Milano Design Week

Salone del Mobile e Fuorisalone 2025


Dall’hacking ai restomod: Ora Ïto racconta il suo “design eretico”

Virale prima dei social, nostalgico ma niente di grave: abbiamo incontrato il designer francese alla Design Week, in occasione del lancio del suo restomod elettrico della R17.

La R17 è stata un’auto che ha detto molto sulla sua epoca: un coupé abbastanza “eterodosso”, con strizzatine d’occhio alle wedge lines delle sue coetanee – siamo negli anni ’70, parliamo di Gandini e della Countach, per fare esempi – ma con spazi e altezze da granturismo, nello spirito radicale di Renault in quegli anni, lo stesso che nel 1972 crea la R5, per capirci. Nel 2024, il designer francese Ora Ïto ha firmato il restomod elettrico di R17 – che va in mostra con la Milano Design Week allo spazio Rnlt di corso Garibaldi – ed è da lì che si apre tutto un discorso che va a scavare le fondamenta di cosa sia diventato fare design oggi: Ïto lo ha voluto affrontare con noi di Domus.

Ora Ïto, Ico, Cassina, 2016

Perché più che un restomod consueto – si prende un vecchio modello, si lasciano le linee iconiche sostituendo tecnologie e aggiungendo dettagli contemporanei – il suo è stato un hacking dello spirito originario dell’auto; più precisamente un “hijacking”, come lo chiama lui, quasi un dirottamento aereo: “C’è stata un’analisi totale della macchina, e ho individuato tutti quei punti dove si poteva intervenire”, ed ecco il retrotreno che si allarga e si pianta a terra, l’enfasi sul profilo frontale “a squalo”, un ridisegno totale del modello nel suo codice genetico, che ne fa un saggio chiaro di quel termine tanto presente nel design oggi: retrofuturismo.

Lavorare in Italia è sempre felicità, perché in Italia c’è la voglia di spingere le cose sempre più in là, e non ci si ferma finché ogni dettaglio non è definito. L’Italia conserva un amore per il prodotto: anche il panino che mangi in stazione, in Italia è buono.

Ïto però non la considera una questione di rétro: a dirla tutta, non considera troppo le varie questioni di tendenza – “Vivo nella mia bolla” – È più la sua estetica, un percorso estremamente personale e molto spesso di divergenza dal mainstream. D’altro canto lui in fatto di hacking è un’autorità incontrastata: il suo debutto nel 1997 è passato per la creazione di oggetti completamente virtuali che hackeravano i brand più famosi (Nike, Vuitton, Apple) con l’obiettivo di incrociarne l’attenzione. Spoiler piuttosto intempestivo: ha funzionato.

“Ho avuto una grande eco sui social, ma [ops, NdR] all’epoca non esistevano i social. Tutto era su un sito, e l’eco è stata attraverso internet e la stampa”, e così sono arrivati i grandi nomi, nel product e poi nell’arredo, Cappellini, Cassina, Zanotta e via dicendo.

R17 electric restomod

Impensabile oggi un percorso simile, ci dice Ora Ïto: “Quando ho cominciato, 25 anni fa, ci trovavamo al Salone del Mobile e c’erano Jasper (Morrison), Marc (Newson), Ronan (Bouroullec), Christophe Pillet, Jean- Marie Massaud; eravamo una dozzina, venti tutt’al più” Adesso il numero è esploso.

“Va bene, era un’altra epoca, ma bisogna sempre saper vivere la propria (…) Abbracciare le nuove tecnologie, ad esempio, senza subirle”. Da buon esperto di progetti digitali, i suoi esperimenti con l’AI li ha già fatti – per quanto abbiamo anche potenzialmente “messo un’arma nucleare in mano a persone pericolose” – e ha potuto apprezzare il tempo che fa risparmiare – “Non è ancora in grado di ragionare come me, ma almeno sa già dirmi cosa non fare”.

Tutto è salito ad un livello maggiore di industrializzazione, di professionalizzazione, pensiamo mentre torniamo a parlare delle design Week di oggi: Ïto lo riconosce anche in come le grandi maisons di moda abbiano preso le prime file negli anni recenti, a volte sorpassando anche i produttori di arredo, che sono arrivati più tardi a professionalizzare la comunicazione. Non necessariamente un male, anzi. Ma è pur vero che “Se hai conosciuto quell’epoca”, i Fuorisalone della leggenda, a inizio millennio, “non puoi non avere un po’ di nostalgia per quel lato più artistico, meno calcolato, più artigianale e spontaneo: magari meno professionale ma con tanto più fascino.” Un’epoca dove “diventare conosciuti era eccezionale, era il riconoscimento dei tuoi sforzi. Ma se mi chiedessero oggi ‘Vorresti diventare famoso?’, direi di no”, perché oggi “è lo scandalo che vende”.

R17 electric restomod

Il lato artistico della sua ricerca è quello che Ïto continua a non lasciare da parte: lui d’altronde ha due basi, cioè Parigi e la sua città d’origine, Marsiglia. Lì segue il centro d’arte che da anni abita l’iconico terrazzo dell’Unité d’Habitation di Le Corbusier – quest’anno esporranno Sterling Ruby in collaborazione con la Gagosian Galllery. Marsiglia resta una scena piccola e promettente – e di scene in movimento nell’arte e nel design ci piace sempre parlare coi protagonisti,  come abbiamo fatto con Sabine Marcelis e Rotterdam – ma quando si parla di design è all’Italia che Ïto pensa, come “centro del mondo”: i brand potranno andare e venire, perdere splendore, ma “lavorare in Italia è sempre felicità, perché in Italia c’è la voglia di spingere le cose sempre più in là, e non ci si ferma finché ogni dettaglio non è definito. L’Italia conserva un amore per il prodotto: anche il panino che mangi in stazione, in Italia è buono”. Altrove no.

E lo stesso si sente di dire su Milano: evolve bene, la scena artistica è sempre più importante, ci sono musei e spazi indipendenti che continuano ad aprire. E ogni anno “resta incredibile quello che ci si può trovare, resta incredibile potercisi perdere”.

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