Le numerose proteste da parte dei residenti non sono riuscite a impedire la demolizione, avvenuta nel 2018, del Centro culturale Atatürk (AKM) in piazza Taksim a Istanbul, che si trovava da circa un decennio in stato di abbandono. Esattamente nel cuore pulsante della città, l’AKM, con la sua iconica facciata, era il simbolo dell’evoluto modernismo turco e dei valori di una Repubblica che guarda a occidente dal cuore della città. Intanto, dall’altro lato di piazza Taksim, si sta per concretizzare un progetto di cui si discute dagli anni ’50: presto un’imponente moschea sorgerà nella piazza che per un secolo è stata l’icona della modernità per la città.
Costruzione e distruzione: Piazza Taksim, un campo di battaglia architettonico
Spazio simbolico dell’autorità statale e punto nevralgico di Istanbul, Piazza Taksim è il luogo in cui governi e amministrazioni hanno cercato di lasciare un segno, o di cancellare quello dei predecessori, generando un aspetto irrisolto e indefinito dello spazio pubblico.
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- Francesco Pasta
- 10 novembre 2019
Questa radicale trasformazione della piazza necessita di una breve contestualizzazione storica: quando venne instaurata la Repubblica, il quartiere di Taksim fu scelto come nuovo centro civico, trovandosi in una zona a maggioranza non turca ai margini della città, ben lontana dalla penisola storica piena di monumenti ottomani e di resti bizantini. Così facendo, lo Stato riuscì a “turchizzare” e appropriarsi di una zona prevalentemente non musulmana, allontanandosi al contempo da un pesante retaggio urbano. Da allora, piazza Taksim è sempre stata il punto nevralgico della città, in cui tutti i governi e le amministrazioni hanno affannosamente cercato di lasciare un segno, o di cancellare quello dei predecessori.
“Chi ha Taksim, ha tutto”: così il professor Birge Yıldırım ha riassunto la situazione. Il significato simbolico della piazza, unito a una cultura progettuale urbanistica altamente politicizzata e frammentaria, ha generato un continuo processo di addizione e sottrazione che ha trasformato piazza Taksim in un campo di battaglia architettonico, che riflette i difetti politici, ideologici e culturali della società turca, spiega Yıldırım. Il risultato è stato l’aspetto irrisolto e indefinito della piazza.
Il parco di Gezi è l’esempio perfetto di questo approccio conflittuale nei confronti della trasformazione urbana. Progettato negli anni ‘40 dall’architetto e urbanista francese Henri Prost per diventare un palcoscenico per la vita moderna, Il ‘Promenade park’, avrebbe preso il posto della caserma d’artiglieria Halil Pascià. Il sindaco Lütfi Kırdar procedette direttamente alla demolizione dell’edificio senza prima informare il governo.
Nel 1909, quella caserma era stata scelta come base dai conservatori (sostenitori del Sultano Abdulhamid II e detrattori dei Giovani Turchi) per una rivolta “anti–occidentale”. È quindi risaputo che le caserme abbiano un significato specifico nell’immaginario politico islamista [1]. La loro controversa trasformazione in centri commerciali privatizzati (come vorrebbe l’amministrazione dell’AKP) è un manifesto architettonico del “modello turco” di Erdoğan – una miscela di economia neoliberale, conservatorismo sociale e democrazia autoritaria. Non a caso, è proprio a Gezi park che questo modello è andato in frantumi: i disordini del 2013 scatenati dall’approvazione del progetto e la reazione del governo ai tumulti hanno segnato il passaggio dal totalitarismo “morbido” al totalitarismo “duro” del paese [2]. Durante l’occupazione del parco, l’AKM è diventato vetrina di bandiere di opposizione e messaggi di protesta; e il presidente turco ha annunciato la sua demolizione rivolgendosi aspramente agli oppositori: “lamentatevi e opponetevi, ma l’abbiamo demolito”. Eppure il Gezi park, e quindi anche la caserma che ha sostituito, sono sorti su un vecchio cimitero armeno: si dice che i gradini di marmo del parco siano pietre tombali. La pedonalizzazione della piazza è stata realizzata in maniera frettolosa, con la costruzione di un sottopassaggio stradale – soluzione interpretata da Yıldırım come una tattica per poter bloccare facilmente l’accesso pedonale a piazza Taksim, se necessario.
In quanto spazio simbolico dell’autorità statale posto nel centro cittadino, infatti, piazza Taksim è sempre stata anche il palcoscenico di proteste e richieste conflittuali, come le manifestazioni vietate del 1° maggio, le commemorazioni del genocidio armeno e i Gay Pride violentemente repressi. Al di là dei tentativi statali di imporre narrazioni dall’alto verso il basso, la piazza ha mantenuto la sua caratteristica di spazio pubblico eterogeneo: “Non esistono piazze più pubbliche di quella di Taksim” osserva Imre Azem, regista del documentario Ekümenopolis, incentrato sulla trasformazione urbana di Istanbul. Adesso, il governo sta intervenendo nei modi più disparati per affermare il suo controllo sulla piazza: dal pattugliamento costante alle mostre fotografiche propagandistiche, dalle cene durante il Ramadan ai festival sponsorizzati dal governo come il cosiddetto “Democracy Festival” – organizzato dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio, quando l’AKM era stato coperto da una gigantesca bandiera rossa che recitava “La sovranità appartiene al popolo”.
Tuttavia, questa drammatica e volutamente coreografata ristrutturazione dell’AKP realizzata dal governo è solo un’eccezione alla movimentata e secolare storia di piazza Taksim: una forma di urbanistica ideologica, che interviene unilateralmente su uno spazio pieno di significati molteplici e contrastanti. Ekrem Imamoğlu, il neoeletto sindaco di Istanbul proveniente dall’opposizione, ha lanciato un concorso per ridisegnare piazza Taksim solo dieci giorni dopo la sua elezione, con l’obiettivo di “trasformare Taksim in un luogo di cui tutti potranno godere” [3]. Sembra infatti che negli anni a venire Taksim manterrà il suo carattere di spazio pubblico conteso e in continua evoluzione.
Immagine di apertura: Taksim, 1936 ca. La caserma dell’artiglieria non è stata ancora demolita; di fronte ad essa, la stalla dei cavalli è stata ristrutturata per adattarsi alla piazza rotonda, centrata sul monumento della Repubblica. Sulla sinistra, il Talimhane – la piazza d’armi – è stato costruito. Per gentile concessione dell'Archivio di ricerca SALT.
Francesco Pasta è un architetto e ricercatore di base tra Roma e Istanbul. Tra i suoi principali interessi di ricerca e lavoro vi sono metodologie di progettazione partecipata e sviluppo collaborativo, cittadinanza urbana e politiche spaziali.
- Hafıza Merkezı: Hatirlayan sehir: Taksim’den Sultanahmet’e Mekan ve Hafıza [The Centre for Memory: A city that remembers: place and memory from Taksim to Sultanahmet.]
- Cihan Tuğal: “In Turkey, the regime slides from soft to hard totalitarianism”, in Open Democracy
- T24, “Ekrem İmamoğlu'ndan Taksim açıklaması: Herkesin zevk alacağı bir alana dönüştüreceğiz” [“A declaration by Ekrem Imamoğlu on Taksim: we will turn it into a space everyone will be able to enjoy”]