Da sempre nel mondo della celluloide le scenografie dei set sono state oggetto di una progettazione ad hoc mirata a trasmettere un messaggio profondo e subliminale che conferisce una particolare connotazione emotiva allo spazio, a supporto strategico della narrazione. In particolare, uffici e luoghi di lavoro sono spesso scenari essenziali per costruire la credibilità di un film o di una serie e per coinvolgere lo spettatore. Spazi cupi in storie noir (ufficio di Eldon Tyrell in Blade Runner, sala riunioni e Divisione Scienze Applicate della Wayne Enterprises ne Il Cavaliere oscuro, Metropolis di Fritz Lang) e gotici in ambientazioni letterarie (ufficio di Albus Dumbledore in Harry Potter); eleganti e raffinati in stile retro (uffici Sterling Cooper Advertising in Mad Men, ufficio di M in 007 No time to die); boriosi e di rappresentanza (ufficio di Mr Burns in The Simpsons); postmoderni (ufficio di Saul Goodman in Breaking Bad; futuribili (sala riunioni dell’Enterprise in Star Trek e MIB Headquarters in Men in Black); ascetici (ufficio megadirettore galattico in Fantozzi); minimali (Torretta baywatchers in Baywatch). Architettura e narrazione sono dunque due facce interconnesse della stessa medaglia e l’architetto è uno storyteller. Perché, come diceva il filosofo Paul Ricoeur, “la storia di vita si svolge in uno spazio di vita”.
L’ufficio in 12 esempi celebri al cinema e serie tv
I luoghi di lavoro visti al cinema e in televisione sono manifesti di una creatività visionaria, ironica, raffinata e quasi sempre implacabile strumento di condanna di costumi e società.
immagine di Scott Smith (SRisonS) CC BY-NC-ND 2.0
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- Chiara Testoni
- 01 febbraio 2022
All’interno di una costruzione monolitica che ricorda un tempio incaico calato nelle periferie di Los Angeles, l’ufficio del dottor Eldon Tyrell - capo della corporation che produce replicanti dalle fatture e dal pensiero umani - è uno spazio solenne e grandioso inondato dalla luce dorata del tramonto che si diffonde sulle pareti e sui pavimenti lucidi, e costellato da statue di uccelli in ottone e busti in bronzo, piedistalli e obelischi in marmo. Un ambiente oscuro e dall’essenzialità quasi mortifera che ricorda un mausoleo, forse a sigillare l’ascesa della vita androide in sostituzione di quella umana.
Spazi tanto impeccabili quanto plumbei (del resto siamo a Gotham City) sono la sala riunioni e la Divisione Scienze Applicate della Wayne Enterprises, multinazionale di proprietà del magnate Bruce Wayne quando non veste i panni di Batman. La sala riunioni è un algido ambiente dalle superfici vetrate da cui sembra difficilmente filtrare la luce e dove serpeggia, dalla batteria serrata di sedie attorno al tavolo presidenziale e dalle fredde luci al neon, un disarmante senso di vuoto. La Divisione Scienze Applicate è uno spazio altrettanto tetro e quasi fuori scala in cui la dimensione umana sembra annichilire in un mondo spietato e ostile. Gli ambienti reali che hanno prestato la scena si trovano a Chicago: la sala riunioni è all’IBM Building al 330 North Wabash Avenue e la Divisione Scienze Applicate alla Convention Hall of the West Building al McCormick Place.
L’ufficio di Albus Dumbledore (noto anche come Albus Silente), Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e mago più potente di tutti i tempi nel mondo fantastico della saga, è un ambiente cavernoso e avvolgente che evoca l’immagine di una “cattedrale del sapere” all’insegna dell’horror vacui, tra migliaia di libri polverosi affastellati su scaffali in legno, una scrivania che sembra un altare e arcate in pietra a sesto acuto come nel migliore gotico fiorito. Gli oggetti magici e i quadri parlanti aggiungono un plus che nessun elemento di design potrebbe fornire.
Film cult della fantascienza, Metropolis ritrae uno scenario non certo così inverosimile, perché come diceva Ray Bradbury “la fantascienza finge di guardare dentro il futuro ma in realtà guarda il riflesso della verità che è davanti a noi”. In un futuro distopico, una metropoli dalle geometrie espressioniste è scenario di esacerbate lotte di classe tra i pochi privilegiati che vivono in grattacieli lussuosi e la moltitudine di proletari “divorati” dalle macchine della disumanizzazione produttiva nel sottosuolo della città. I luoghi di lavoro sono fucine che sbuffano vapori, fumi e olii di scarico in cui l’identità individuale scompare negli ingranaggi dell’economia del profitto (di pochi). Sono passati un po’ meno di cent’anni dalla prima proiezione ma la prefigurazione del futuro di allora non è poi così diversa dalla realtà attuale.
Nonostante la misoginia dilagante nella serie e il fatto che lavorarci è l’inferno per una donna, gli uffici dell’agenzia pubblicitaria Sterling Cooper di Madison Avenue a New York sono un emblema di stile impeccabile. Dalle palette cromatiche, ai mobili modernisti, alle opere d’arte, alle luci a sfera, alle tappezzerie, gli ambienti ricalcano le atmosfere retro, eleganti ma accessibili, delle case di Joseph Eichler e del linguaggio architettonico del Mid-Century Modern.
L’ufficio di “M”, nome in codice che Ian Fleming attribuisce al direttore del Secret Intelligence Service, sprigiona composta autorevolezza. La scrivania in massello è epicentro fisico e decisionale dell’ambiente interamente rivestito da boiserie e scaffalature in legno dalle tonalità profonde e calde. Poltrone in pelle, quadri, oggetti antichi e mobili vintage completano un ambiente dall’aura intellettuale e dal gusto retro in cui però forse non conviene rilassarsi troppo.
L’ufficio di Mr Burns, miliardario proprietario dell’impianto nucleare di Springfield e dispotico capo di Homer Simpson, è un luogo algido e respingente a scala sovrumana, tappezzato da velluti, ritratti e blasoni che enfatizzano una volontà di magniloquenza e prestigio. Un orso imbalsamato e messo in un angolo – per non rubare la scena all’unico vero protagonista dello spazio, il tavolo presidenziale – sembra urlare in silenzio il suo disappunto. Al di fuori di questo spazio dalle tinte cupe e dominate dai rossi, verdi e viola, si apre l’azzurro del cielo (solcato dai fumi tossici delle ciminiere, però).
Lo sgangherato penalista dalla dubbia morale Saul Goodman spicca per caratterizzazione tra i personaggi secondari della serie “Breaking Bad” e come protagonista assoluto dello spin-off “Better call Saul”. Il suo ufficio è un manifesto del trash: una Statua della Libertà gommosa e instabile, che oscilla a seconda delle correnti d’aria sul tetto di un fabbricato anonimo in un anonimo parcheggio, dà il benvenuto all’ufficio in chiave postmoderna dell’esilarante avvocato. Colonne, oculi, decori e capitelli ionici stilizzati in finto marmo conferiscono una presunta aura di aulicità all’ambiente. Scritte murarie tratte dalla costituzione esaltano le competenze del leguleio mentre un controsoffitto prefabbricato e una moquette blu elettrico da motel di terz’ordine denunciano il carattere “a buon mercato” del locale.
Lavorare dentro l’astronave Enterprise sarebbe decisamente un’esperienza cool: colleghi (anche alieni) talentuosi, azione continua, viste mozzafiato sullo spazio “dove nessun uomo si è mai spinto prima”, ambienti confortevoli e accoglienti. La sala riunioni in particolare è un locale a metà strada tra il Mid-Century Modern – coerentemente con il periodo di uscita della serie originale negli anni ‘60 – e il futuristico, con tavolini rotondi con piano in legno, sedie a tulipano e la palette cromatica in tinte acide che conferiscono un’aura retro e un pò psichedelica alla stanza.
Il quartier generale della società incaricata di gestire affari interstellari è uno luogo dove, tra vermi alieni che sorseggiano un cappuccino e personale affacendato in questioni di interesse planetario, si respira un fermento operativo pulsante e dinamico. Gli spazi che ospitano le attività sono visibilmente in linea con scenari aerospaziali, tra ambienti a tutto volume dove fluttuano le “cellule” sospese che ospitano gli uffici individuali e passerelle in quota. Materiali high tech (acciaio per strutture e finiture e vetro) dialogano con arredi morbidi ed organici dai toni chiari che accentuano la luminosità diffusa dei locali.
Nella serie di film e racconti incentrati sulla figura del ragioniere Ugo Fantozzi si legge tutta la complessità tragicomica di un antieroe inerte di fronte al destino avverso. Inesorabilmente sopraffatto dagli eventi, Fantozzi si muove goffamente in un contesto lavorativo che esaspera la spaccatura tra i sottomessi (come lui), gli zelanti di successo e le “divinità” - come il direttore - che siedono ai vertici dell’azienda e che incarnano entità quasi ultraterrene alimentate dal servilismo dei subordinati. L’ufficio del megadirettore galattico, a cui Fantozzi accede strisciando e nella prospettiva di fare da pesce decorativo nell’”acquario umano” a parete, è un ambiente ascetico che ricorda le architetture di Dom Hans Van Der Laan. Caratterizzato da un vuoto e da un’assenza cromatica spiazzanti, i pochi elementi d’arredo come le panche, la scrivania in legno e le sedie in pelle umana (a memoria dei dipendenti dell’azienda sopraffatti dal meccanismo gerarchico) non contribuiscono a restituire neanche l’idea di uno spazio “quasi” umano.
Se andare in ufficio significa respirare l’aria dell’Oceano e farsi scaldare dal sole delle spiagge del Sud della California, vale bene la pena affrontare quotidiane storie di salvataggio e problematiche socio-esistenziali anche in una serie di non così alto profilo come Baywatch. Le torrette di avvistamento dei baywatchers, situate a seconda delle puntate in California, Florida o Hawaii, sono piccole cabine su palafitte in legno che hanno la leggerezza e l’informalità di una vita vissuta in costume da bagno, dove molto di più non serve per essere in pace con sè stessi e con il mondo.