Leggi l'intervista di Domus a Nicholas Felton
Da millenni l'uomo insegue l'idea della memoria
perfetta, un'ambizione che ha portato allo sviluppo
di molti dei nostri media, dai libri a internet.
Tuttavia, per gran parte della nostra esistenza,
dimenticare è la norma, ricordare l'eccezione.
Eppure il lancio di Facebook Timeline, avvenuto nel
dicembre 2011, è stato accompagnato dalla promessa
di offrire "la sensazione di raccontare a qualcuno la
storia della tua vita e la sensazione della memoria—
di ricordare la tua stessa vita" (dal profilo di Facebook
Timeline, realizzato da FastCoDesign).
E mentre, in
realtà, Timeline memorizza solo le nostre attività sui
media sociali—quindi, nel caso, un frammento della
nostra esistenza—è comunque interessante per due
ragioni: si tratta, anzitutto, di un modello esemplare
di design dell'interazione, che bilancia l'innovazione
tecnologica con una ricercatezza narrativa del tutto
appropriata a un tentativo di stimolare la memoria.
Se si considera, inoltre, che Facebook ha circa 850
milioni di utenti, in termini di diffusione questo è
con ogni probabilità il più grande progetto di design
di tutti i tempi, il che rappresenta un risultato di un
certo rilievo.
In secondo luogo, Timeline allude a cosa potrebbe
voler dire essere immersi in sistemi che catturano
ogni nostra mossa, e che prevedono un incremento
di memoria capace di alterare significativamente la
nostra percezione di chi siamo e di cosa facciamo.
Lode al tempo perduto
Con la nuova interfaccia di Timeline, disegnata da Nicholas Felton, Facebook riconfigura i social media come forma di "memoria aumentata". Ma, osserva Dan Hill, dimenticare è oggi forse più importante che ricordare.
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- Dan Hill
- 06 marzo 2012
- Palo Alto
Feltron
To the first point, to provide a new interface for Facebook is a daunting product design challenge: what other single product or service has 800 million users? While there are around 1.25 billion Windows users worldwide, according to Microsoft, this is spread across numerous versions. The ticketing systems for the Indian state railways tickets only have to deal with 30 million daily passengers. The most manufactured car of all time, the VW Beetle, shifted around 22 million units; with re-sales, that's perhaps 100 million users. Mikael Kalashnikov's AK47 assault rifle comes in at around 75 million units, according to the World Bank. If China had an electoral system to produce, perhaps that would be a similar scale of design problem. Currency systems presumably serve more. Tetrapak have a decent claim, at an extraordinary 150 billion packages per year globally.
Per Timeline, Facebook ha fatto una mossa
ingegnosa ingaggiando Nicholas Felton, designer
noto e rispettato nel campo dell'interaction design
per i suoi Feltron Annual Reports (resoconti annuali
Feltron), un'ormai celebre serie di pubblicazioni
che riporta in dettaglio le minuzie delle interazioni
annuali del suo autore: riunioni, bevande consumate
(per tipo), foto scattate (per numero e categoria), abiti
acquistati (per colore). Ciascun rapporto rappresenta
un tour-de-force di information design, ravvivato da
giocosità e finezza, così che l'idea autoreferenziale di realizzare un rapporto annuale sulla propria
vita risulta sapientemente mescolata a una vena di
maestria tecnica e di lieve irrazionalità.
A prima vista, Facebook Timeline fa qualcosa di
simile. Registra e organizza cronologicamente
le nostre interazioni legate a Facebook, a partire
dall'ultima, inserendo quindi un pannello di voci di
sommario capaci di trasmettere il profilo dell'utente
alla prima occhiata. È una presentazione del nostro
sé quotidiano in qualche centinaio di pixel, e, mentre
scorriamo in giù la pagina, la nostra esistenza (in
qualche modo) si srotola davanti ai nostri occhi.
Per mezzo di questa presentazione semplice ed elegante, Felton e il suo team hanno determinato
una svolta nella qualità dell'esperienza di Facebook,
eliminando finalmente gli ultimi residui della
cameretta di Zuckerberg—fatto salvo il retaggio del
tipico blu.
Tuttavia, visto globalmente come prodotto, Timeline
si presenta diverso dagli Annual Reports di Felton,
fondati come sono su calibrate composizioni di design editoriale. Il design per il web deve
costruire sistemi di composizione flessibili e
capaci di maneggiare materiale imprevisto,
bilanciando elementi discreti all'interno di un
quadro organizzato. Con Timeline, la risoluzione
è necessariamente più austera, meno giocosa, ma
ne consegue che parte della grazia e dello spirito
che hanno salvato l'idea di un resoconto personale
annuale qui sembra latitare. Ma, giustamente, chi
usa i media sociali cerca questa grazia e questo
spirito—o i loro equivalenti—più nei contenuti che
nella struttura.
Tempo e linee
La lista verticale che si srotola
senza sosta rappresenta una forma intensamente
pragmatica, ulteriormente rinforzata da interfacce
multi-touch che indicano come l'idea di far scorrere
la pagina abbia ormai poco sostegno. Ma, per essere
un linguaggio contemporaneo, l'organizzazione
spaziale del tempo può avvalersi di una lunga
storia, che si spinge indietro almeno fino all'anno
264 dell'era cristiana. Gli Annali di San Gallo, un
manoscritto dell'epoca dei Franchi, furono prodotti
tra l'Ottavo e il Nono secolo, e presentano liste in
ordine cronologico con date scritte sulla colonna di
sinistra: ecco gli antenati di Facebook Timeline.
Nel loro Cartographies of Time (2010), Daniel
Rosenberg e Anthony Grafton spiegano come mai
la rappresentazione cronologica sia diventata quasi
uno standard: "Offre stabilità. Forse il mondo si
sta rimpicciolendo e le informazioni viaggiano più
velocemente, ma nel campo del codice temporale
qualche sembianza del reale sembra essere sempre
presente". Eppure, nel suo magistrale quartetto
di testi, il grande information designer Edward
Tufte riserva ben poco spazio alla presentazione
cronologica, salvo soffermarsi sulla data-timemap,
pubblicata nel 1869 da Charles Joseph Minard
intorno all'invasione della Russia da parte di
Napoleone e sulla descrizione del 'ciclogramma' prodotto dai cosmonauti russi a bordo della missione
spaziale Salyut 6 del 1978.
Naturalmente Felton era a conoscenza di questi
precedenti, ma ha dovuto rimaneggiare la classica
forma orizzontale della presentazione cronologica
traducendola nella verticalità del linguaggio
della rete. Ci ha detto di aver riscontrato che "il
trattamento di Minard si adatta a pochissime serie
di dati, ma la presentazione cronologica orizzontale
ha rappresentato un riferimento imprescindibile in
una fase critica del nostro sviluppo. Mentre eravamo
indaffarati a cercare un modo per rendere più chiaro
il rapporto storico tra unità, Mark (Zuckerberg) ci ha
suggerito di ripensare questo modulo ruotandolo
di novanta gradi e introducendo un asse verticale
al centro del nostro layout. Dopo una settimana di
prove, l'attuale layout, composto di unità che indicano
una sequenza cronologica, ci è apparso risolvere il
problema della cronologia in modo appropriato".
Oltre a questa rotazione in senso orario, Facebook
Timeline non fa molto per far progredire dal punto di
vista formale la semplice presentazione cronologica.
E non ne ha bisogno. Qui, la questione più delicata
riguarda il modo in cui potrebbe cambiare la
memoria stessa dell'uomo.
Sostiene Nicholas Felton: Mi piace pensare che Timeline riesca a rappresentare la nostra storia in un modo che rispecchia la memoria personale
Tracce di rossetto
I ricordi sono risvegliati nel
modo più efficace dagli stimoli sensoriali: tracce
di rossetto sul collo di una camicia, una scatola di
Polaroid appiccicose, granelli di sabbia sul fondo di
una valigia, odore di grasso per calzature, unguento
o fango su vecchie scarpette da calcio, la percezione
tattile di muschio o licheni su un masso… Per usare
l'esempio più celebre, il gusto di una madeleine nella
Recherche di Proust.
Mancando quella ricchezza multisensoriale,
per Facebook Timeline lo stimolo principale è la
fotografia e, sempre di più, il video. Di nuovo, si
tratta in parte di una scelta pragmatica. Oggi il
numero di persone che hanno con sé un apparecchio
fotografico, in forma di smartphone, è più grande
che mai, e servizi come Facebook utilizzano la
fotografia nel modo in cui la vedeva Alfred Stieglitz,
cioè come "l'esplorazione del familiare", una serie
di segnalibri e sensazioni tratte dalla vita di tutti
i giorni. Annie Leibovitz descrive l'iPhone come
l'equivalente contemporaneo del "portafoglio
con la foto di famiglia".
Le fotografie non sono, tuttavia, delle semplici
immagini istantanee, sono veicoli molto più
evocativi. Come ha scritto Geoff Dyer in But
Beautiful, la fotografia implica un senso del tempo
più sfumato di quanto non indichi il rumore
meccanico dell'otturatore: "Per quanto ritragga
soltanto una frazione di secondo, la durata
percepita dell'immagine si estende di parecchi
secondi su entrambi i lati dell'istante catturato, a
comprendere—o così pare—quello che è appena
accaduto o sta per accadere". Ecco allora che le
fotografie, piuttosto che essere bloccate nel tempo,
suggeriscono il tempo.
Un ulteriore inciampo nel nostro caso è poi legato
all'attuale moda di ritoccare e filtrare le immagini
scattate col telefonino. Le impostazioni di default di
Instagram applicano una tonalità solare e dorata alle
immagini, rendendole sovraesposte e sature come si
trattasse di falsi ricordi di un'infanzia californiana.
La promessa del loro prodotto—"Trasformare l'aspetto
e l'effetto dell'immagine in un ricordo da conservare
per sempre"—è certamente ambiziosa. Può un
semplice filtro trasformare un'immagine in ricordo?
Che razza di alchimia è questa? Ma nell'astuta imitazione dello stile Polaroid, da sempre associato
all'idea di "ricordi istantanei", l'estetica Instagram
è il partner perfetto per Facebook Timeline.
Ma ci sono altri modi in cui i media digitali sono in grado di connotare la memoria: modi che per il loro carattere contingente e imprevedibile sono più vicini a una madeleine che a un falso filtro.
PhotoJoJo PhotoTimeCapsule, per esempio, è un servizio quindicinale che invia per e-mail 5 foto, scaricate dal tuo album di Flickr dell'anno precedente. Il concetto è semplice, ma sorprendentemente efficace, usare un approccio sottotono a una timeline è ancora più evocativo. (Come ho scritto in una Helsinki isolata dalla neve le mail quindicinali mi ricordavano lo stesso periodo di un anno prima, quando mi trovavo a Brisbane, sul punto di essere sommerso da una alluvione). Un altro esempio di tracce digitali evocative: accedendo all'applicazione di mappe sul tuo telefonino di ritorno da un viaggio all'estero, trovi la mappa ancora puntata sulla destinazione. Dalla tua città—diciamo Milano per esempio—sei trasportato in un lampo al ricordo di Amburgo, e questa potrebbe essere la rappresentazione di una vaga forma di cache urbana, prima che un'orbita satellitare si ricalibri dalla
Hauptbahnhof ai Navigli, planando attraverso lo spazio, il tempo e la memoria in pochi secondi. Sono come granelli di sabbia rimasti in valigia.
Di cosa sono fatti i ricordi
Questo ci riporta alla
questione del ricordo. Viktor Mayer-Schönberger,
nel suo libro Delete: The Virtue of Forgetting in the
Digital Age (2009), ha scritto in modo convincente
sul pericolo insito nell'inseguire la "perfetta
memoria digitale".
Se solo avesse saputo cosa stava per arrivare.
Dice Felton di Timeline: "Ho avuto la certezza che
la nostra vita dovrebbe essere illustrata come un
lungo continuum… noi consumiamo il tempo piano
piano". In altre parole, uniamo lentamente i ricordi
di Facebook per mezzo delle nostre interazioni
con il sito e i servizi web collegati. Timeline si costruisce come un effetto collaterale. Per default
non dimentica mai; un utente può intervenire per
nascondere, ridimensionare o rimuovere eventi, ma
la maggior parte non lo farà.
Si tratta di un perfetto esempio della premessa di
Mayer-Schönberger al suo libro: cioè che ricordare
è diventato solo un po' più facile e meno costoso
che dimenticare. L'autore argomenta, tuttavia,
come dimenticare sia in realtà un elemento chiave
dell'evoluzione dell'uomo. Dato che la nostra
memoria è una struttura vivente, riconfigurata
costantemente sulla base delle necessità del
momento, per certi versi dimenticare ci libera dagli
avvenimenti del passato. Fondamentalmente,
non dimenticare condiziona la nostra capacità di
prendere decisioni. Mayer-Schönberger si serve di un
racconto breve scritto nel 1942 da Jorge Luis Borges, in cui il protagonista non riesce a scordare nulla:
"'Pensare', scrive Borges, 'è ignorare (o dimenticare)
le differenze, generalizzare, astrarre'… Il ricordare
perfettamente, per Borges, minaccia di affliggere
la sua vittima con una cacofonia d'informazioni
che resta sempre in primo piano, e dalla quale non
emerge alcun chiaro pensiero astratto… mentre
l'umano dimenticare è quella stessa qualità che
ci permette di sollevarci sopra il particolare per
afferrare il generale".
Ironicamente, di fronte a un'infinita cronologia
di ricordi potremmo ritrovarci con un senso della
prospettiva molto limitato. Senza dimenticare,
siamo obbligati a vivere nel passato, a sentire il peso
dei ricordi che oscura la nostra capacità di vivere nel
presente, di agire. (Questo è quasi una rilettura a distanza della critica che il filosofo britannico John Gray ha formulato a proposito della nostra ossesione per il futuro. Forse si tratta in entrambi i casi di "un'incapacità di amare il presente - il solo tempo che ci appartiene veramente.")
Ma per quanto ampia sia la diffusione di Facebook,
Timeline è ancora solo un ricordo delle nostre
interazioni su e attorno ai social media, una forma di
giardino cintato della memoria. Quello che facciamo
online rappresenta una minuscola porzione di quello
che il nostro corpo fa nel mondo. Questo risulta
immediatamente ovvio osservando la navigazione
di Timeline, nella quale prima del 2007 il tempo a
malapena esiste—e, se esiste, generalmente consiste
solo di eventi significativi— e, in seguito, comprende
prevalentemente un flusso di cose effimere. Ciò
suggerisce un'altalena simbolica, valutata in modo
strano, con una memoria Timeline più estesa
ma sempre più velata da un incessante flusso di
contenuti. Non sappiamo mai il valore futuro di
qualcosa, perciò conservare dati effimeri non è il
problema. Ciò che è problematico potrebbe essere il
renderli così facili da ricordare.
Questo fa pensare a un mal bilanciata altalena simbolica, nella quale la memoria accresciuta da Timeline viene sempre più offuscata dai flussi di contenuto.
Il nucleo contenutistico dei social media è, infatti, naturalmente fugace nonostante la naturale insistenza di Timeline e un'applicazione simile nell'ambito dei social media, Path, gestisce questo aspetto in maniera leggermente diversa. Il funzionamento di Path è legato allo smartphone, che non può certo essere considerato uno strumento per la consultazione condivisa di archivi di vaste dimensioni. Perciò le cose "escono" dal nostro Path (cammino) senza che faccia alcuna differenza. Path esprime la natura effimera di tale materiale, che comprende un'esile, ma significativa matassa di interazioni, spesso in forma di fotografie o di video, tra intimi amici. Si può sempre scorrere lo schermo verso il basso per guardare gli eventi più vecchi su Path, ma nessuno lo fa. Ciò che importa è quello che sta succedendo adesso o che è successo qualche ora fa.
(Non nuoce neanche la struttura più semplice del 'diagramma sociale' di Path—l'insieme di relazioni tra utenti. Il limite di 150 amici deriva probabilmente dal "numero di Dunbar" dal nome dell'antropologo britannico Robin Dunbar, secondo il quale il numero massimo di relazioni sociali stabili che può mantenere la neocorteccia cerebrale si aggirerebbe intorno a 150.)
Path funziona come un'agenda aperta a più persone; lascia forse immaginare che la metafora dell'interfaccia di Timeline potrebbe essere applicata anche alla funzione News Feed di Facebook. È difficile che Path raggiunga l'immensa ampiezza della Weltanschauung e del modello di business di Facebook, ma sembra consapevole del fatto che buona parte di questi dati potrebbe avere solamente un significato di brevissimo periodo.
Queste piattaforme dovrebbero contenere dati effimeri; ma, nonostante ciò, non si può mai prevedere il valore futuro di qualcosa. La BBC, per esempio, a metà degli anni Sessanta, ha cancellato per sempre diverse centinaia di episodi del suo programma Doctor Who perché il nastro magnetico era considerato più prezioso del telefilm stesso. E anche se l'aggiornamento dello status di una persona non si può certo mettere allo stesso livello di un episodio di Doctor Who, potrebbe valere la pena conservare queste informazioni. Immaginiamone, se non altro, le potenzialità all'interno di uno studio contemporaneo sui comportamenti di massa.
La soluzione proposta da Mayer-Schönberger sono
date di scadenza impostate dall'utente, dove ci
soffermiamo a valutare ciò che merita di essere
conservato. Purtroppo, la scadenza implicherebbe la
calibrazione attiva di un sempre crescente numero
di feed, il che vuol dire che potrà essere fatta solo dal
tipo di persone che effettivamente leggono i termini
e le condizioni al momento d'installare una nuova
versione di iTunes.
Potrebbe invece avere più senso rendere un po' meno
immediato l'accesso ai dati effimeri, e così ricordare.
Come possiamo lasciare che tali dati arrugginiscano
un poco, di modo che dimenticare sia facile e
ricordare di nuovo difficile?
Felton e i suoi collaboratori hanno affrontato tutto
ciò per mezzo di una forma di stimolo al ricordo di
tipo stratificato, capace di suggerire memoria a breve
e a lungo termine. Sostiene Felton: "Mi piace pensare
che Timeline riesca a rappresentare la nostra storia
in un modo che rispecchia la memoria personale. La
sezione più recente è composta dai ricordi più freschi,
che sono tutti visibili. Ma, come ci si sposta indietro
nel tempo, gli anni si fanno più brevi e, all'inizio,
risultano visibili solo i contenuti più importanti.
Per gli utenti che prima di registrarsi a Facebook
avevano, per così dire, già completato dei periodi di
vita, Timeline diventa il testimone di ciò che essi o
altri ricordano del loro passato e inizia a formare una
memoria collettiva, mentre i compagni di scuola inseriscono le fotografie della classe alle elementari,
oppure i genitori 'taggano' i figli".
Giorni felici
Ciò che qui si rivela profondamente
ironico è che Facebook, nonostante il suo gusto per
l'effimero—o, almeno, per quanto è fortemente
personale—sembra aver giocato un ruolo centrale
tanto nella Primavera araba quanto in Occupy
Everywhere. Dagli eventi più banali fino a quelli
più importanti del nostro tempo, sulla stessa
piattaforma, usando la stessa interfaccia. Di
nuovo, siamo qui di fronte a un nuovo tipo di sfida
nel design, per una forma genuinamente nuova:
un'interfaccia per una memoria sociale condivisa.
Eppure, pur con la sua tendenza a conservare ogni
evento, senza saperlo Timeline celebra la memoria
senza discriminazione alcuna. Tutto ciò che stiamo
facendo è solamente guardare al passato attraverso
le tonalità solari di Instagram, come se quel
"continuum infinito" fosse fatto solo di matrimoni
felici, lavori appaganti, nascite senza complicazioni,
sorrisi flirtanti, "giorni felici".
Nei suoi ricordi, Joan Didion spinge il lettore a
considerare anche il dolore implicito nei ricordi: "Hai
i tuoi bellissimi ricordi, diceva poi la gente, come se
i ricordi fossero una consolazione. Per definizione
i ricordi riguardano tempi andati, cose passate. I
ricordi sono fatti di divise di Westlake nell'armadio,
fotografie sbiadite e sciupate, inviti al matrimonio
di persone che non sono più sposate, i funerali di
gente il cui volto non ricordi più. I ricordi sono ciò che
non vuoi più ricordare". Ci viene rammentato che
Facebook è una piattaforma per i giovani. Anche se
naturalmente vanta anche utenti più attempati,
nessuno è ancora né cresciuto né invecchiato con
Facebook. Nessuno ancora è soggetto alla sensazione
di dover fare i conti con il peso emotivo della memoria
descritto da Didion attraverso una presentazione
di sé così pubblica e ordinaria. Facebook Timeline è
una vita messa a nudo. Non possiamo sapere come
ci si sentirà a portarsela dietro, mentre corre a fianco
della nostra vita quotidiana come un'ombra dalle
dimensioni sempre più grandi.
Mentre Facebook Timeline rappresenta un
esempio molto brillante di un riadattamento
contemporaneo dell'interaction design, si dimostra
incerto riguardo al valore insito nel dimenticare.
Grazie all'accorta stratificazione e aggregazione
messa a punto da Felton, i ricordi più lontani non
sono immediatamente disponibili, ma Mayer-
Schönberger ci farebbe osservare che, tuttavia,
rimangono e, almeno per lui, questo potrebbe, pian
piano, creare un problema.
La prossima grande sfida del design potrà essere
lavorare con la natura dei media sociali, il loro
essenziale legame con la quotidianità, pur rendendo
possibile tanto ricordare quanto dimenticare, così
da sostenere più costruttivamente il modo in cui
potremmo relazionarci tra noi, e costruire meglio
la rappresentazione della nostra identità. Nicholas
Felton sa che, secondo la sua stessa definizione,
le "molte strade per esprimere se stessi" offerte
da Facebook offrono un'opportunità unica per esplorare un riflesso fatto di ricordi personali ed
esperienze sociali. La sfida potrebbe essere scoprire
la motivazione di Facebook, come impresa, per fare
tutto questo.
Per l'azienda potrebbe, tuttavia, valere la pena
di concentrare alcune delle sue considerevoli risorse
intellettuali sul valore del dimenticare, perché la
generazione automatica di una moltitudine di storie
personali non è necessariamente positiva. Come ha
affermato Hegel, l'unica cosa che impariamo dalla
storia è che dalla storia non impariamo niente. E
ciò non necessariamente perché non riusciamo a
ricordare, ma perché a volte, forse, faremmo meglio
a non farlo. Dan Hill (@cityofsound)
Strategic e interaction designer
[ Leggi l'intervista di Domus a Nicholas Felton ]