Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1036, giugno 2019 Il programma annuale del Summer Pavilion della Serpentine Gallery di Londra è unico. Nato come piattaforma globale per progetti sperimentali, mette in mostra il lavoro di un architetto, o studio progettuale, di fama internazionale sotto forma di un padiglione contemporaneo costruito nel cuore di Hyde Park. Fin dalla sua prima edizione nel 2000 con il progetto di Zaha Hadid, i padiglioni della Serpentine sono sempre stati espressione di episodi architettonici innovativi di grande risonanza – nonostante siano strutture temporanee. Il termine stesso ‘padiglione’, dal latino papilio (‘farfalla’), suggerisce la natura effimera e al tempo stesso attraente di questa tipologia edilizia.
Serpentine Pavilion: tutti i progetti dal 2000 a oggi
Il padiglione della Serpentine – quest’anno opera di Junya Ishigami – è una delle 10 mostre di architettura più visitate: abbiamo catalogato i 20 progetti, indagandone la seconda vita.
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- Stefano Andreani
- 21 giugno 2019
Parte del fascino di strutture di questo tipo, infatti, risiede nel fatto che le loro caratteristiche fuggevoli riescano ad avvicinare il vasto pubblico all’architettura e al mondo dell’arte. A differenza di un tipico museo, il padiglione offre un esempio eccellente d’immediatezza d’interazione e accessibilità: non ci sono porte, confini o barriere culturali. “In una società caratterizzata da una crescente disuguaglianza, tutti possono vivere un’esperienza architettonica in prima persona. Si tratta di una delle ragioni principali del successo del padiglione”, spiega il direttore artistico della Serpentine, Hans Ulrich Obrist. Con un’affluenza di circa 250.000 persone ogni estate, l’iniziativa è una delle prime 10 mostre di architettura e design più visitate al mondo. Il padiglione affianca alle sue qualità architettoniche un ricco programma funzionale, operando come spazio pubblico, caffetteria e sede delle “Park Nights” – l’apprezzata serie d’incontri pubblici ed eventi della galleria. Come noto, la regola di base della Serpentine consisteva nell’invitare una archistar che ancora non aveva avuto l’opportunità di realizzare un edificio nel Regno Unito al momento della commessa. Tuttavia, negli ultimi anni, l’istituto ha deciso di dare spazio alle nuove generazioni invitando giovani talenti emergenti. Gli architetti di queste strutture hanno l’opportunità di utilizzare materiali in maniera innovativa, sperimentare con nuove soluzioni costruttive e, sempre più, affrontare l’impatto sociale dell’architettura come l’ecologia globale e la sostenibilità, la relazione tra l’architettura e il cibo, il futuro del lavoro, così come le tecnologie smart o l’intelligenza artificiale.
Il progetto del padiglione di questa edizione è dell’architetto giapponese Junya Ishigami, il cui lavoro “non si oppone al concetto di peso, ma quasi come un miracolo cerca di sfidare la gravità”, nelle parole di Obrist. Attraverso la composizione di blocchi di ardesia, la copertura del padiglione sembra quasi emergere dal terreno del parco circostante. All’interno, viene così a crearsi uno spazio contemplativo che rimanda all’idea di grotta. Ancora secondo il direttore artistico, questo padiglione riesce a creare un’armonia tra le strutture costruite dall’uomo e quello che esiste in natura – un’idea olistica (e non antagonistica) dell’architettura che gioca con le nostre prospettive dell’ambiente costruito in relazione al paesaggio naturale.
Così come i suoi predecessori, anche Ishigami ha avuto a disposizione sei mesi dall’invito al completamento dei lavori. Una stretta collaborazione con ingegneri e consulenti risulta quindi necessaria per la realizzazione efficace del progetto. Oltre ad analisi strutturali e simulazioni virtuali, lo sviluppo di modelli e prototipi è parte integrante del processo progettuale per testare la durabilità, l’impermeabilità, l’integrità, la resistenza al fuoco e l’estetica della struttura. Il periodo adibito alla costruzione è limitato a sole sette settimane, durante le quali ci si confronta con tutti i vincoli di trasporto e logistici necessari ad assicurare la sicurezza pubblica. In questo breve lasso temporale, un piano strategico di costruzione per fasi consente di gestire i molteplici processi costruttivi in parallelo ed erigere la struttura con la qualità che merita. Generalmente, la Serpentine non dispone di fondi per finanziare il progetto. Il supporto arriva da sponsorizzazioni, donazioni e la vendita del padiglione, che comunque non copre più del 40% dei costi. Dopo l’estate trascorsa nei Kensington Gardens, le strutture vengono infatti smontate, trasportate e riassemblate per istituzioni pubbliche, collezioni private o realtà turistiche. Enfatizzando un’attenzione crescente verso la sostenibilità, si cerca quindi di riutilizzare tutti i materiali nelle nuova incarnazione dei padiglioni.
Tuttavia, in qualche caso, la seconda vita di questi progetti è una storia infelice. Situata in un parco giochi della Cornovaglia, la tensostruttura innovativa di Zaha Hadid oggi può essere riconosciuta a fatica e viene affittata per serate e feste di compleanno per bambini. Ad altri padiglioni non viene nemmeno concessa una seconda opportunità. Almeno quattro dei progetti passati sono infatti accatastati in un magazzino. Acquistati da un collezionista particolarmente ambizioso, a oggi per essi non sono previsti progetti di recupero.
Altri padiglioni invece hanno seguito strade ben più fortunate. La struttura a guscio traslucido di Smiljan Radić, per esempio, è stata acquisita dalla galleria Hauser & Wirth, ed è ora inserita in un giardino del Somerset per ospitare dibattiti pubblici ed eventi benefici. Il padiglione variopinto di SelgasCano sarà invece il primo a essere trasportato negli Stati Uniti, a Los Angeles, dove ospiterà programmi gratuiti sull’arte, il design, la scienza e la natura. L’opera di BIG (Unzipped wall) ha poi intrapreso un tour mondiale: da Toronto, a New York e Shanghai, con Vancouver come tappa finale. Oscillando tra temporaneità e permanenza, i padiglioni della Serpentine continueranno in futuro a transitare da una seppur ben progettata, ma breve esistenza a Londra, a una seconda vita dai risvolti imprevedibili, adattandosi e a volte camuffandosi – proprio come farfalle – nel loro nuovo ambiente.
Stefano Andreani è docente di Architettura alla Harvard University Graduate School of Design e svolge attività progettuali e di consulenza presso lo studio Invivia a Boston. Nel 2018, ha curato per Domus lo speciale Innovation.
Immagine di apertura: rendering del padiglione di quest’anno disegnato da Junya Ishigami. L’interno è uno spazio libero, ma raccolto e concepito per la contemplazione. © Junya Ishigami + Associates