In una serata di dicembre a Helsinki, presso il cinema Bio Rex – un gioiello di architettura funzionalista degli anni ‘30 – il brand tecnologico Honor ha lanciato la prima edizione europea dei Talents Global Design Awards. Nati come un “incubatore di innovazione,” questi premi sono stati l’occasione per discutere una questione oggi fondamentale: possiamo davvero fidarci dell’intelligenza artificiale? Dal 2020, il concorso ha ricevuto oltre 34.000 opere da 240 scuole di 47 paesi diversi. Per l’edizione speciale del 2024, dedicata al tema “Natale in un Paese delle Meraviglie Nordico”, si è visto quanto l’Intelligenza Artificiale stia entrando a far parte del processo creativo. Lo spagnolo Roberto Gandia Torro ha vinto il primo premio con “Protect of Nature”, una rappresentazione di panda come guardiani della natura creata grazie all’AI. Ma nonostante gli applausi e i premi, la serata è stata attraversata da un filo di inquietudine: dove ci porterà questa strada?
Honor Talents Awards e il dilemma dell’AI: daresti una pistola a un bambino?
I Design Awards di Honor sono stati un’occasione per discutere il ruolo dell’AI nella creatività, e Domus ha avuto modo di approfondire il tema con Perttu Pölönen, futurologo e speaker dell’evento.
Courtesy Honor
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- Alessandro Scarano
- 15 dicembre 2024
La discussione: design, tecnologia e umanità
L’evento è stato contornato da una discussione che ha esplorato il punto d’incontro tra design, AI e creatività umana. Yrjö Sotamaa, leggenda del design e co-fondatore dell’Università Aalto, ha ricordato come precedenti rivoluzioni tecnologiche abbiano ampliato le possibilità del design, citando le opere di Zaha Hadid e Frank Gehry. Maria Ritola, co-fondatrice di Iris.ai, ha paragonato l’avvento dell’AI alla Rivoluzione Industriale, chiedendosi cosa resti dell’identità umana quando deleghiamo il nostro lavoro mentale alle macchine. Anche Ulla-Maaria Koivula, CEO di ThingLink, e Umberto Onza, design director per progetti gen-AI, hanno aggiunto al discorso le loro riflessioni.
Perttu Pölönen: La pistola sparachiodi, il bambino e il futuro della creatività
Perttu Pölönen, futurologo e autore, porta sul tavolo una prospettiva chiara e provocatoria: la vera domanda non è se possiamo fidarci dell’IA, ma se possiamo fidarci di noi stessi nell’usarla. “Quando la tecnologia avanza, dobbiamo ridefinire cosa è giusto o sbagliato, naturale o innaturale,” spiega. “L’AI ci sta creando una crisi d’identità. Cosa resta di noi quando l’intelligenza e la conoscenza non sono più una esclusiva degli esseri umani?”
Se un ingegnere costruisce un ponte difettoso, crolla. Ma se un ingegnere dell’AI commette un errore, dove avviene il crollo? Serve una responsabilità chiara per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e le sue conseguenze.
Perttu Pölönen
Secondo Pölönen, l’AI è un acceleratore di creatività ed efficienza, ma serve chiedersi: verso cosa stiamo accelerando? Più velocità non significa più progresso. Lo spiega con una metafora: “Daresti una pistola sparachiodi a un bambino? No. E l’AI è cento volte più potente e versatile. Abbiamo bisogno di regole, sicurezza e linee guida, come abbiamo fatto con le cinture di sicurezza e i semafori per le automobili.” Pölönen ha anche parlato del rischio di lasciare indietro molte persone. “Alcuni di noi usano l’IA ogni giorno, altri no. Questo non è solo un divario sociale, ma anche geografico”. Come spiega Pölönen, i principali sistemi basati sull’AI a cui abbiamo accesso sono stati sviluppati da aziende private. “Gli Stati Uniti innovano, la Cina scala e l’Europa regola”, ha osservato, aggiungendo che esiste un unico contesto in cui una AI “pubblica” e libera poteva emergere, e quel posto è l’Europa: ma non è successo ed è il segno di come sta andando il mondo. Pölönen esortai designer a riflettere in modo critico sul ruolo dell’AI nel loro lavoro. “L’AI dovrebbe potenziare le nostre capacità cognitive, non sostituirle. La nostra capacità di concentrazione si sta riducendo, mentre i problemi del mondo diventano sempre più complessi. Abbiamo bisogno di capacità di pensiero migliori, non peggiori.”
Il lato umano nell’età degli algoritmi
L’educazione e l’etica saranno fondamentali per guidare l’IA in modo responsabile. “Con i social media, non abbiamo parlato abbastanza di etica. Ora, con l’IA, abbiamo una seconda possibilità per fare le cose nel modo giusto,” sottolinea Pölönen, cbiosando con un richiamo alla responsabilità: “Se un ingegnere costruisce un ponte difettoso, crolla. Ma se un ingegnere dell’AI commette un errore, dove avviene il crollo? Serve una responsabilità chiara per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e le sue conseguenze.” I giovani artisti hanno usato l’IA come uno strumento creativo. Le loro opere non sono capolavori definitivi, ma visioni di ciò che ci aspetta. Come ricorda Pölönen, l’Intelligenza Artificiale non è solo un alleato, ma un attore autonomo. La vera domanda che dovremmo porci è quella stessa che insegue l’umanità dall’alba dei tempi, non se possiamo fidarci dell’automazione, ma… possiamo fidarci di noi stessi?