Situare un’architettura in un luogo non significa necessariamente utilizzare materiali locali o replicare forme vernacolari. Lo testimonia l’estensione della Nubuke Foundation, ad Accra, Ghana, di Baerbel Mueller con Juergen Strohmayer. Gli studi dei due architetti, entrambi con sede a Vienna e nella capitale africana, hanno progettato la Nubuke Extended come un edificio contemporaneo e “cosmopolita”, ma al tempo stesso profondamente radicato nel suo intorno.

La costruzione è sostanzialmente un involucro di cemento armato, una singola scocca pressoché monomaterica, su cui i pochi elementi aggiunti, come i serramenti, tendono virtualmente a scomparire. La radicalità dell’edificio non è, però, autoreferenzialità: al contrario, la Nubuke Extended reagisce con grande sensibilità alle informazioni che le provengono dal suo ambiente.

Sollevandosi dal suolo, prolunga il parco in cui sorge in un parterre minerale coperto, che segnala l’accesso alla fondazione e moltiplica lo spazio a disposizione per eventi ed esposizioni. Lo ombreggia la galleria vera e propria, un open space che leggeri salti di quota articolano in più settori. Le sue pareti lunghe sono schermi ininterrotti, che proteggono l’interno dall’irradiamento solare, mentre le pareti corte a nord e a sud sono interamente vetrate ed apribili, per essere attraversate dalla brezza che qui soffia prevalentemente in questa direzione.

L’intelligenza semplice ma non scontata di questi ed altri dispositivi, come le scanalature continue a soffitto a cui appendere opere d’arte e partizioni temporanee, insieme a una più generale tendenza alla riduzione, all’ottenimento della massima qualità spaziale e climatica con il minimo dispendio di materia e tecnologia, riconduce questo edificio nel solco di quel tardo modernismo, brutale e tropicale, che ha in Lina Bo Bardi la sua rappresentante più geniale e celebrata.