Il primo raggio di luce è comparso nell’universo 380.000 anni dopo il Big Bang (13,78 miliardi di anni fa), quando protoni ed elettroni s’incontrarono per formare l’idrogeno, prima che nascessero pianeti e stelle. La luce è storia antica, mito, scienza, eppure ne siamo circondati ogni giorno, ovunque. È disponibile e accessibile a tutti, un elemento quotidiano che regola il ritmo della nostra vita e ci connette in un’esperienza condivisa. Ogni raggio di luce è una radiazione elettromagnetica, su una lunghezza d’onda di cui l’occhio umano è in grado di rilevare solo uno spettro ristretto, una gamma chiamata luce visibile che definisce il modo in cui percepiamo il mondo, e cambia per intensità, qualità e capacità di rifrangere l’atmosfera in luoghi diversi. La luce è però anche calore: è la radiazione e l’energia che riscalda il nostro pianeta. I suoi effetti agiscono in ambito esperienziale, ma le sue manifestazioni sono anche di natura scientifica. Gli scienziati continuano a indagare la luce e a ridefinirne la comprensione. Isaac Newton sosteneva che fosse costituita da particelle o fotoni, mentre secondo Christiaan Huygens essa segue modelli ondulatori. Albert Einstein unì poi le due prospettive, dimostrando che la luce ha caratteristiche sia di particella sia di onda, schiudendo il campo della meccanica quantistica. La ricerca continua: la luce proveniente dalle profondità dello spazio contiene la chiave dell’origine dell’universo e della vita stessa.
Toshiko Mori: “La luce”
Nell’editoriale di Domus 1083 la guest editor esplora l’importanza della luce nella definizione dello spazio, attraverso il lavoro di alcuni interessanti progettisti, tra i quali il co-guest editor Steven Holl.
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- Toshiko Mori
- 04 ottobre 2023
Come l’aria, la luce è uno dei pochi elementi che sfuggono ai confini territoriali e al possesso privato, ed è democraticamente accessibile a tutti.
Sono sempre stata affascinata dalla fisica, perché la luce e la gravità sono due elementi con cui l’architettura deve confrontarsi continuamente. L’immagine di copertina della Bibliothèque nationale de France di Henri Labrouste mostra come entrambi questi elementi siano stati calibrati per donarci la percezione di una struttura senza peso, che utilizza la ghisa e la qualità trascendentale di uno spazio caratterizzato da una luce senza ombre. Nella storia di copertina, Barry Bergdoll analizza la Bibliothèque in modo più dettagliato ed erudito. Per l’architettura, l’arte e il design, la luce è uno strumento essenziale nella creazione degli spazi, dà colore e risalto alle forme, modellando la nostra esperienza emotiva e viscerale del mondo che ci circonda. Nella famosa affermazione di Le Corbusier: “La storia dell’architettura è la storia della lotta [dell’uomo] per la luce”. Lo studio della luce ha portato anche alla nascita della teoria del colore. Secondo Aristotele, “la luce è la ‘natura’ insita nel traslucido quando quest’ultimo è privo di confini determinati. È però evidente che, quando il traslucido si trova in corpi precisi, il suo estremo limite deve essere qualcosa di reale; e che il colore sia proprio questo ‘qualcosa’ ce lo insegnano i fatti...¹”. La teoria di Aristotele sui confini del colore fu esplorata scientificamente da Isaac Newton, che inventò una ruota con i sette colori visibili che compongono la luce bianca, basandosi su un modello matematico. La moderna teoria dei colori, incentrata sulla percezione e sull’inclusione dell’oscurità, fu ulteriormente sviluppata da Goethe: “La luce e l’oscurità, la luminosità e l’oscurità, o se si preferisce un’espressione più generale, la luce e la sua assenza, sono necessarie per la produzione del colore²”. Questa nuova teoria avrebbe contribuito a portare la razionalità nell’arte e ad abbandonare il dogma religioso. Il paesaggista inglese J.M.W. Turner studiò la teoria di Goethe per il suo dipinto Light and Color (Goethe’s Theory) ‒ the Morning after the Deluge ‒ Moses Writing the Book of Genesis, del 1843, che mette a confronto le origini bibliche della luce e la teorizzazione moderna del colore.
In seguito, Turner farà una scelta radicale, ossia dipingere paesaggi senza connotazioni religiose o figurative. Analogamente, anche la Hudson River School, negli Stati Uniti, avrebbe scelto di raffigurare la luce del giorno nel paesaggio naturale piuttosto che in narrazioni allegoriche di scene mitiche o religiose. Più o meno nello stesso periodo in Francia, gli Impressionisti si allontanavano dalla tradizione classica della rappresentazione figurativa per rendere protagonista dei loro dipinti la luce stessa. La storia della comprensione della luce attraverso l’arte e l’architettura è una continua ricerca per ridefinire noi stessi e il mondo che ci circonda. In linea con questa visione, questo numero di Domus presenta il lavoro di alcuni dei più interessanti esploratori di questo elemento. Sono felice di pubblicare un dialogo con Steven Holl, co-guest editor di Domus per il 2023. Steven è uno dei principali architetti del nostro tempo ad aver affrontato efficacemente la luce in architettura. Il nostro comune interesse per la scienza, la fenomenologia e il ruolo dell’umanità risuona in tutta la nostra conversazione. Il testo di Mark Wigley e Beatriz Colomina su Lina Bo Bardi, che ha lavorato con il fondatore di Domus Gio Ponti, è illuminante e ha un posto speciale, perché riflette sull’influenza dell’architetta italiana e sulla storia di questa rivista. Nelle opere di Lina Ghotmeh, Karamuk Kuo e Neri&Hu che abbiamo scelto la luce è intesa come materiale che enfatizza la presenza mutevole degli spazi, a seconda dell’ora del giorno. Questi progetti usano la luce per connettersi al mondo esterno, ma anche per smaterializzare la natura altrimenti statica degli edifici. La luce è un elemento che mette in relazione le diverse scale del nostro universo, dalle particelle di fotoni alla distanza delle stelle. Le informazioni sull’età e sulle dimensioni dell’universo vengono trasmesse attraverso la luce dei soli di miliardi di anni fa.
Non conosciamo quindi ancora le dimensioni dell’universo e non sappiamo se si estenda all’infinito. La sua vastità viaggia in parallelo con quella della nostra ignoranza riguardo alla vita sulla Terra. Mostrando la loro flessibilità riguardo alle configurazioni stereotipate dell’occupazione domestica, SelgasCano, Michelle Chang e Sean Canty stanno ridefinendo i paradigmi dello spazio abitativo e rinnovando le tipologie conosciute usando la luce. In questo numero, ognuno di loro arriva a elaborare nuove configurazioni di case che assorbono i cambiamenti degli stili di vita e dei nuclei familiari della società contemporanea. Il mio interesse per la luce è personale e familiare: da oltre 40 anni sono sposata con James Carpenter, il cui lavoro è raccontato in questo numero. Sebbene il suo studio sia indipendente dal mio, sono stata esposta alla sua continua ricerca sulle proprietà scientifiche della luce e alla ricerca del suo potenziale. Come l’aria, la luce è uno dei pochi elementi che sfuggono ai confini territoriali e al possesso privato, ed è democraticamente accessibile a tutti. Essa contiene e trasmette informazioni. Le indagini di Goethe sul mondo naturale, l’astronomia di Copernico e Galileo, la filosofia di Cartesio, la fisica e la cosmologia di Newton hanno contribuito al movimento illuminista e a una lettura razionale del mondo che ci circonda. Essere ‘illuminati’ significa assorbire nuove informazioni sul mondo al di fuori delle nostre conoscenze limitate. Ognuno degli autori di questo numero di Domus ha indicato nuovi percorsi per pensare alla luce nel design, nell’arte, nell’architettura, illuminando la riflessione sul nostro posto nell’universo.
1. Aristotele, De sensu et sensibilibus, in Parva naturalia (traduzione italiana di Renato Laurenti, Laterza, Bari 1973).
2. Johann Wolfgang von Goethe, Zur farbenleherer, 1810 (Traduzione italiana: La teoria dei colori, Il Saggiatore, Milano 1993).
Immagine di apertura: William Turner, Light and Colour (Goethe’s Theory) – the Morning after the Deluge – Moses Writing the Book of Genesis, 1843. Olio su tela. 78,7 x 78,7 cm. Tate Gallery, Londra. © Tate, London. Photo Scala, Firenze