Da qualche settimana la mia bacheca di Facebook è invasa da brevi video colorati. I post provengono dalla pagina 999 domande e contengono domande che riguardano l’abitare contemporaneo e le sue sfaccettature: “Se inizi a lavorare da casa, è ancora veramente casa?” oppure “Come sarebbero le case se fossero create sottosopra?” o ancora “In casa tua, basta un bagno solo?”. I post li condividono amici, architetti, fotografi, centri culturali, associazioni no profit, etc. Annegati tra selfie, meme e pubblicità, i quesiti attraggono e innescano riflessioni. In breve tempo i video diventano per me un appuntamento ricorrente. La pagina Facebook 999 domande diventa tra le mie preferite, alla pari di Humans in the late capitalism, Onalim o Bispensiero (ormai scomparso, sigh).
Il profilo in questione non è prodotto letterario di un memer nostrano, ma è la campagna di comunicazione di “999 Una collezione di domande sull’abitare contemporaneo”. La mostra, che apre il 12 gennaio 2018 alla Triennale di Milano, è curata da Stefano Mirti, che non a caso è stato il responsabile dei social media per Expo Milano nel 2015. Mirti è indefinibile: laureato in architettura al Politecnico di Torino, è una figura poliedrica che si occupa di interaction design, insegnamento e comunicazione. Da qualche anno indaga le potenzialità dei social network come strumento di progetto e di interazione. La sua attitudine la capisco chiaramente durante il nostro incontro: quella che doveva essere l’intervista si è subito tramutata in un dibattito, a cui si sono aggiunti autori e addetti ai lavori di passaggio per il montaggio della mostra. L’incontro si conclude con un invito a partecipare in qualche modo al progetto o ad approfondire i discorsi fatti in un’altra occasione, a “inventare cose belle insieme”.
Compreso il personaggio non lo si può certo definire un curatore tradizionale, quanto piuttosto un catalizzatore di progetti, idee ed energie. La sua filosofia curatoriale si ispira alla musica generativa. Mirti dice: “Nella musica tradizionale (come Mozart o Beethoven) esiste una partitura da eseguire e riprodurre fedelmente. La musica generativa (vedi John Cage), invece dà delle istruzioni di partenza per cui tu sai qual e il processo ma non sai l'esito. Per questa mostra il mio compito è stato stabilire delle regole iniziali.”
Mirti inizialmente ha chiamato dodici autori per iniziare un percorso di discussione e selezione che ha funzionato per contagio, per gemmazione e fermentazione, un processo aperto e imprevedibile. A oggi i sotto curatori del progetto sono circa 60: tra gli altri, ci sono i dotdotdot, con un “laboratorio del possibile” a metà fra un salotto dove nascono idee e un garage dove si costruiscono cose; Farm Cultural Park presenta una casa condivisa in cui si vuole rivedere l’esperienza di convivenza con i propri coinquilini, introducendo una nuova tipologia abitativa; Domus Academy si chiede: che relazione intercorre tra cibo e spazi domestici? Super, il festival delle periferie a Milano organizza un laboratorio di fotografia con Filippo Romano, in cui si invitano i partecipanti a raccontare la propria normalità dell’abitare, la loro casa, il quartiere della periferia in cui abitano; BASE Milano propone una residenza artistica in cui sei autori lavoreranno a porte aperte all’interno della mostra, coinvolgendo i visitatori nella propria riflessione artistica.
In mostra non troviamo solo opere d’arte o di design o installazioni, ma anche laboratori, giochi, dispositivi interattivi… Il curatore controlla questo magma di eventi tramite un complesso calendario, un grande file Excel che pieno di box colorati e appunti. Questa vitalità è rappresentata negli spazi della Triennale da un allestimento che ripropone la struttura di un piccolo centro storico, con una via principale, una piazzetta e dei percorsi secondari. I diversi lotti sono distribuiti da una struttura fatta di tubi innocenti grezzi e preziosi tessuti che isolano acusticamente i diversi sotto-ambienti. Gli spazi della Triennale sono spazi da vivere, da abitare. Secondo Mirti: “Il mondo in cui viviamo è definito da progettisti e visionari, da comunità locali e digitali, da aziende e multinazionali, da persone ingegnose o matti. La città è una grande tessitura.” La mostra è in pensata per essere vista e rivista, dopo il primo ingresso il prezzo del biglietto si riduce infatti dai 9 ai 2 euro. “999” vuole essere un salotto aperto alla cittadinanza, un luogo di incontro e di dibattito.
Il tema dell’abitare è quasi un pretesto: è un argomento capace di avvicinare tutti e su cui tutti hanno qualcosa da dire. Soprattutto è un argomento facilmente interpretabile in 999 (e più) modi diversi e sempre attuale. Mirti sa bene che è impossibile essere esaurienti. Non è suo di suo interesse essere esaustivo né manifesto. Vuole piuttosto sperimentare nuove forme di dialogo e di interazione, rompere le filter bubble e generare casualità, pluralità, complessità. Parafrasando il noto slogan di Marshall McLuhan, possiamo allora affermare che “la comunità è il messaggio”.
- Titolo mostra:
- 999 Una collezione di domande sull’abitare contemporaneo
- Date di apertura:
- 12 gennaio 2018 – 2 aprile 2017
- A cura di:
- Stefano Mirti
- Luogo:
- Triennale di Milano
- Indirizzo:
- viale Alemagna 6, Milano