonia, Slovacchia e Francia per garantire maggiore privacy ai profughi della guerra.
Usato per la prima volta per ospitare i profughi del terremoto di Kobe del 1995, dal 2022 è stato impiegato a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Le strutture sono state costruite in Ucraina, Polonia, Slovacchia e Francia per garantire maggiore privacy ai profughi della guerra.