Tinguely, Christo e Marina Abramović: quando l’arte entra nelle vetrine

Da dispositivo commerciale a spazio per l’arte e la politica, sono secoli che le vetrine ci attivano attraverso lo sguardo: lo racconta una mostra a Basilea.

Solitamente le vetrine si guardano, passeggiando sui marciapiedi delle città, nelle zone dove i piani terra si aprono ad una relazione con il pubblico; alle volte, invece, sono loro a guardare noi. Le vetrine sono gli occhi di uno spazio che ammicca, catturano lo sguardo del passante e lo invitano a rallentare, a fermarsi e, nel migliore dei casi, a deviare il percorso per attraversare un limite, verso un luogo non previsto.

L’arte, e quindi il design, hanno spesso “occupato” questi spazi, bidimensionali che diventano tridimensionali e a volte quadridimensionali, soprattutto da quando (forse da sempre) si è deciso di presentare le merci in modo “estetico” e non solo per scopi informativi e commerciali.

Foto dalla serie 25 Windows: A Portrait/Project for Bonwit Teller © Lynn Hershman Leeson. Courtesy ZKM | Zentrum für Kunst und Medien Karlsruhe. Foto Franz J. Wamhof, © 2024/2025 ProLitteris, Zürich

La mostra “Fresh Window. The Art of Display and Display of Art”, in corso al Tinguely Museum di Basilea, è dedicata all’esplorazione di questo preciso tema tipologico che sa unire arte, allestimento, comunicazione, economia e cultura, ed è anche un’ottima occasione per ripercorrere l'inizio della carriera di Jean Tinguely, proprio legato a questo "mestiere" che spesso chiede di diventare arte.

Nel 1941 un adolescente Tinguely inizia un apprendistato come vetrinista presso i grandi magazzini Globus di Basilea, ma non viene assunto per "mancanza di disciplina". Completa la sua formazione nel 1944 con il vetrinista freelance Joos Hutter che lo incoraggia a frequentare la scuola di arti applicate della città. Mentre acquisisce una certa “disciplina” artistica, appunto, continua con i suoi progetti di vetrine in città – per committenze come l'ottico Ramstein Iberg Co, la libreria Tanner e il celebre negozio di mobili Wohnbedarf – luoghi in cui comincia ad elaborare il tipico linguaggio delle sue opere successive.

Jean Tinguely's Rotozaza III, nella vetrina di Loeb department, Berna, 1969 © Staatsarchiv des Kantons Bern. Courtesy Museum Tinguely, Basel. Foto Fredo Meyer-Henn

Sono gli anni in cui anche Marcel Duchamp si cimenta con dei "progetti d'arte", come la vetrina con ingresso della Galerie Gradiva di Parigi (1937) oppure le vetrine di una libreria newyorkese per il lancio di un volume di Breton (1945).

L’arte, e quindi il design, hanno spesso ‘occupato’ questi spazi, bidimensionali che diventano tridimensionali e a volte quadridimensionali.

Nella New York degli anni ‘50 altri giovani autori applicavano la loro arte in questo campo. Grazie a Gene Moore, direttore artistico dei grandi magazzini Bonwit Teller e della gioielleria Tiffany & Co. venne sostenuto e promosso il talento di giovani ancora sconosciuti, commissionando progetti a Robert Rauschenberg, Jasper Johns o Andy Warhol prima che si affermassero nel mondo dell'arte. 

Andy Warhol, Bonwit's Loves Mistigri, 1955, The Andy Warhol Museum, Pittsburgh © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc. / 2024 ProLitteris, Zürich

Partendo da questi esempi storici la mostra si occupa poi di varie occasioni anche contemporanee, comprese quelle in cui la vetrina passa da oggetto artistico a soggetto di un'opera d'arte. Oltre a numerosi dipinti, oggetti scultorei e ricerche fotografiche, le vetrine diventano quindi centrali anche in opere video, installazioni e performance.

Essendo spazi altamente visibili, in posizioni di rilievo, le vetrine dei negozi si sono infatti rivelate interessanti soprattutto per gli artisti performativi: con l'obiettivo di raggiungere il pubblico più vasto e diversificato possibile, su questo “palcoscenico” sono state spesso affrontate questioni sociali e politiche.

Christo, Purple Store Front, 1964 © 2024 ProLitteris, Zürich; Christo and Jeanne-Claude Foundation. Foto Wolfgang Volz

Per fare un esempio, una rilevante selezione di opere e progetti è quella che passa dagli Store Fronts di Christo (1964-68), in cui la tipica azione di velatura del contenuto sottolinea l'aspetto voyeuristico come valore enigmatico e di completamento delle vetrine; anche la sovracoperta del catalogo della mostra ne riprende il concetto.

Nel 1969, poi, con l'opera Rotozaza III, ancora Tinguely – questa volta in veste ufficiale d’artista – “attivava” nella vetrina dei grandi magazzini Loeb di Berna una sua grande macchina che rompeva delle stoviglie e dei piatti davanti a una folla di spettatori, criticando senza mezzi termini l'eccessivo consumismo del mondo occidentale.

Poco ricordata riappare anche una performance di Marina AbramovićRole Exchange del 1976, dove l’artista ha scambiato il posto di lavoro con una prostituta di Amsterdam (che è stata, in un cambio di ruoli, inviata ad interpretare l'artista stessa in una sua mostra), trascorrendo due ore seduta alla finestra di una casa di appuntamenti, mettendo in discussione non solo il valore attribuito alle diverse attività, ma anche le connotazioni morali della vetrina.

Martina Morger, Lèche Vitrines, 2020 © Martina Morger, video still: Lukas Zerbst
Essendo spazi altamente visibili, in posizioni di rilievo, le vetrine dei negozi si sono infatti rivelate interessanti soprattutto per gli artisti performativi: con l'obiettivo di raggiungere il pubblico più vasto e diversificato possibile.

Nel 1980, Sherrie Rabinowitz e Kit Galloway hanno utilizzato una tecnologia all'avanguardia per consentire alle persone che passavano davanti a una vetrina di New York di comunicare direttamente con quelle che passeggiavano davanti ad un’altra vetrina di Los Angeles, attraverso una sorta di video call ante litteram. Quest'opera, Hole in Space, è una speciale dimostrazione di come una vetrina possa svolgere altri ruoli, diventando altri luoghi, carichi di interazioni, discussioni e incontri.
 


Tra le opere più recenti e interessanti, invece, una performance di Martina Morger, Lèche Vitrines (2020), che indaga e spinge oltre i limiti la funzione seduttiva della vetrina. L’opera esaspera questa caratteristica con una azione che gioca sul modo di dire francese di “andare in giro per guardare le vetrine”, mettendo in scena un vero e proprio (s)coinvolgimento perturbante, oltre che performante, in cui l'artista lecca le vetrine più attraenti.

Questi esempi tra design e arte mostrano chiaramente come le vetrine acquisiscano anche un ruolo concettuale di specchio della società, che esercita un'influenza modellante sul volto della città e quindi dei suoi cittadini.

Allo sguardo che la mostra posa sul tema si aggiungono poi alcune opere sulle vetrate del museo – che diventano vetrine per l'occasione – ma anche un’invasione delle strade di Basilea con sette nuovi allestimenti/opere, vetrine per negozi veri e funzionanti, realizzate da StadtKonzeptBasel con gli ex studenti dell'Academy of Art and Design FHNW, che hanno creato installazioni e performance originali per accompagnare e integrare l’esposizione, rendendo ancora di più quest’arte parte della vita quotidiana.

Mostra:
Fresh Window, The Art of Display & Display of Art
Dove:
Museo Tinguely, Basilea
Date:
Fino all'11 maggio 2025

Immagine di apertura: Elmgreen & Dragset, Prada Marfa, 2012 © 2024/2025 ProLitteris, Zürich

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