“Le prigioni sono degli spazi che gli architetti hanno un po’ abbandonato, tra le tipologie,” ci racconta Umberto Napolitano, co-fondatore di LAN – Local Architecture Network. Lo studio parigino ha completato il carcere di Nanterre, un istituto di detenzione penitenziaria che ripensa l’istituzione e il suo rapporto con la città intorno, con una nuova “zona di minima sicurezza” che consente ai detenuti di partecipare a programmi di reinserimento fuori dalla prigione.
La proposta di LAN è stata costruita dopo aver superato un concorso pubblico: “Era un concorso a cui abbiamo dato una risposta molto radicale pensando di non poter mai vincere. E invece lo vincemmo e da allora abbiamo dovuto rivedere il tutto perché era una sorta di utopia quella prigione: il limite tra la prigione e la città non è manifestato, mentre di solito la prigione è un oggetto con una cinta, con un muro. Quindi è stato veramente complesso.”
Nelle ultime settimane il progetto è stato accolto benevolmente dalla maggior parte dell’informazione, anche non sono mancate le voci critiche, come quella dell’architetto e editore parigino Leopold Lambert, che nel giugno del 2018 sulle pagine di The Architectural Review scriveva: “una cella carceraria dovrebbe apparire per quello che è: l'immoralità forzata di corpi radicalmente esclusi dalla società e radicalmente inseriti in un'architettura dal potere giudiziario.”
Le intenzioni del progetto sono quelle di rendere la reclusione meno radicale, integrando il complesso al tessuto urbano di Nanterre attraverso tre strategie: facciate al posto di muri (su due lati del lotto), un passaggio più fluido tra l’interno e l’esterno, una distribuzione che collega le varie scale. Nonostante questo, l’edificio è necessariamente introverso, muto al piano terra e con le 89 celle che guardano verso il cortile centrale. La sezione che affaccia su strada è – ovviamente – occupata dagli uffici dell’istituto. Da fuori il carcere di Nanterre sembra comunque un severo monolite che non nasconde la sua natura, nonostante il linguaggio architettonico contemporaneo. Le barriere rimangono, il filo spinato pure.
Sono sufficienti questi espedienti architettonici per rendere la detenzione meno drastica? Basteranno le decorazioni del playground per colorare le giornate dei detenuti?
- Progetto:
- Area di sicurezza minima e Servizi penitenziari per l’integrazione e la libertà vigilata
- Architetto:
- LAN – Local Architecture Network
- Strutture:
- Batiserf Ingénierie
- Impianti:
- Nicolas Ingénierie
- Superficie:
- 4.350 mq
- Completamento:
- 2019