Le mostre monografiche svelano le molteplici sfaccettature dell’opera di un artista, ma anche il suo spirito creativo.
Le visioni di un architetto
Per celebrare il bicentenario della nascita di Eugène Viollet-le-Duc, la Cité de l’architecture va oltre il patrimonio e le polemiche d’archeologia, con una nuova lettura Jean-Michel Leniaud.
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- Léa-Catherine Szacka
- 01 dicembre 2014
- Parigi
Nel 2014, mentre a Parigi il Centre Pompidou ha dedicato due mostre consecutive a due delle più importanti figure dell’architettura del XX secolo (Bernard Tschumi e Frank Gehry), la Cité de l’architecture & du patrimoine riporta lo sguardo all’Ottocento con “Viollet-le-Duc, les visions d’un architecte” (“Viollet-le-Duc: le visioni di un architetto”), la prima grande retrospettiva dedicata al grande maestro francese dal 1980.
Per celebrare il bicentenario della nascita di Eugène Viollet-le-Duc (1814-1879), la Cité de l’architecture & du patrimoine ha deciso di andare oltre il patrimonio e le polemiche d’archeologia. Tentando una nuova lettura Jean-Michel Leniaud, curatore della mostra e direttore dell’ École de Chartres, si concentra su Viollet-le-Duc artista, svelando la genialità dell’architetto e del suo metodo creativo. La mostra presenta perciò gli aspetti meno noti e più sorprendenti della carriera di Viollet-le-Duc: l’aspetto visionario della sua opera, talvolta in bilico tra positivismo e romanticismo, in funzione di un progetto politico ed estetico. Come ricorda Antoine Picon nel catalogo della mostra, negli scritti di Viollet-le-Duc c’è molto più del puro sviluppo di una certa logica costruttiva che prefigurerebbe il Movimento Moderno. Ed è questo il punto che, tra l’altro, la mostra intende sostenere.
Il percorso della mostra si suddivide in otto sezioni o sequenze, che rivelano l’estrema complessità del personaggio di Viollet-le-Duc: profondamente razionale ma contemporaneamente anche eccessivo e fanatico. Concentrandosi sull’artista in senso complessivo la mostra mette in luce un personaggio dalle molteplici relazioni, che si costruì un’ininterrotta carriera fatta di disegno, costruzione, insegnamento, restauro e parecchie altre attività.
La sequenza inizia con una sezione biografica comprendente vari differenti ritratti dell’architetto, uomo scevro da ogni profonda opinione politica, che attraversò gli sconvolgimenti del suo secolo senza essere mai costretto a interrompere la carriera. Viene poi una sezione sul romanticismo e sui viaggi attraverso la Francia. Viollet-le-Duc, autodidatta, non si formò all’interno del sistema Beaux-Arts, ma seguendo uno zio, Delécluze, in disparate esperienze pratiche. Un’altra sezione della mostra si concentra sul viaggio iniziatico in Italia (1836-1837), un tour che avrebbe avuto un peso concreto sulla formazione di Viollet-le-Duc. In questa sezione il visitatore viene informato della ricostruzione del teatro di Taormina, della scoperta della facciata del Palazzo Ducale di Venezia e della visita alla Cappella Sistina, fonte di riflessione per tutta la vita dell’architetto.
Un’intera sala è dedicata inoltre al restauro della Sainte-Chapelle, progetto da cui Viollet-le-Duc avrebbe tratto molte delle competenze tecniche che avrebbero poi condotto alla nascita dell’Art Nouveau. La sezione seguente, “L’architettura, organismo vivente”, illustra l’ispirazione che Viollet-le-Duc traeva dalla natura. “Al centro della riflessione teorica di Viollet-le-Duc sullo stile sta l’idea che si possa tracciare un’analogia tra la creazione architettonica e le leggi di natura.” In questa sala il visitatore può ammirare raffigurazioni di mostri d’ogni genere ma anche molti acquerelli dell’Etna e delle Alpi, oltre a un’affascinante carta del Monte Bianco in scala 1:40.000 disegnata da Viollet-le-Duc nel 1876.
Naturalmente la mostra illustra anche il restauro di Notre-Dame di Parigi, che segnò, nel 1842, l’apertura di un immenso cantiere durato vent’anni e meticolosamente descritto in un diario dei lavori, anch’esso tra i documenti d’archivio esposti alla Cité. Una sezione dedicata al Medioevo e una sulla formazione continuano la sequenza, che si conclude con la ricostruzione di due pareti del Musée de sculpture comparée (“Museo di scultura comparata”) inaugurato nel 1879 al Palais du Trocadéro, oggi sede della Cité de l’architecture.
L’uomo che scrisse, nel suo Dictionnaire raisonné de l'architecture française du XIe au XVIe siècle: “Restaurare un edificio non significa curarne la manutenzione, ripararlo o rifarlo; significa restituirlo a una condizione complessiva che non può non essere mai esistita in un determinato momento”, viene qui studiato attraverso una miriade di documenti, molti dei quali provengono dalla ricca collezione della Médiathèque de l’architecture et du patrimoine. Tra i dipinti, i libri e gli altri documenti significativi si distinguono alcuni pezzi che valgono da soli la visita. Tra questi una stupefacente serie di fotografie anamorfiche del castello di Pierrefonds scattate da Auguste Chevalier nel 1866, significativa testimonianza dello spirito dell’epoca. Pure degne di nota sono le fotografie di alcune architetture effimere – realizzate da Viollet-le-Duc a Notre-Dame nel 1856 in occasione del battesimo del principe imperiale – e il minuscolo disegno a penna di piazza San Marco, abbozzato da Viollet-le-Duc nel 1837.
Pur offrendo un panorama illuminante dell’uomo in quanto artista, Viollet-le-Duc: Les visions d’un architecte si limita purtroppo al passato. E tuttavia, oggi che restauro e conservazione sono ancora una volta al centro del dibattito dell’architettura, perché non proporre un salto all’indietro, alla ricerca di alcuni degli influssi di Viollet-le-Duc sul presente?
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fino al 9 marzo 2015
Viollet-le-Duc, les visions d’un architecte
Cité de l’architecture & du patrimoine, Parigi