“Se sei troppo dogmatico con i tuoi criteri, non sarai in grado di lavorare con le nuove categorie di design che emergono. Se sei flessibile, come tendiamo ad essere al MoMA, allora puoi accogliere nuove categorie. Quello che vogliamo è che i nostri criteri si pieghino, non si spezzino”, spiega Paola Antonelli, Senior Curator del Dipartimento di Architettura e Design e di Ricerca e Sviluppo del MoMA.
Quando è stata intervistata presso Triennale Milano, nel giugno del 2018, la Collezione Design del museo newyorkese contava circa 5.500 oggetti. Guardando la sezione del sito web dedicata alla collezione, oggi troviamo invece 8.062 lavori (tra quelli documentati e pubblicati). Navigare l’archivio online del museo ci fa capire quanto l’idea contemporanea di design sia ampia, in espansione e radicata nelle nostre vite. Non troviamo solo i grandi nomi della storia della disciplina – da Marcel Breuer a Neri Oxman, passando per i vari Sottsass e Castiglioni – ma anche oggetti anonimi, strumenti tecnici o elementi che mai assoceremmo al design, ma che si sono rivelati importanti nell’evoluzione della nostra cultura materiale.
Quelli che Jasper Morrison e Naoto Fukasawa definirono oggetti “super normali” sono senza dubbio una delle categorie più interessanti: rappresentano tutti quei prodotti che ci circondano silenziosamente, nascondendo storie e successi incredibili. Altro insieme di elementi della collezione sono quelli legati alla transizione digitale che stiamo vivendo: se è normale identificare come “di design” una sedia, un tavolo o una maniglia, è molto meno facile considerare gli strumenti che definiscono il web come icone, puntatori e altri.
Il dietro le quinte di ogni acquisizione lo ha rivelato Paola Antonelli: “curiosamente, il segno ‘@’ che abbiamo acquisito nel 2010 è passato attraverso il comitato di acquisizione senza problemi. Abbiamo solo dovuto convincere alcuni colleghi che non riuscivano a comprendere il significato dell’acquisizione. Per i videogiochi è stato molto più difficile. Erano percepiti come una minaccia alla purezza del design e dell’arte dell’intera collezione del MoMA.