Quanto è importante affrontare la questione della “fine” nel contesto della pratica artistica attuale?
Goshka Macuga
Alla Fondazione Prada Macuga usa scultura e fotografia, architettura e ingegneria per esplorare questioni fondamentali come il tempo, l’origine, la fine, il collasso e la rinascita.
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- 04 febbraio 2016
- Milano
Da questo interrogativo nasce la mostra allestita dall’artista polacca Goshka Macuga per gli spazi della Fondazione Prada.
La capacità di pensare l’universo in maniera astratta e oggettiva e di concepire noi stessi come esseri umani ci permette di determinare l’epoca in cui viviamo come una delle molte ere dell’universo e di immaginare un’esistenza dopo di noi, un universo senza l’uomo. All’interno di questo scenario apocalittico, alcuni studiosi hanno riflettuto sul ruolo della tecnologia e dei robot come fattori che potenzialmente contribuiscono all’estinzione dell’umanità e alla loro successiva dominazione sul mondo.
Nel piano terra del Podium un androide – concepito da Goshka Macuga e prodotto in Giappone da A Lab – declama senza sosta un monologo composto da numerosi frammenti di discorsi elaborati da grandi pensatori, formando un archivio del discorso umano, sebbene non sia chiaro il destinatario di questa opera di trasmissione: in questa ambientazione dominata dalla dimensione temporale del robot, la prospettiva umana diventa irrilevante. Nello stesso spazio anche un nuovo lavoro dal titolo Negotiation sites after Saburo Murakami, realizzato da Goshka Macuga in collaborazione con Kvadrat in Danimarca
Al piano superiore, l’installazione Before the Beginning and After the End, risultato di una collaborazione tra Goshka Macuga e Patrick Tresset, presenta su cinque tavoli rotoli di carta lunghi 9,5 metri ricoperti da schizzi, disegni, testi, formule matematiche e diagrammi tracciati con penne biro dal sistema “Paul-n” realizzato da Tresset, che illustrano la storia del progresso umano. Sul sesto e ultimo tavolo i robot della serie “Paul-A” continuano a disegnare in tempo reale per tutta la durata della mostra. Le loro intenzioni non sono del tutto esplicite, a metà tra l’atto di sovrascrivere e quello di rimuovere le narrazioni antropocentriche che sembrano illustrare. Opere d’arte antica e contemporanea di artisti come Hanne Darboven, Lucio Fontana, Sherrie Levine, Piero Manzoni e Dieter Roth, oggetti rari, libri e documenti sono disposti sopra i rotoli, creando una giustapposizione che racconta l’evoluzione dell’umanità e il suo possibile collasso.
I tre ambienti della Cisterna accolgono 73 teste di bronzo che rappresentano 61 figure storiche e contemporanee come Albert Einstein, Sigmund Freud, Martin Luther King, Karl Marx, Mary Shelley e Aaron Swartz, collegate tra loro da lunghe barre metalliche: una struttura molecolare per evocare la proposta di Einstein che prevedeva una leadership intellettuale capace di sostituire l’attuale modello dell’autorità politica. Questo lavoro può essere letto come l’incontro immaginario tra pensatori di diverse epoche storiche e provenienze geografiche e culturali, le cui idee riflettono la complessità della natura umana e della sua storia.
fino al 19 giugno 2016
Goshka Maciga
To the son of man who ate the scroll
Fondazione Prada
largo Isarco 2, Milano