In Giappone la classica tipologia europea dello spazio pubblico rappresentata dalla piazza è completamente assente. Ma esiste un modo differente di rispondere all’esigenza di riunirsi dei cittadini.
Spazio pubblico dinamico
Nella sua lotta per la diversità, la palestra progettata da Jun Aoki unisce con successo lo stile di vita tradizionale e quieto del municipio di Suginami, la modernità tecnologica della tecnica costruttiva e infine l’esigenza di dare un centro civico a un centro abitato alla periferia della grande Tokyo.
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- Maria Novozhilova
- 13 febbraio 2015
- Tokyo
Oggi come un tempo in Giappone gli spazi pubblici sono strettamente legati al transito delle persone, a un certo tipo di movimento, a un’attività. Non sono mai statici, sono sempre luoghi dinamici. In fin dei conti non c’è da sorprendersi. Già nel periodo Edo Tokyo era la città più grande del mondo, e la sistemazione immutabile di una piazza pubblica non sarebbe stata adeguata al traffico del gran numero di cittadini. Di fatto Tokyo conserva ancor oggi il titolo di area metropolitana più popolosa del mondo. E neppure la particolare natura dello spazio pubblico giapponese è molto cambiata.
Uno di questi spazi pubblici dinamici è stato recentemente realizzato in Giappone dall’architetto di Tokyo Jun Aoki, cui è stato commissionato il progetto della palestra Omiyamae del municipio di Suginami, nell’area di Tokyo.
Come afferma scherzando l’architetto “la palestra mica deve ospitare delle Olimpiadi. È un’istituzione comunitaria destinata agli abitanti della zona, uno spazio pubblico. Gli esercizi quotidiani sono solo un buon pretesto per andarci, ma per frequentare il complesso non c’è bisogno della scusa dello sport. Certamente, in una giornata di sole, l’ampia terrazza erbosa del tetto è già un’attrattiva sufficiente”.
Ciò che della palestra Omiyamae colpisce di più al primo sguardo è la caduta di densità. Avvicinandosi all’edificio da un fitto quartiere residenziale fatto di piccole abitazioni private strettamente accostate, improvvisamente si arriva a una radura verde con due strutture a ellisse sorprendentemente basse, collocate con modestia al centro. Dove sono gli impianti sportivi preannunciati? Cercando di evitare l’apparentemente inevitabile e imponente presenza di una struttura alta 15 metri Jun Aoki ha scelto di collocare la maggior parte del volume dell’edificio sotto terra. Ne consegue che la palestra Omiyamae è più bassa della città che la circonda. E non sporge affatto.
Solo una piccola parte del volume complessivo si affaccia sopra il livello del suolo. Da qui i visitatori, salendo e scendendo, possono percorrere gli spazi funzionali della palestra in tutta la loro ricchezza: attraversare l’atrio, la zona della piscina, il campo principale, le sale dei corsi di arti marziali e di parecchie altre attività, le aree di riposo, il caffè e infine arrampicarsi fino al grande tetto verde.
Ciò che più importa, mentre (come si è detto) il tetto del maggiore dei cilindri ellittici è progettato come un parco, il tetto del cilindro minore ospita pannelli solari, ammorbiditi da vegetazione e cespugli. L’uso di energia rinnovabile appare, di fatto, un elemento cruciale della strategia progettuale di Jun Aoki. Perciò questo spazio pubblico non è solo discreto ma anche, almeno in parte, sostenibile.
L’innovazione nel lavoro di Aoki è una conseguenza del disastro del 3 novembre? Forse. E comunque questo edificio è molto diverso dalle opere precedenti, spesso caratterizzate da facciate appariscenti e dall’ampio uso di illuminazione affascinante. La palestra di Omiyamae non è un’immagine simbolica che colpisce, ma uno spazio pubblico (sommesso), che si sottrae allo sguardo. Semplicissimo dal punto di vista compositivo, modesto dal punto di vista dei materiali usati e relativamente contenuto ai minimi termini nell’immagine complessiva dell’edificio.
Minimo ma non minimalista. E comunque è abbastanza complesso da rispondere alla molteplicità dei livelli tematici tanto all’interno quanto all’esterno dell’edificio. Nella sua lotta per la diversità la palestra di Omiyamae unisce con successo lo stile di vita tradizionale e quieto del municipio di Suginami, la modernità tecnologica della tecnica costruttiva e infine l’esigenza di dare un centro civico a un centro abitato alla periferia della grande Tokyo.
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