Quante volte, osservando da vicino le linee senza tempo di una vettura classica o di una supercar, ci siamo detti che era un’opera d’arte. E in fin dei conti, molte volte è proprio così: la storia dell’automobile è disseminata di pezzi che si distinguono per l’altissimo valore storico e motosportivo che, vuoi per un motivo, vuoi per l’altro, diventano oggetti che potrebbero essere esposti in una galleria d’arte o in un museo. Spesso ciò è accaduto davvero, basti pensare alla mostra su Ferrari che allestì il MoMA di New York – cui abbiamo accennato parlando dei 5 design più iconici della Casa di Maranello. Un modello nello specifico è stato addirittura riconosciuto opera d’arte, la 250 Gto del 1962. Nell’associare arte e automotive, però, ogni vero appassionato di quattro ruote che si rispetti non può evitare di deviare, con estrema sicurezza, al progetto delle Bmw Art Cars. Tutto ebbe inizio nel 1975, quando il pilota e battitore d’asta Hervé Poulain incaricò il grande artista americano Alexander Calder di dipingere quella che sarebbe poi diventata la prima Bmw Art Car, Era una 3.0 Csl, che il buon Poulain utilizzò alla 24 Ore di Le Mans di quell’anno. Dopo Calder, molti celebri artisti vennero coinvolti nel progetto: Frank Stella, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Ernst Fuchs, Robert Rauschenberg, Michael Nelson Jagamarra, Ken Done, Matazo Kayama, César Manrique, A. R. Penck, Esther Mahlangu, Sandro Chia, David Hockney, Jenny Holzer, Ólafur Elíasson, Robin Rhode, Jeff Koons, John Baldessari e Cai Fei. L’ultima opera della serie, che a oggi conta 20 unità, è stata presentata lo scorso giugno e porta la firma di Julie Mehretu.
Tutte le art car di Bmw: quando l’arte incontra l’automotive
Tutto iniziò del 1975 con Calder e oggi la serie annovera 20 vetture realizzate ad hoc da artisti di fama mondiale. Eccole, una per una, a partire da quella famosissima di Andy Warhol.
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- Federico M. Fabbri
- 02 ottobre 2023
Chi avrebbe potuto immaginare che la 3.0 CSL disegnata dallo scultore americano Alexander Calder nel 1975 sarebbe stata il preludio di quella che oggi è una serie leggendaria? Nessuno, perché l’idea non era stata assolutamente pianificata dai vertici Bmw.
L’anno successivo Frank Stella seguì l’esempio del suo connazionale. Anche lui prese una 3.0 Csl, che poi prese parte alla endurance della Sarthe. Ne risultò una griglia di linee che assomiglia a una carta millimetrata sovradimensionata: tutto in bianco e nero, per distinguersi in gara dalle vetture variopinte di tutti gli avversari.
La terza Art Car, del 1977, anch’essa disegnata da un americano. L’artista pop Roy Lichtenstein utilizzò i punti Ben Day a lui cari, creando l’effetto di un paesaggio. Hervé Poulain e Marcel Mignot condussero la vettura fino alla nona piazza finale alla 24 Ore di Le Mans, conquistando anche la vittoria di classe.
Questa è l’Art Car più famosa, la M1 dipinta da Andy Warhol. Oggi è, presumibilmente, una delle auto più preziose della storia. “Ho cercato di mostrare la velocità come immagine visiva. Quando un’automobile viaggia davvero veloce, tutte le linee e i colori si trasformano in una sfocatura”, chiosò l’artista a proposito del suo lavoro. Warhol applicò oltre 6 kg di vernice in soli 28 minuti e a Le Mans la vettura ottenne un sesto posto in classifica generale.
L’austriaco Ernst Fuchs si è cimentato con una 635 CSi nel 1982, prima Art Car basata su un’auto in produzione. L’output fu la “volpe di fuoco a caccia di lepri”: realizzato per il solo scopo espositivo, divenne subito un’altra icona.
Anche la 635 CSì confezionata da Robert Rauschenberg non gareggio mai. Anzi, è l’unica Art Car a essere guidata su strada. Da chi? Dallo stesso Rauschenberg. L’artista si è avvalso dei contributi presi da opere di altri colleghi, che ha poi elaborato con tecniche fotografiche e applicato alla carrozzeria utilizzando delle lamine apposite dove arte, natura e tecnologia convivono simbioticamente.
La Bmw Art Car numero 7 è stata creata da Michael Jagamara Nelson, pittore indigeno australiano. In sette giorni, ha trasformato una versione una M3 nera Gruppo A in un'opera che riflette la cultura e la percezione del paesaggio degli aborigeni. E che assomiglia a un grande puzzle colorato.
Stesso anno, altro contributo dal Nuovo Continente: è infatti Ken Done a firmare una seconda M3 da turismo Gruppo A. Differenziandosi da Jagamarra, Done rappresenta l’Australia in modo più moderno: si intravedono la natura, il sole e le spiagge, ma anche pesci e pappagalli. Come la M3 di Jagamarra, anche quella di Done corre sui circuiti australiani prima di diventare un’opera d’arte decorativa.
Per la Art Car numero 9, si ritorna a un’auto di serie, questa volta una 535i. È stata la prima auto disegnata da un artista asiatico: il giapponese Matazo Kayama ha aerografato la vettura e, con l'aiuto di uno speciale processo di stampa su lamina, ha creato un paesaggio stilizzato che ricorda un fiume.
Per i 25 anni del progetto, viene chiamato in causa César Manrique: l’avanguardista spagnolo si è cimentato con una lussuosa Serie 7, nella quale si possono scorgere elementi della natura con colori vivaci e altre forme astratte. Manrique ha preso come modello la natura dell’isola subtropicale di Lanzarote: l’elemento nero rappresenta la roccia lavica dell’isola, il verde la foresta pluviale e il rosso la vita.
La Bmw dell’artista tedesco A. R. Penck è già un’opera d’arte di per sé. La Z1, infatti, in virtù del suo design – all’epoca radicale – con le portiere che scompaiono verso il basso, è una pietra miliare nella storia dell’automobilismo. Penck si ispirò alle pitture rupestri, creando figure e simboli astratti. Cosa significano? Ai posteri l’ardua sentenza, perché l’artista stesso non ha mai fornito alcun indizio per decifrarli.
Con la dodicesima Art Car, una Bmw Serie 5 del 1991, la prima artista donna si unisce al progetto. Un omaggio alla cultura africana, in particolare, al “modo in cui la mia tribù decora le case”, spiegò Esther Mahlangu parlando del motivo decorativo Ndebele: una tradizione sudafricana che si tramanda di generazione in generazione, esclusivamente tra la popolazione femminile.
Sandro Chia diede sfogo alla sua immaginazione su questo prototipo di M3 Gtr. È stato lui stesso a chiedere di poter prender parte alla serie e il risultato è impressionante: chiunque guardi quest’opera ha la sensazione di essere osservato da ogni lato, per vie delle facce impresse sulla carrozzeria. “Tutti gli occhi sono puntati su un’automobile. Le persone guardano da vicino le automobili. Questa macchina riflette il loro sguardo”, commentò Chia.
Nel 1995 la superstar britannica David Hockney si aggiunge ai nomi stellari già in lista. Per questa Art Car, però, è la Casa dell’Elica a corteggiare l’artista, con perseveranza e successo. Questa 850 CSi è l’output finale di un lungo processo dove Hockney ha “smontato” l’auto attraverso la pittura, per far affiorare ciò che secondo lui si trova sotto la pelle dell’auto – la carrozzeria – ovvero la tecnologia.
A un primo sguardo potrebbe sembrare fast art, ma la V12 LMR di Jenny Holzer – che partecipò alla 24 Ore di Le Mans del 1999 – è in realtà il catalizzatore di messaggi precisi. L’artista statunitense, nota soprattutto per le sue affermazioni critiche destinate a stimolare il pensiero, ha applicato delle frasi cubitali su questa monoposto da corsa. Tra queste, un perentorio “Proteggimi da quello che voglio”. Vi state chiedendo cosa significa? Se sì, la Holzer ha raggiunto il suo scopo.
L’opera dell’artista danese – ma di origine islandese – rappresenta una rottura con tutte le Art Car precedenti, perché, inizialmente, l’automobile non si vede nemmeno: siamo al cospetto di un bozzolo gigante. Famoso per il suo lavoro su natura e fenomeni fisici, Elíasson avvolge questo prototipo da corsa alimentato a idrogeno in un involucro fatto da piccole lastre metalliche, cosparse d'acqua in un’enorme cella frigorifera a generare una corazza di ghiaccio.
Poteva forse mancare Jeff Koons in questo ensemble? Ovvio che no. Nel 2010, con lui, ritorna la pop art. Per esprimere al meglio il concetto di velocità, sprazzi di colore brillante che sembrano volare su questa M3 GT2 evidenziano una livrea che è potenza allo stato puro. Tant’è che, nello stesso anno, la vettura prende parte – come già molte sue sorelle – alla mitica endurance francese.
La M6 Gtlm di John Baldessari arriva dopo un digiuno – in termini di Art Car – durato sei anni. L’artista californiano mette in gioco i suoi elementi stilistici modo molto minimale, ma su larga scala. La macro scritta sulla fiancata lato pilota – Fast – la dice lunga, sintetizzando l’essenza di questa supercar da corsa. “È senz’ombra di dubbio l’opera d’arte più veloce che abbia mai creato”, sottolineò Baldessari.
Questa Art Car è stata realizzata dall’artista multimediale Cao Fei per celebrare il carbonio che, come sappiamo, abbonda sulle auto da corsa. L’artista cinese ha scelto la struttura di questo elemento come sfondo per la sua opera, ma serve una app specifica per ottenere l’effetto completo. Grazie alla realtà aumentata, infatti, l’auto da corsa diventa il fulcro di una tempesta di colori che si scatena sopra il veicolo.
A quasi 50 anni dalla prima Art Car, ecco la numero 20 – l’ultima, a oggi, dell’affascinante serie che vi abbiamo appena raccontato. Presentata a inizio estate, la BMW M Hybrid V8 realizzata da Julie Mehretu prenderà parte alla 24 Ore di Le Mans del 2024 nella categoria LMDh. “Ho amato le auto per gran parte della mia vita, come giocattoli, come oggetti, come opportunità”, ha raccontato l’artista di origine etiope. “Sono davvero entusiasta di aver preso parte al progetto Art Cars, che combina il brivido della velocità con la 24 Ore di Le Mans, ma anche le infinite possibilità di creazione offerte dai veicoli ibridi o completamente elettrici, future modalità di trasporto”.