Michael Anastassiades: “Così ho trasformato il design in teatro”

Abbiamo parlato col designer cipriota del quotidiano come performance, di come l’industria lo può intercettare, e di come è andato un decennio da creatore di instant icons.

Non a tutti i designer capita di esordire sulla scena internazionale con un pezzo pronto a diventare il simbolo di un decennio intero – oltre che l’oggetto automaticamente scelto da qualsiasi visual o renderista quando in un’immagine viene genericamente chiesto di inserire “una lampada”. È stato invece questo il caso di Michael Anastassiades, che assieme a Flos ha segnato un’estetica, prima con le IC Lights del 2014, poi con le geometrie LED degli Arrangements, vincitrici nel 2020 del Compasso d’Oro. Per il 2023 questa coppia d’assalto torna in città per il Fuorisalone con Six Acts, un’installazione/performance costruita attorno al sistema a binari My Circuit, confermandosi sempre più vitale, oltre che ormai longeva. “Sono passati 10 anni da quando i nostri primi prodotti sono venuti al mondo” conferma Anastassiades, “un viaggio piuttosto prolifico, in effetti. Flos mi ha permesso di accedere a un mondo di prodotti industriali, di scala e di capacità maggiori. Avevo avviato il mio marchio nel 2007, infatti, esplorando idee di illuminazione che erano più personali ma allo stesso tempo, a causa della piccola scala di produzione, più limitate a ciò che potevo ottenere. La collaborazione con Flos è stata la piattaforma che mi ha supportato tecnicamente verso soluzioni di illuminazione più ambiziose, per esprimere le mie idee su una scala nuova e diversa. Tuttavia, quello che ho dato a Flos è stato qualcosa di molto personale, qualcosa che stavo producendo anche per la mia azienda in una sorta di boutique style. C'è in effetti una linea molto sottile tra l'artigianato e l'industria, una linea che – dopo aver spinto su espressività ed estremizzazione – vuoi poi superare se vuoi realizzare un prodotto che sia accessibile anche a un gruppo sempre più ampio di destinatari. È così che, credo, entrambe le aziende si sono alimentate a vicenda, fin dall'inizio di questo viaggio”.

Flos Performance. Foto Daniele Ratti

Dieci anni di collaborazione e oltre dieci anni di Settimane del Design di Milano. "La prima volta a Milano è stata con il mio marchio Michael Anastassiades a Euroluce, nel 2011. Nello stesso periodo avevo realizzato la mia prima collezione in edizione limitata per la galleria Nilufar a Palazzo Durini, e da allora credo di aver partecipato a Euroluce con il mio marchio, anche quest'anno.  Oggi credo che la gente sia molto eccitata di tornare in fiera: c'è un'energia enorme, e riguarda anche la fiera stessa, che era stata molto scettica anche l'anno scorso e l'anno prima, quando abbiamo dovuto affrontare la pandemia: quest'anno la gente si rende conto che possiamo ripristinare un po' della normalità di un tempo. La gente ha sentito la mancanza del Salone, e anche del contatto fisico, dell'incontro nei luoghi, dell'idea di potersi incontrare, celebrare il design, sperimentare prodotti e spazi nella vita reale".

Flos Performance. Photo Daniele Ratti

Six Acts va quindi in scena per la MDW 2023, presso il Flos Professional Space di Corso Monforte, e ha tanto da dire e suggerire sull’uscire e sull’entrare, sull'interazione, sullo spazio prima definito e  poi trasformato: “È molto in linea con lo spirito del progetto My Circuit, una soluzione molto dinamica per un interno domestico a pianta aperta, che consente una grande versatilità in termini di creazione con la luce, interagendo con i mobili sottostanti: si potrebbe potenzialmente avere un set diverso ogni giorno, come accade con la piattaforma di Six Acts che un giorno mostra una sala da pranzo, poi quello dopo si trasforma in una camera da letto con un soggiorno, e poi ancora in una cucina con qualcos'altro. Questa configurazione è legata a doppio nodo col disegno che i binari creano sul soffitto: è molto espressivo, ricorda le decorazioni e le modanature di certi interni barocchi, e qui tu queste modanature le puoi usare per cambiare la posizione delle tue luci.
L'idea di farne una performance vuole evidenziare questo questa natura dinamica, attiva, flessibile, non qualcosa di fermo, una qualche mostra immobile. Per questo ho voluto degli attori, perchè qui, come nel teatro e nella performance, si tratta di una scenografia effimera, dinamica, che può cambiare anche in un lasso di tempo minimo”. Anastassiades spiega che si tratta di un ponte tra decorazione e pratica, in una cornice complessa ma vitale di messa in scena del quotidiano, incarnata da “una soluzione d’illuminazione che permette di adattarsi alla complessità del modo in cui oggi viviamo, o al modo in cui vorremmo cambiare le cose e la configurazione all'interno di ciascun interno domestico. Quindi è molto simile a un set teatrale, perché il palcoscenico è dato, poi ogni cinque minuti tutto cambia, mobili e ambientazione, e la luce diventa il principale strumento espressivo per trasmettere la potenza di questo cambiamento, interagendo con l'intero sistema".

Flos Performance. Photo Daniele Ratti

Questo progetto ha tanto da dire anche sul modo in cui le nostre abitudini di vita, o almeno le nostre esigenze, potrebbero essere cambiate. Forse si pone anche qualche domanda sull’effettivo realizzarsi di un tanto invocato cambiamento: Anastassiades infatti sottolinea anche la natura ibrida che la transizione post-pandemica ha avuto nella progettazione degli spazi domestici: “Credo che la gente in realtà dimentichi molto in fretta”, dice, “e questo è un problema, perché penso anche che la pandemia ci abbia insegnato molto. Tuttavia è stato un evento traumatico, e le persone lo hanno rimosso molto rapidamente, anche in quelle cose buone e costruttive che da esso avremmo potuto imparare. La realtà è che abbiamo anche molti bisogni umani, l'assenza fisica durante la pandemia è stata qualcosa che ha colpito tutti noi nel profondo. Ed è per questo che credo che la dimensione fisica sia tornata ancora più forte di prima: la gente vuole incontrarsi, vedere spettacoli, toccare e relazionarsi. In fin dei conti, mi occupo di prodotti e voglio creare prodotti nuovi e diversi. Sta ai singoli decidere quanto vogliono conservare di un'esperienza pur traumatica come quella che abbiamo vissuto, ma come designer abbiamo sicuramente imparato molto”.

Immagine d'apertura: Daniele Ratti