Il Brasile è tra i paesi del mondo, a offrire i casi più interessanti di realtà urbane estreme, in cui si è ad un passo dal varcare la soglia della dignità urbana.
Il gigante da umanizzare
Il nuovo piano urbanistico di San Paolo del Brasile propone una serie di strumenti urbanistici per la costruzione di una città fatta da e per tutti che possa ridare dignità urbana alla megalopoli.
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- Massimiliano Granceri, Michele Manigrasso
- 24 marzo 2015
- San Paolo
La città pianificata convive a poca distanza con il caos, lasciando il passo all'impianto informale di una “Babilonia orizzontale”, le cui dimensioni rendono gli obiettivi dei governi locali, un’utopia difficile da realizzare a breve termine.
San Paolo è un esempio rilevante in questo scenario perché, nella sua complessa struttura metropolitana, si coagulano molteplici questioni di forte interesse urbano, nell’accezione più ampia di città come sistema socio-ecologico, e palinsesto globale (Secchi, 2000) che si aggiorna ogni giorno con nuove stratificazioni. San Paolo è espressione di un “contemporaneo sublime”, da intendere anche nella negativa accezione di distanza che allontana ciò che è prevedibile, conosciuto e regola consolidata, dall’inaspettato, che sorprende e a volte respinge. Condizione che ha rischiato spesso di essere ingenuamente confusa con il fascino del pittoresco ma che rimane intrisa di reale drammaticità di vita. L’architetto paulistano Isay Weinfeld la definisce “una città con un’energia assurda, con una intensa attività culturale, in cui tutte le tribù urbane coesistono. La mancanza di personalità si è trasformata nella personalità della città".
Tra le megalopoli del mondo, oggi San Paolo rappresenta uno dei cantieri urbani più attivi, campo di indagine e di progetto per autorità locali e internazionali, impegnate nella costruzione di una nuova dignità urbana (Pozzi, 2013). È laboratorio di sperimentazione nel tentare di dare forma all’informale e il nuovo Plano Diretor Estratégico introietta questo spirito nel suo più profondo obiettivo, perché vuole ridurre la distanza tra le città che la compongono, accrescendo il livello di comfort e integrando i tessuti sociali e urbani. Il piano propone una serie di strumenti urbanistici per la costruzione di una città fatta da e per tutti.
Il Master Plan definisce le regole per l’organizzazione delle grandi aree della città; i piani strategici regionali, unitamente alla legge sulla zonizzazione, occupazione e uso del suolo, definiscono le regole per l’organizzazione delle aree più piccole; il Regolamento Edilizio stabilisce norme per la costruzione all’interno dei lotti. Tra i punti chiave: l’ottimizzazione degli investimenti pubblici e del territorio urbano; la distribuzione delle opportunità offerte dalla città; lo sviluppo della rete infrastrutturale; la riduzione delle disuguaglianze, considerando la giustizia sociale come motore di sviluppo. Alcuni esempi programmatici o progettuali, possono aiutare a comprendere la complessità e l’eterogeneità delle proposte.
Per il sistema della mobilità e dello spazio pubblico, il piano intende aprire la città alla convivenza dello spazio, mitigando il flusso di mezzi privati e favorendo la mobilità pubblica, soprattutto lenta. Secondo il Dipartimento del Traffico (DENATRAN) tra il 2003 e il 2013, il numero di auto che giornalmente circola a San Paolo è quasi raddoppiato. Il piano mira a ribaltare questa tendenza, attraverso interventi che coinvolgono l’intera città, e riqualificazioni puntuali in zone strategiche. A questo si lega un programma importante, a scala ridottissima, che riguarda le nuove norme di attuazione dei parklets: si tratta di un diverso modo di utilizzare l’area occupata dai parcheggi stradali, come espansione delle banchine di camminamento pedonale, da attrezzare con panchine, fioriere, tavoli e sedie, ombrelloni, attrezzature per fare palestra, o altri elementi di arredo con funzione ricreativa o per eventi artistici.
Politiche pubbliche a sostegno della riduzione delle disuguaglianze sociali e ambientali e di una maggiore equità nella prestazione dei servizi pubblici del governo municipale sono espresse a livello globale e poi sviluppate in collaborazione con i dipartimenti comunali. Oltre alla riqualificazione delle strutture esistenti, l’obiettivo 16 del programma 2013–2016, fissa la creazione di 20 nuovi Centri Educativi Unificati (CEUs).
Fra i principi fondanti del Plano Diretor emergono la Funzione Sociale della Città e il Diritto alla Città. Uno dei punti fondamentali è l’aumento del 117% delle aree riservate all’edilizia economico-popolare attraverso la creazione delle ZEIS (Zone Speciali di Interesse Sociale) per le classi sociali medio-basse. Il Piano suddivide le ZEIS in cinque tipologie di cui le prime quattro destinate a offrire nuove abitazioni di interesse sociale utilizzando più della metà dell’area riqualificata. Questi interventi seguono la logica di una città che vuole rendere il proprio tessuto socio-residenziale eterogeneo soprattutto nel centro storico paulistano e lungo gli assi principali del sistema dei trasporti pubblici, i cui obiettivi sono rendere la città più sensibile ad accettare la propria eterogeneità e ridurre le proprie diseguaglianze.
Umanizzare il gigante. Questa sembra essere l’“utopia concreta” che San Paolo vuole realizzare, ma serve una speranza ostinata per lanciare sfide vincenti (A. Belli, 2013), e solo il tempo dirà se gli sforzi delle autorità competenti che dall’alto programmano gli interventi di riqualificazione, unitamente alle azioni dal basso, nascenti dai tessuti per opera di enti e gruppi locali, riusciranno a realizzarne la missione; e se il Plano Diretor Estratégico sarà un buon direttore d’orchestra per il ricco palinsesto di interventi previsto (Fabietti, 2013).
Per il momento, San Paolo resta un unicum, meritevole di riflessioni profonde e di interventi che lavorino nella direzione di una nuova forma di sublime, che allontani l’inumanità, a favore di una rinnovata bellezza urbana, sensibile alla sopravvivenza degli equilibri ambientali quanto all’affermazione universale dei diritti di cittadinanza. Con il presupposto che il miglioramento venga affidato soprattutto a progetti dal basso o autogestiti che restituiscano agli abitanti il ruolo di protagonisti del proprio destino, senza eccessivi timori, ma scrutando con forza nell’incertezza del nuovo che avanza.
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