La mostra “A House for the Mind” – curata da Caroline Voet al deSingel Art Campus di Anversa – esplora il mondo tangibile che circonda la filosofia del monaco-architetto olandese Dom Hans van der Laan (1904–1991). In collaborazione con l’Istituto di Architettura Fiamminga, deSingel vuole diffondere le teorie e l’intera opera di Van der Laan. Oltre a quattro monasteri e una casa, l’architetto è famoso per la sua teoria architettonica.
“A House for the Mind” esplora il mondo dell’architetto e monaco olandese Dom Hans van der Laan
DeSingel ad Anversa presenta “A House for the Mind”, una mostra che presenta il lavoro e la filosofia dell’architetto e monaco Dom Hans van der Laan.
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- 09 ottobre 2017
- Anversa
- 2017
I modelli originali, i mobili, gli schizzi, le ricerche e i progetti degli ex studenti di Van der Laan offrono un senso della sua produzione e influenza. L’Abbazia di Roosenberg, inoltre, diventa un satellite della mostra: costruito negli anni Settanta, questo convento è l’applicazione pratica del trattato da lui scritto De Architectonische Ruimte (lo spazio architettonico). Roosenberg è anche un esempio di come l’architettura di Van der Laan, il cui contesto originario è quello religioso, possa essere utilizzata per scopi diversi. L’abbazia venne originariamente costruita per dodici suore e venticinque ospiti.
Il complesso è stato progettato per la meditazione, la calma o per incontri intensi; trascende l’idea di funzionalità e può essere utilizzato in vari modi. “Oggi l’abbazia è stata trasformata in un centro studi internazionale legato al campus KULeuven, la migliore prova della multifunzionalità dell’architettura di Van der Laan”, spiega la curatrice Caroline Voet.
Dom Hans Van der Laan ha scritto numerosi trattati nel corso della sua carriera. Architectonic Space è di gran lunga il più noto e viene ancora usato come riferimento dagli architetti. Da quando era giovane (si parla degli anni ‘20) Van der Laan ha cercato un fondamento per l’architettura, una sorta di base da cui l’architetto potesse progettare, a prescindere da qualsiasi zeitgeist, o spirito del tempo. Ciò si è tradotto nel suo distanziarsi dai nuovi sviluppi in ambito costruttivo, come le nuove possibilità offerte dal cemento, dal vetro e dall’acciaio tanto apprezzati dai modernisti degli anni fra le due guerre.
Forse la principale differenza tra Van der Laan e i suoi contemporanei è stato il suo approccio al concetto di “scala”. Laddove i modernisti pensavano in grande e in termini urbanistici, Van der Laan lavorava su un’architettura più umana, più orizzontale che verticale, con mattoni spessi, colonne a file classiche, prospettive aperte e dinamiche e un ritmo chiaro. Non è un caso che il suo biografo Richard Padovan lo chiamasse “un moderno primitivo”.
Oltre alla sua rigorosa idea di proporzione, Van der Laan credeva anche nella creazione di una certa atmosfera. “Il suo lavoro viene meglio descritto come architettura sensoriale, dove l’esperienza assume un ruolo centrale”, spiega Voet. Per questa ragione, la mostra si apre a tre artisti la cui arte si riferisce alla natura tattile del suo lavoro. Il fotografo tedesco Friederike Von Rauch presenta una serie fotografica realizzata durante il soggiorno nell’Abbazia di Roosenberg. Ingel Vaikla, un produttore cinematografico estone, mostra un ritratto in movimento delle suore durante le ultime giornate a Roosenberg, mentre Esther Venrooy, artista del suono olandese, ha sviluppato un paesaggio sonoro che rappresenta la vita nell’abbazia.
- Dom Hans van der Laan. A House for the Mind
- Caroline Voet
- dal 13 ottobre 2017 al 14 gennaio 2018
- deSingel International Arts Campus
- Desguinlei 25, Anversa