Che cos’è il corecore, l’ultima ossessione estetica di TikTok

Con oltre un miliardo di visualizzazioni, è diventato un fenomeno virale lo stile di montaggio che unisce brevi sequenze apparentemente casuali e un forte impatto emozionale. Nuova estetica o fenomeno di passaggio? 

Su TikTok, funziona spesso così: poniamo che siate dei grandi fan delle baite di montagna, della vita rurale e idealizzata in mezzo alla natura. In questo caso, l’hashtag di riferimento per i video attraverso cui raccontate ed esprimete questo ideale estetico sarà #cottagecore (12,6 miliardi di visualizzazioni su TikTok). Se invece l’estetica che più vi affascina è legata a una visione fiabesca, l’hashtag che raccoglie tutto il materiale di questa corrente sarà #fairycore (3,3 miliardi di visualizzazioni). Il vostro stile preferito è più legato a un immaginario cyberpunk? Allora potete seguire i video #cybercore.

In poche parole, seguendo la decennale tendenza a utilizzare il suffisso “-core” per indicare un’adesione radicale a un determinato sottogenere (che a sua volta deriva dai generi musicali hardcore), ogni video di TikTok che racconta una particolare estetica o passione o ossessione utilizzerà questo suffisso, preceduto da qualche aggettivo o sostantivo caratterizzante. Su internet, però, ogni fenomeno viene portato all’eccesso, parodizzato e dotato di nuovo significato. E così, come spiega Know Your Meme, nel 2020 fa la sua prima comparsa su Tumblr e Twitter l’hashtag #corecore. In questa fase, il termine è più che altro utilizzato per ironizzare sull’abuso del suffisso “-core”, che da “normcore” in avanti ha iniziato a diffondersi in maniera sempre più pervasiva.

Passando da Tumblr a TikTok, il termine compie un ulteriore salto e cambia radicalmente, iniziando a rappresentare una vera e propria estetica. Il primo gennaio 2021, per esempio, viene pubblicato dall’utente @masonoelle un video composto dal montaggio di tanti brevi clip che mostrano calotte polari che si sciolgono, alluvioni, disboscamenti. Una musica triste di violino accompagna il tutto. Per quanto ancora non venga utilizzato l’apposito hashtag, è questo uno dei primissimi video che rappresentano l’estetica #corecore, hashtag che inizia poi a essere esplicitamente menzionato a partire dal luglio 2022, raggiungendo un crescente successo che lo ha reso – a partire più o meno da novembre dello scorso anno – il fenomeno virale di cui è impossibile non parlare, con un miliardo di visualizzazioni, un numero in costante crescita.

Blade Runner 2049, regia di Denis Villeneuve, 2017

Brevi montaggi di video drammatici sulla crisi climatica, estratti da Blade Runner 2049, dai Griffin o da altri film, show televisivi o pubblicità; spesso accompagnati da una cupa musica di accompagnamento e in grado di generare – soprattutto quando la visione di questi contenuti inizia ad accumularsi – una sensazione malinconica e nostalgica: “Non è un’estetica facile da descrivere, perché il corecore non ha un’identità definita come la vaporwave o la dark academia (altre estetiche recentemente di successo su TikTok, NdR)”, spiega a Domus Valentina Tanni, storica dell’arte ed esperta del rapporto tra arte e tecnologia (è appena uscita la nuova edizione del suo Memestetica: il settembre eterno dell’arte). “L’estetica corecore è invece volutamente molto più vaga, è quasi un’estetica ‘meta’, che celebra il concetto di -core stesso. Alcuni video sono esistenziali, altri suscitano più una sensazione nostalgica e riflessiva, sempre sfruttando la giustapposizione di brevi video d’atmosfera”.

È una giustapposizione che si muove sul labile confine tra nonsense, critica politica (attraverso soprattutto il costante riferimento alla crisi climatica e a una certa angoscia nei confronti del futuro) e un semplice rapido collage di riferimenti culturali riconoscibili. È possibile che, per certi versi, il corecore sia una sorta di versione per TikTok dello storico Blob di Enrico Ghezzi? “In effetti c’è lo stesso principio del montaggio e di ciò che avviene quando sperimenti con esso”, prosegue Valentina Tanni. “Ciò vale a maggior ragione se si pensa che la cultura di internet è anche la cultura del remix di elementi a volte incongrui. Anche i meme funzionano così: prendono elementi culturali e li giustappongono, come facevano anche nel passato gli artisti di avanguardia e i cineasti sperimentali”. Come si è chiesto l’esperto di sottoculture digitali Kieran Press-Reynolds parlando con Mashable, fino a quando la cultura di internet potrà però continuare a suddividersi e decentralizzarsi senza raggiungere una sorta di impasse? La nascita di un hashtag che inevitabilmente richiama a una metariflessione, potrebbe indicare che il fenomeno stesso sta andando a esaurirsi? “È possibile, anche perché ormai le ‘internet aestethics’ non sono più di nicchia e coinvolgono un numero enorme di persone: anche su YouTube è pieno di correnti estetiche che hanno milioni di visualizzazioni. Il corecore è quindi un po’ celebrativo, un po’ parodistico: è come se si fosse presa l’idea del core svuotandolo però dei contenuti e lasciando invece solo il format”.

Alcuni hanno visto nel corecore una vera corrente artistica di internet, altri – come il tiktoker Matt Lorence – hanno sottolineato come all’origine fosse un movimento con una forte componente politica (mostrata dalla presenza di contenuti sulla crisi climatica e sulla violenza delle forze armate), altri hanno sottolineato l’elemento di “nostalgia per il futuro perduto” delle generazioni più giovani. Ma quanto c’è di consapevole e di ragionato in una corrente di questo tipo, che per molti versi sembra essere soprattutto istintiva? “In gran parte è istinto, anche se non in un senso ingenuo”, spiega Tanni. “È vero che quasi mai sono presenti citazioni culturali precise, ma semmai riferimenti a una cultura specifica della rete, ad attitudini e comportamenti estetici assorbiti in venti-trent’anni di cultura del web, in cui abbiamo imparato ad appropriarci e a manipolare i contenuti già esistenti”.

Da questo punto di vista, è difficile non notare che un social di massa come TikTok è paradossalmente diventato la casa di una serie di nicchie sempre più specifiche e variegate; come se stesse per certi versi dando nuova linfa a ciò che fino a poco fa viveva soprattutto su piattaforme minori come Tumblr o Reddit: “Questo, secondo me, avviene in parte perché TikTok è una piattaforma che gioca tutto sull’immediatezza, ma soprattutto perché l’algoritmo di questo social porta a un’estrema personalizzazione dell’esperienza, che di fatto dà vita a tanti TikTok diversi e separati tra loro, da cui infatti nasce anche l’hashtag #nichetok, che sottolinea proprio l’aspetto dei tanti TikTok di nicchia”. Nicchie in cui è difficile capitare in maniera consapevole, ma in cui si casca quasi involontariamente, seguendo il labirinto di percorsi che si creano passando di hashtag in hashtag. Fino ad arrivare alla necessità di creare un riassunto, una sintesi estrema di tutti questi fenomeni, svuotandoli però del loro significato specifico. Ed è proprio questa, forse, la vera cifra stilistica di un fenomeno comunque inafferrabile come il corecore.