“Su una popolazione mondiale di 8,1 miliardi, 1,6 miliardi ha condizioni abitative inadeguate, secondo le Nazioni Unite”, scrivono nell’editoriale di Domus 1089 Alberto Cendoya e Diego Lopez, dell’Unità Architettura e Tecnologia alla Norman Foster Foundation. Il problema principale della casa nelle città sono i prezzi degli alloggi, che sono inaccessibili alla maggior parte della popolazione residente. Dall’altra parte, secondo Un-Habitat, i recenti disastri naturali e i conflitti bellici hanno ridotto 103 milioni di persone alla condizione di profughi, che sono spesso costretti a vivere per tempi lunghi in strutture inadeguate, pensate come temporanee.
Domus 1089 è in edicola
Il numero di Domus di aprile, curato da Norman Foster, esplora il futuro della casa.
Testo Alberto Cendoya, Diego Lopez
Testo Matthew Foreman
Testo Maria Vassilakou
Testo Alberto Cendoya, Diego Lopez
Testo Matthew Foreman
Testo Rómulo Moya Peralta
Testo Mel Schenck
Testo Jonathan Glancey
Testo Tomà Berlanda
Testo Anna Pomazanna
Testo Juli Capella
Testo Suleman Anaya
Testo Bushra Mohamed
Testo Valentina Croci
Testo Norman Foster
Testo Luca Galofaro
Testo Norman Foster
Intervista Norman Foster
Testo Edward Burtynsky
Testo Walter Mariotti
Testo Javier Arpa Fernández
Testo Paola Carimati
Testo Francesco Franchi
Testo Cristina Moro
Testo Walter Mariotti
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- La redazione di Domus
- 08 aprile 2024
Negli ultimi due secoli, sono stati molti i tentativi di rispondere al diritto a un abitare dignitoso attraverso la produzione in serie. A ripercorrere una serie di tappe salienti è l’articolo di Matthew Foreman, una raccolta di progetti suddivisi per innovazioni nel metodo di prefabbricazione, nella materialità, nella modularità e nella trasportabilità, frutto della ricerca Essential Homes presentata alla Biennale di Architettura di Venezia 2023 da Norman Foster Foundation e Holcim.
I tre saggi descrivono tre casi di studio esemplari in ambiti diversi. Maria Vassilakou, vicesindaca di Vienna dal 2010 al 2019 ed esperta del comitato 100 climate-neutral cities by 2030 dell’Ue, racconta dell’esperienza della capitale austriaca. Nominata da più fonti come città più vivibile al mondo, oggi rappresenta un modello di inclusività per le politiche abitative. Alberto Cendoya e Diego Lopez raccontano, invece, della sperimentazione su un sistema di costruzione modulare e innovativo condotto dalla Norman Foster Foundation in Portogallo, assieme a un consorzio di imprese, progettisti e università. Matthew Foreman scrive invece della Melbourne House a Londra, un palazzo nobiliare del Settecento convertito già nel 1802 in una serie di alloggi gestiti come cooperativa: un possibile ispirazione per affrontare i problemi abitativi di oggi.
La sezione di architettura raccoglie una serie di esperienze significative, tra cui progetti realizzati e concept. In Ecuador, Natura Futura e Juan Carlos Bamba hanno ristrutturato e implementato un’abitazione galleggiante sul fiume Babahoyo. La Balsanera è sia residenza sia spazio produttivo, una struttura resiliente che asseconda il movimento dell’acqua offrendosi come modello anche per gli insediamenti delle comunità minacciate dall’innalzamento dei mari. In Vietnam, nella città di Hue, Labri House di Nguyen Khai Architects & Associates (Nkaa) si articola in una serie di blocchi monofunzionali in un sito di 100 m2. Si tratta di un esperimento di abitare minimo, memore della tradizione locale, che usa vetro, cemento e vegetazione per permettere ai suoi residenti di fare un consumo limitato di energia. A Londra, Gianni Botsford Architects costruisce, su un intervento di Foster Associates del 1969, una residenza passiva su quattro livelli. Sull’Isola di Manda, in Kenya, con la Falcon House, Pat. architetti associati e Ferdinando Fagnola guardano all’opera di maestri moderni come Craig Elwood, Paul Rudolph e Pierre Koenig, lavorando con l’acciaio e sulla preesistenza. L’operazione, però, solleva domande sull’eredità coloniale che l’ha generata.
Costruire Labri House è stato come fare crescere un bosco: è sorta spontaneamente, come un albero dal terreno.
Nkaa
Pensato, invece, per l’emergenza abitativa generata in Ucraina dall’invasione russa, ReHome di Cutwork Studio è un concept valido anche per la realizzazione di volumi fino a sei piani in contesti urbani in cerca di densificazione. Con un piccolo edificio nel centro di Barcellona, poi, Atienza Maure Arquitectos sviluppa un progetto basato sulla relazione con il clima e l’inquinamento acustico, che media attraverso una facciata ispirata a una soluzione tradizionale. L’architetto e scultore Carlos H. Matos completa, invece, un esperimento per agevolare la disconnessione dalla quotidianità: un volume che associa suggestioni e riferimenti diversi per sviluppare una forma minima di abitare. Bushra Mohammed di Msoma Architects propone un’ibridazione fra le compound house multigenerazionali africane e le tipologie occidentali per andare incontro allo stile di vita delle comunità della diaspora nel Regno Unito.
Nella sezione Design viene presentata la collezione Alder di Patricia Urquiola per Mater, una serie di arredi che coniuga produzione circolare e abitare flessibile. Per Foster sull’arte, l’architetto britannico sceglie l’installazione Redheat Ed (2011) dell’artista tedesco Imi Knoebel. In Book reviews, Luca Galofaro recensisce tre libri – uno curato dal Joint Center for Housing Studies della Graduate School of Design di Harvard; uno curato da Bülent Batuman e Kıvanç Kılınç; l’ultimo scritto da John Boughton – che guardano rispettivamente allo stato della casa negli Stati Uniti, alla condizione abitativa dei rifugiati e alla storia della residenza pubblica in Gran Bretagna. In Postscript, Foster ritorna su un caposaldo della teoria architettonica del 1964, ovvero Architettura senza architetti di Bernard Rudofsky, sia libro sia celebrata mostra al Moma di New York.
A chiudere il numero è l’intervista a Eames Demetrios, nipote di Charles e Ray Eames, che con Norman Foster discute dell’eredità del Case Study House Program. Nella Cover story, il fotografo canadese Edward Burtynsky ricorda la genesi della fotografia presentata sulla copertina. È stata scattata nella capitale etiope Addis Abeba, dove si vedono le tracce del suo tasso di sviluppo vertiginoso, sia in termini demografici sia urbani.
Nella sezione Diario, il direttore editoriale Walter Mariotti incontra il fiscalista e artista Stefano Simontacchi, con cui parla di The Prism, suo nuovo spazio a Milano dedicato alla spiritualità. Javier Arpa scrive, in Emerging Territories, della prosperità della Namibia e della sua capitale Windhoek, fra miniere, dilemmi urbani e lotte per l’inclusione. Per Human Design, Paola Carimati sceglie l’iniziativa Laboratorio Roma050, progetto di Stefano Boeri su mandato del sindaco Roberto Gualtieri, che vede coinvolti otto studi under 35 guidati da Matteo Costanzo ed Eloisa Susanna. In Grafica, Francesco Franchi presenta un progetto di Kunel Gaur che mette in rapporto tipografia e brutalismo. In Mnemosine, Cristina Moro racconta della riedizione della sedia Francesca Spanish disegnata da Philippe Starck nel 1984 per Baleri Italia e rilanciata quest’anno dall’azienda, e della sua relazione con il romanzo Ubik dello scrittore di fantascienza Philip K. Dick.
Sempre nel Diario, uno speciale è dedicato alla Milano Design Week 2024: il direttore editoriale Walter Mariotti intervista Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo. In queste pagine, anche il racconto di 25 anteprime selezionate (+1) degli eventi e dei progetti che aspettiamo di vedere.
La crisi abitativa è un problema globale, che non si limita alle città, ma riguarda anche gli sfollati. Una possibile soluzione è la Essential House della Norman Foster Foundation.
L’attrattività della capitale austriaca, città più vivibile al mondo, risiede nella sua idea di sociale, coltivata nei secoli e gestita con regole che sarebbe bene fare proprie
Per fare fronte alla carenza di abitazioni, alloggi per studenti e residenze per anziani, un consorzio di imprese, università e architetti sta testando un sistema di costruzione modulare innovativo.
Nata dalla conversione della Melbourne House a Londra, l’uso dello spazio e la gestione a cooperativa del “paradiso di Piccadilly” sono una fonte di ispirazione per affrontare i problemi abitativi di oggi.
Il recupero e l’implementazione di una casa galleggiante sul fiume Babahoyo, in Ecuador, fornisce un modello adattabile e sostenibile per le comunità costiere minacciate dall’innalzamento del livello del mare.
Stratificando vetro, cemento e diverse specie vegetali, la residenza mette a punto un modello di abitare minimo, memore della tradizione costruttiva del Vietnam.
La residenza londinese incorpora un intervento di Foster Associates del 1969, a sua volta ampliamento di un casolare ottocentesco ora demolito, combinando progettazione passiva e attenzione alla preesistenza.
La residenza autosufficiente, in un’area del Kenya nota per il turismo di élite, s’ispira ai maestri della modernità. L’operazione, però, solleva domande sull’eredità coloniale che l’ha generata.
Concepito come risposta all’emergenza della guerra in Ucraina, il concept si propone come antidoto alla crisi abitativa globale fornendo un modello accessibile che sfrutta modularità e prefabbricazione.
I fronti posteriori degli edifici ottocenteschi dell’Eixample di Barcellona ispirano la facciata dell’edificio, progettata per proteggere gli interni dal clima mediterraneo e dal traffico urbano.
A Puerto Escondido, la casa sospesa fra arcaico e contemporaneo nasce per rispondere al desiderio di disconnessione.
Combinare le peculiarità multigenerazionali delle compound house africane alle caratteristiche delle case a schiera vittoriane o dei palazzi ad appartamenti potrebbe offrire una soluzione per lo stile di vita convidiso delle comunità della diaspora.
Usando un nuovo materiale biodegradabile, la progettista spagnola disegna una serie di arredi che sono un manifesto della produzione circolare sostenibile, oltre che di un modo di abitare flessibile.
L’opera dell’artista tedesco, che Foster ha scelto per la sua casa in Engadina, è diventata inseparabile dalla struttura medievale di legno che la incornicia.
In visita a Casa Eames, Foster ripercorre, in dialogo con il nipote dei visionari architetti, i tratti connotanti del Case Study House Program e ne mette in evidenza il lascito culturale.
A Milano, ha aperto al pubblico uno spazio, unico nel suo genere, per l’arte, la sperimentazione e la ricerca interiore. Il suo fondatore – fiscalista di successo, artista, esperto di sciamanesimo – ne racconta l’origine e gli obiettivi.
Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo, racconta presente e futuro di una filiera lunghissima – che parte dall’albero e arriva al mobile –, di cui il Salone è la vetrina e lo specchio.