Uscito sulla prima PlayStation, Final Fantasy VII (Square, Tokyo, 1997) è diventato immediatamente oggetto di culto in occidente grazie ai suoi personaggi molto sfaccettati (non solo sotto il profilo dei poligoni) e a un incipit tanto semplice quanto efficace: qualcuno sta cercando di avvelenare il mondo, sta ai giocatori impedire che ciò accada. Reiterando lo schema sempre attualissimo “natura contro cultura”, gli autori del gioco catapultano il giocatore nel ruolo di un terrorista ambientalista, in lotta contro la Shinra, spaventosa mega corporazione – come da cliché dell’immaginario cyberpunk – che armata di reattori Mako e pessime intenzioni, ha avvelenato il mondo su cui sorge Midgar, la sua città-immagine. Il gruppo Avalanche, in compagnia di Cloud Strife, un ex Soldier (gli stormtrooper della Shinra), attacca uno dei reattori creando una distruzione senza precedenti nella storia della città. Il remake del gioco, da poco pubblicato da Square Enix per la piattaforma Play Station 4, recupera l’idea primigenia, andandola a elaborare enfatizzando molto l’attenzione sul rapporto tra i protagonisti e il mondo che li circonda e approfondendo dinamiche socioculturali che, almeno in parte, già si respiravano nel capitolo originale.
L’antiutopia di Midgar
Ma cos’è Midgar, la città in cui si svolge il gioco? È un’utopia dieselpunk legata a doppio filo alla Shinra, che a sua volta incarna il lato più oscuro di un vecchio mondo incancrenito nelle proprie consuetudini, giochi di potere e convinzioni. Nel definirne l’aspetto esteriore è la simbolicità a fare da padrona: sotto il suo aspetto retrofuturistico, si può leggere una struttura che fonde il principio di sorveglianza alla base del Panopticon di Bentham e la suddivisione dello spazio delle Città Giardino di Howard. Le infrastrutture della Shinra costituiscono l’ossatura di Midgar su cui poi si sviluppano i muscoli, ovvero i settori, destinati agli abitanti (tra cui i dipendenti dell’azienda stessa). La popolazione risiede in un impianto a spicchi, con un forte perno centrale, vivendo su una piattaforma sospesa che vede nei reattori Mako il proprio orizzonte fisico e ideale. Rispetto ai limiti tecnici della versione anni Novanta del gioco, questa remastered offre una cura importante dell’ambientazione, spremendo all’inverosimile le potenzialità del sistema di gioco per offrire almeno in apparenza una città viva, che reagisce all’esperienza di gioco portata avanti dal protagonista.
Nelle sue contraddizioni intrinseche, Midgar non manca di ricordare ogni giorno (e ogni notte) ai suoi abitanti tutte le loro disparità sociali. Nella Divina Commedia, Dante Alighieri scrive: “E quindi uscimmo a riveder le stelle” per raccontare la necessità intima dell’uomo di puntare verso il cielo. Come nel caso della Torre di Babele, anche a Midgar la vicinanza al cielo è qualcosa a cui aspirare, che suddivide il mondo in due categorie ben distinte: chi vive “sopra” e chi vive “sotto” la piattaforma. È difficile dire se sia arrivata prima la città o prima la Shinra. Volendo fare un parallelo con il mondo reale, il Grande Raccordo Anulare di Roma è stato progettato per cingere una probabile espansione molto diversa rispetto a quella che effettivamente è avvenuta nel periodo in cui è stato concepito, per poi essere totalmente inglobato dalla città contemporanea che ha fatto dello sprawl urbano la sua caratteristica più evidente. A Midgar, è vero che i reattori Mako e le infrastrutture dei trasporti dividono la città in settori ben precisi, ma anche in quel caso le infrastrutture (seppur così imponenti) sono state aggirate, inglobate e ripensate proprio grazie ai bassifondi.
I settori e la disparità sociale
La differenza di classi sociali è estremamente evidente fin dalle prime battute del gioco. Il settore 8, quello colpito dall’esplosione del reattore, è il centro città. Il benessere è tangibile, a partire dalla qualità dell’arredo urbano, passando per il decoro delle facciate e per come gli individui vivono tale contesto. Gli Avalanche distruggono quella consuetudine con la forza, andando a scardinare con una bomba le convinzioni che la Shinra ha instillato nella popolazione. Tenendo a mente tale sequenza, volendo fare un altro parallelismo tra la Città Eterna e Midgar si può accostare l’ormai demolito tratto sopraelevato della tangenziale est (con relativi piloni e svincoli) alla struttura che Cloud e compagni fanno inavvertitamente saltare in aria all’inizio del gioco, come esternalità imprevista delle loro azioni. Basta un cambiamento repentino e vengono fuori le criticità: un ponte che crolla taglia in due il quartiere “bene” della città, i poliziotti invadono la zona e bloccano le strade.
L’unica cosa che resta attiva, in maniera anche poco realistica, è l’infrastruttura su ferro che collega i diversi settori: pur non colpita direttamente dall’esplosione, sarà proprio quest’ultima a fornire una via di fuga ai terroristi.
La storia dell’intrattenimento mondiale ha fatto del ribaltamento di fronte uno dei punti di forza in termini narrativi. In Star Wars, un attacco al potere costituito da parte di un gruppo di ragtag aiuta a creare una nuova epoca nella galassia lontana lontana. Anche in Final Fantasy i personaggi che attaccano la Shinra sono degli outsiders: mal vestiti rispetto ai rigorosi collaboratori dell’azienda, hanno modi eccentrici e ognuno è, a modo suo, un paria della società in cui agisce.
Midgar è l’incarnazione della teoria secondo cui è l’ambiente esterno a determinare la vita degli individui. “Tutti procedono sui binari” recita una battuta dell’adattamento italiano del gioco, contrapponendo la presunta libertà di un uomo sradicato dal suo contesto natio alla scelta (se così si può definire) da parte del gruppo di percorrere la strada che il destino ha messo loro davanti. La casa di questi ultimi riflette pienamente questo concetto: i bassifondi del settore 7 sono un’ibridazione tra il Selvaggio West americano di fine Ottocento e le tristemente contemporanee favelas brasiliane. Le case sono create grazie agli scarti del mondo “di sopra”, e gli abitanti si ingegnano per sbarcare il lunario. Qui non arriva il sole, e al suo posto ci sono degli enormi fari. Non è possibile nemmeno osservare le stelle, ma la suggestiva visione dei piloni di Midgar e della parte sottostante la piattaforma offrono una vista ugualmente mozzafiato per il giocatore.
Giù nel Midgar-spraw
Dove c’è povertà ci sono le bestie, quindi nei bassifondi si entra in contatto con i primi mostri. Chi ha esperienze con i giochi sa che le battaglie sono parte integrante dell’esperienza, e che quando entrano in campo esseri diversi dai semplici esseri umani la situazione si fa più intrigante. Dopo i primi scontri “di superficie” in cui la prevedibilità dei militari permette di cavarsela al meglio, sfruttando nel Settore 8 un assetto urbano orizzontale e verticale che ricorda le brick city americane del secolo scorso, si passa alle discariche “senza regole” in cui l’arma bianca si scontra ogni volta con mostri sconosciuti e letali. D’altro canto, qui la vita sembra più autentica. Vuoi perché parte della storia è ambientata in questa zona, con diverse missioni secondarie che ne fanno approfondire gli spazi, o vuoi perché a star dal lato degli “sfigati” c’è sempre più gusto, la sfida tra questo spazio e quello tirato a lucido del centro è vinta senza alcun dubbio dal primo. Guardando gli oggetti tecnologici, tra i due settori intercorrono almeno due decenni di distanza, se confrontati con il mondo reale. Eppure, quello apparentemente più arretrato dimostra più volte la sua maggiore concretezza.
Infine, una via di mezzo tra le due aree è il settore 7, ovvero il “cielo” dei bassifondi citati poc’anzi. Prendendo sempre ispirazione dalla progettazione urbana americana, i designer hanno ricreato il tipico sobborgo a bassa densità abitativa. È qui che muore il sogno della gente comune: nelle abitazioni dei lavoratori della Shinra che si sono emancipati dai bassifondi (o che non vi sono ancora finiti) ma che non possono permettersi il centro città. Il sapore è quello della “terribile normalità” che mozza il respiro, in cui si finisce per vivere delle vite standardizzate proprio come i lotti in cui sono costruite le villette unifamiliari.
Nell’immenso dividi et impera istituito dalla Shinra, in cui ogni settore sarebbe idealmente uguale all’altro (e parimenti ben sorvegliato), la bellezza sta nella rottura di quella normalità, in quelle schegge impazzite di cui sarà impossibile non innamorarsi in ogni momento del gioco.
- Titolo:
- Final Fantasy 7 Remake
- Publisher:
- Square Enix
- Sviluppo:
- Square Enix Business Division 1
- Direzione:
- Tetsuya Nomura, Naoki Hamaguchi, Motomu Toriyama
- Piattaforma:
- PlayStation 4
- Anno:
- 2020
- Title:
- Final Fantasy 7 Remake
- Publisher:
- Square Enix
- Developer:
- Square Enix Business Division 1
- Directors:
- Tetsuya Nomura, Naoki Hamaguchi, Motomu Toriyama
- Platform:
- PlayStation 4
- Year:
- 2020