Abbiamo intervistato Yichen Lu, fondatore dello Studio Link-Arc, autore del Padiglione Cinese a Expo 2015 per farci raccontare come nasce un’opera che instaura un dialogo fra tecniche innovative e principi consolidati.
Spazio, materia e luce
Yichen Lu, fondatore dello Studio Link-Arc, risponde alle domande di Domus sul padiglione cinese a Expo 2015: un progetto che utilizza strumenti e metodi contemporanei per esplorare i valori architettonici tradizionali, come lo spazio, la materia e la luce.
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- 13 maggio 2015
- Milano
Domus: Secondo il brief assegnato da Expo, il design di ogni padiglione doveva essere riciclabile, con il 50% di spazi aperti e utilizzare il verde come elemento progettuale. Come avete tradotto questi precetti nel progetto del Padiglione Cinese?
Yichen Lu: Il Padiglione Cinese è definito dal suo rapporto con la terra, come si percepisce dalla palette materica scelta per l’edificio. La struttura del padiglione è realizzata in legno lamellare e il tetto è ricoperto di pannelli di bambù. Questi materiali sono naturali, durevoli e facilmente riciclabili o compostabili. Questo assicura che il padiglione avrà un’impronta ecologica bassa. Il padiglione è concepito come uno spazio pubblico aperto sotto un tetto galleggiante. Sotto la copertura questo spazio pubblico è coperto da un paesaggio piantatumato che definisce gran parte del sito. Questo risponde perfettamente ai requisiti di Expo.
Domus: La temporalità del padiglione ne ha influenzato l’architettura? In che modo?
Yichen Lu: Come accennato in precedenza, abbiamo progettato l’edificio come uno spazio pubblico coperto – il padiglione tocca il suolo con molta leggerezza. In questo modo sarà molto facile rimuovere la struttura una volta terminato Expo.
Abbiamo realizzato una struttura e una copertura in modo che fossero più leggere possibili. L’impermeabilizzazione dell’edificio è ottenuta con una sottile membrana in PVC, molto facile da staccare in fase di smontaggio. I pannelli di bambù sulla parte superiore del tetto sono assemblati separatamente e potranno essere successivamente sbullonati dalla struttura.
Domus: Il padiglione utilizza tecniche costruttive tradizionali in chiave contemporanea. È possibile fare architettura contemporanea con materiali e sistemi costruttivi antichi? Come questi due aspetti possono interagire l’uno con l’altro? Yichen Lu: Per il Padiglione della Cina, abbiamo usato strumenti e metodi contemporanei per esplorare valori architettonici tradizionali come lo spazio, la materia e la luce. Questo dialogo tra tecniche innovative e principi consolidati rende il Padiglione della Cina un pezzo di architettura davvero speciale. Si può veramente sentire questo dialogo nel principale spazio espositivo sotto la copertura in legno: mentre l’edificio è ovviamente contemporaneo nella sua forma, il calore del legno e i giochi di luce creati dai pannelli del tetto creano un forte legame con la storia e la natura.
Domus: In che modo possiamo affermare che il Padiglione Cinese a Expo rappresenta la Cina contemporanea?
Yichen Lu: Il tema scelto, “la Terra della Speranza”, si riferisce ai sogni e ai desideri del popolo cinese. Abbiamo espresso questo nella copertura del padiglione, che fonde uno skyline urbano con il profilo di un paesaggio collinare, comunicando l’idea che “la speranza” può essere realizzata solo se c’è armonia tra natura e città.
Questo desiderio di un legame profondo tra la vita urbana contemporanea e la terra che la sostiene è un’espressione unica della filosofia cinese e delle aspirazioni del suo popolo.
Domus: Come avete ottenuto l’incarico per la progettazione del padiglione?
Yichen Lu: Nel 2013 la Tsinghua University è stata invitata dal Consiglio Cinese per la Promozione del Commercio Internazionale (CCPIT) di competere per l’incarico di progettare il Padiglione della Cina a Expo Milano 2015. In qualità di professore associato alla Tsinghua, mi è stato chiesto di guidare il progetto architettonico con il mio ufficio.
Domus: Come si sono configurati i rapporti con le aziende che hanno realizzato il padiglione? Yichen Lu: Al progetto hanno lavorato tre appaltatori principali – due cinesi e uno italiano. Dall’esterno può sembrare un po’ complicato, ma in generale il processo costruttivo è filato liscio. Eravamo in Italia molto spesso per assistere e partecipare al cantiere, e abbiamo scoperto che i contraenti con i quali abbiamo lavorato erano tutti molto competenti.
Domus: Avete già un programma per il futuro uso del padiglione? Dove sarà trasportato? Per cosa sarà utilizzato?
Yichen Lu: Questo tema è ancora in via di definizione. Tuttavia, un certo numero di clienti hanno espresso interesse per il trasporto della struttura in Cina. Siamo ottimisti sul fatto che questo edificio avrà una vita oltre l’Expo.