Forms of Energy #11

Gli Orti di Fedro a Santa Fiora, come un antico orto è stato salvato dal diventare un parcheggio.

Questa è la storia di un fazzoletto di terreno (di circa un ettaro) che un buon progetto e una coraggiosa amministrazione locale hanno salvato dal cemento di un parcheggio, restituendolo alla sua antica funzione produttiva. Il campo infatti, collocato a ridosso delle mura medievali del borgo toscano di Santa Fiora, dopo essere stato coltivato per generazioni secondo un processo di trasmissione da padre in figlio, rischiava il destino che molte realtà agricole a conduzione familiare hanno già vissuto o stanno vivendo: la popolazione che se ne è occupata sin qui invecchia, e muore, e la terra muore con loro, perché la nuova generazione non ha né interesse né modo di occuparsene. È così che questa piccola riserva di bellezza ed eredità materiale e culturale, un orto a stretto contatto con un centro abitato, rivolto a sud e ordinato in settori delimitati da semplici dossi di terra, siepi e barriere di vegetazione spontanea, coltivati con specie diverse di colture tradizionali riprodotte localmente di anno in anno, alla morte del suo padrone venne indicato come una nuova possibile area di parcheggio.

Fortuna volle che durante un sopralluogo per il progetto di restauro paesaggistico del paese, i progettisti incaricati (lo studio 2TR Architettura) si affacciassero proprio su quel campo, dove un anziano contadino osservava i risultati della sua giornata di lavoro: aveva finito di preparare il terreno dove l'indomani, come ogni anno in quel periodo, avrebbe piantato le cipolle. Interrogato sul destino del suo orto il contadino, che si chiamava Fedro, rispose con amarezza che i suoi figli non se ne sarebbero curati e che dunque sarebbe stato abbandonato o trasformato. Eppure, così non fu. Infatti grazie alla sensibilità dei progettisti ed alle scelte del sindaco e del suo staff quel campo è stato inserito nel progetto più ampio e già avviato di riqualificazione ambientale del paese, un progetto che ha permesso, a partire dal 2005, di recuperare dopo anni di abbandono e dimenticanza tre edifici monumentali, un mulino, una chiesa, gli orti di un convento, un acquedotto ottocentesco e il letto di un fosso alluvionale con le antiche opere idrauliche e i bacini di presa.

I box per il ricovero degli attrezzi

Come raccontano i progettisti: In questo contesto il progetto intitolato "Gli Orti di Fedro - Biodiversità per un'agricoltura sostenibile", ha voluto restituire gli appezzamenti peri-urbani alla loro tradizionale vocazione agricola e renderli uno strumento per lo sviluppo locale partecipativo e sostenibile. Intensi lavori nel corso del 2008 hanno liberato l'area dai rovi che avevano preso il sopravvento, riscoperto terrazzamenti e riportato alla luce canalette storiche per l'acqua. Linee guida per la gestione partecipativa dell'area sono state proposte al Comune, ispirate a temi di fondo tra i quali la tutela della biodiversità, la valorizzazione delle risorse genetiche agricole regionali, la produzione di cibo di qualità su scala locale e la diffusione dei principi dell'agricoltura biologica. Gli orti di Fedro diventano così un'area di conservazione in situ delle risorse genetiche vegetali del territorio, con il coinvolgimento attivo della comunità locale.

Gli 'eredi di Fedro', individuati attraverso un bando predisposto dal Comune e assegnatari ciascuno di un settore del campo suddiviso in aree di 900 mq, dovranno dunque garantire la riproduzione e la sopravvivenza nel tempo delle risorse genetiche che coltivano, divenendo così custodi dell'agrobiodiversità toscana. A questo fine è stato predisposto un locale per le operazioni di raccolta, pulizia e riproduzione delle sementi da un anno al successivo. Ancora, secondo quanto richiesto dal bando, gli agricoltori s'impegneranno a mantenere siepi ed aree di vegetazione spontanea, ad evitare l'uso di fertilizzanti ed antiparassitari di sintesi e a curare rotazioni e consociazioni, massimizzando la varietà di specie selvatiche e coltivate per garantire al sistema stabilità e durata nel tempo. Ognuno avrà a disposizione un box in legno come deposito attrezzi e delle prese d'acqua.

Veduta degli orti ai piedi del paese

Se nel corso del '900 più volte per esempio lo stato americano ha appoggiato e finanziato la realizzazione di community gardens per sostenere l'autonomia alimentare delle fasce sociali più deboli [1], in Gran Bretagna, Svezia, Germania e Olanda, con nomi e politiche diverse, gli orti comunitari sono oggi una realtà consolidata e importante, non soltanto naturalmente dal punto di vista del rifornimento alimentare ma come una possibile forma di verde urbano, che preveda la gestione attiva da parte dei cittadini, nonché funzioni didattiche e dimostrative di nuove e antiche pratiche ecologiche.

Gli orti comunitari sono oggi una realtà consolidata e importante come una possibile forma di verde urbano, che preveda la gestione attiva da parte dei cittadini, nonché funzioni didattiche e dimostrative di nuove e antiche pratiche ecologiche.
Veduta degli orti dalla sommità del paese

È così che a New York, per esempio, Green Thumb, un'associazione patrocinata dal Dipartimento dei Parchi, trasforma zone degradate in orti urbani che riforniscono i mercati biologici cittadini. A Parigi, i "jardins partagés" (eredità dei precedenti "giardini operai") sono riuniti nella rete municipale del programma "Charte Main Verte" che prevede una convenzione base tra cittadini e amministrazione che impegna il comune a fornire l'acqua e il terriccio vegetale, l'associazione ad aprire al pubblico il giardino per almeno due mezze giornate alla settimana. Ancora, a Londra il programma " Capital growth" invita tutti i cittadini a partecipare alla riqualificazione degli spazi di risulta della città, in vista delle Olimpiadi del 2012, attraverso la realizzazione di progetti comunitari di coltivazione di frutta e ortaggi da destinare al consumo locale. Il programma offre assistenza tecnica, supporto economico e formazione alle associazioni interessate a realizzare e gestire un orto collettivo. Dalla campagna toscana al vorticoso skyline di Londra, questi esempi ci raccontano una utopia realizzabile: quella di un verde produttivo che torna a riconquistare spazio e valore nel paesaggio urbano, dandogli insieme nuova forma ed energia.

[1] Il primo programma organizzato finalizzato a trasformare terreni abbandonati in orti comunitari, per rispondere ad una crisi economica, è il Potato Patche del 1894-1917, sviluppato dal sindaco di Detroit e poi imitato in altre grandi città come Chicago, New York e Philadelphia; la crisi della Prima Guerra Mondiale porta al programma dei Liberty Gardens che tra il 1917-1920 incoraggia la realizzazione di orti patriottici per produrre frutta, verdura e conserve; tra il 1930-1939 i Relief Gardens vengono istituiti come risposta alla Grande Depressione; durante la Seconda Guerra Mondiale tra il 1941-1945 i Victory Gardens invitano i cittadini americani a coltivare "Food for Freedom"; infine, a partire dagli anni '70 l'American Community Garden Association promuove la coltivazione e la cura di aree verdi condivise.