Questo articolo è stato pubblicato precedentemente su Domus 1096, dicembre 2024.
È delicato e poetico il progetto di restauro/ristrutturazione della chiesa di Nostra Signora della Costa a Levanto, in provincia di La Spezia, curato dallo studio genovese Caarpa. Il piccolo edificio ecclesiastico è di origine antichissima, almeno del XIV secolo, ma è stato profondamente modificato nel tempo. Come per tanti monumenti minori, i danni più gravi risalgono alla metà del Novecento, un’epoca di crescita intensa e di tutele patrimoniali sommarie, in cui cappelle e cappellette di tutta Italia sono state convertite disinvoltamente in spazi commerciali, depositi e garage.
Sono gli anni in cui la congregazione religiosa proprietaria della chiesa di Levanto ha ribassato il pavimento originario, ha venduto i rivestimenti marmorei e ha suddiviso l’interno in due sale sovrapposte, separate da una generica soletta in calcestruzzo. Caarpa si confronta con uno stato di fatto già parzialmente ripristinato all’inizio del nostro secolo, con la demolizione della soletta incongrua e la costruzione di un tetto piano.
Anche il progetto contemporaneo prevede l’inserimento tra le mura storiche di un corpo alieno, ma in questo caso si tratta di un raffinato telaio metallico autoportante che, come le tradizionali cantorie riservate al coro, si addossa alla facciata principale e vi affianca una balconata sospesa. Verso il muro perimetrale, la sorreggono due pilastri spessi, concepiti come volumi di lamiera microforata che celano gli impianti tecnici. I supporti sul lato opposto, al contrario, sono snelle travi HEA coronate da risvolti curvilinei, echi delle arcate dell’abside e degli altari laterali.
La chiesa riapre al pubblico come sala per conferenze e altri eventi, oltre che come foresteria per brevi soggiorni. In quest’ottica, l’intervento soddisfa innanzitutto esigenze di carattere funzionale, perché aumenta la superficie disponibile e articola l’open space in ambiti e quote diverse. L’ambiente al di sotto del mezzanino svolge il ruolo di endoportico, spazio-filtro che media il rapporto tra interno ed esterno, mentre su un piano più prosaico un nuovo blocco di servizi igienici è posizionato al livello superiore. Al tempo stesso, l’architettura-installazione di caarpa è “una macchina spaziale che aggiunge scorci e vedute inedite sull’edificio storico”, come raccontano gli stessi progettisti. Risalendo la rampa che si avvolge attorno a un pilastro, i visitatori sfiorano le pareti della fabbrica antica, ruvide dei resti di apparati decorativi realizzati nel corso dei secoli.
Al termine della loro ascensione, giunti sulla balconata, apprezzano da una nuova prospettiva la scala monumentale dell’aula e riscoprono il paesaggio esterno attraverso la finestra trilobata centrale. A Levanto, caarpa realizza un restauro non filologico, ma conservativo; un’operazione non di ricomposizione di un’unità originaria, ma di enfatizzazione di tracce diacroniche. Ingentilito dalla sua colorazione integrale di azzurro tenue, l’innesto contemporaneo è inteso qui come l’aggiunta più recente a un palinsesto variegato di forme, materiali e cromie che, forse, continuerà ad arricchirsi nel tempo.